Care sorelle e fratelli,
viviamo insieme questa celebrazione nel ricordo del Natale del Signore. Non molti secoli fa un uomo ha detto: “Fino ad oggi abbiamo cercato di capire il mondo, adesso dobbiamo cambiarlo”. Non abbiamo smesso di cercare di capire il mondo, di capire ciò che ci accade, di capire perché succede quel che succede. E sempre di più siamo stati presi da un sentimento che ci porta giorno dopo giorno a cercare di cambiare il mondo e vorremmo renderlo migliore anche se questa impresa ci sembra quasi impossibile. Il mondo diventa migliore per qualcuno e sembra che diventi peggiore per altri e a volte questi altri sono proprio tanti.
Bisogna capire il mondo e anche cambiare il mondo. In questo momento però avverto e mi sembra di raccogliere un’esigenza che mi sembra che ci porti proprio a Betlemme: quella di abbracciare il mondo. Il mondo ha bisogno di essere abbracciato. La vita ha bisogno di essere abbracciata.
Avvertiamo questa esigenza tanto più in questo tempo in cui dobbiamo astenerci dagli abbracci o per lo meno concederceli con grande parsimonia. La vita non ha bisogno soltanto di essere capita e nemmeno soltanto di essere cambiata, ma la vita ha bisogno di essere abbracciata: di essere abbracciata quando è bella e anche quando è brutta. Anzi, quando è brutta, faticosa, piagata, quando è dimenticata e abbandonata, ha ancora più bisogno di essere abbracciata.
Non basta il nostro abbraccio, che pure è così caro: la vita ha bisogno dell’abbraccio di Dio. L’immagine del bambino che nasce a Betlemme è frequentemente un’immagine a braccia aperte, quasi che proprio lui rappresenti l’abbraccio di Dio.
Noi cristiani crediamo proprio questo: che Gesù è l’abbraccio di Dio ad una umanità che si presenta davanti a lui in tutte le sue contraddizioni, nelle sue vette meravigliose e nei suoi abissi più oscuri.
Dio abbraccia questa nostra vita e la abbraccia attraverso la vicenda di suo figlio che nasce per noi, che vive per noi, che muore per noi, che risorge per noi.
La fede è la disponibilità a lasciare che Dio abbracci la nostra vita. La testimonianza che noi cristiani possiamo dare ogni giorno, cominciando dalle nostre famiglie, è che questo abbraccio di Dio iniziato con Gesù continua nella storia attraverso coloro che credono in lui e si sono lasciati abbracciare.
Qualcuno può sorridere, qualcun altro può irrigidirsi, ma ogni smentita non ci paralizza perché l’abbraccio di Dio comprende la luce ma anche il buio, come questa notte, come quella notte.
Il bambino, Maria sua madre, Giuseppe, in quella notte abitata dal canto degli angeli – “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama – ci stanno dicendo: “Non abbiate paura!”. Il male è in agguato e c’è sempre il rischio che ci rovini la vita, ma c’è un rischio più grande, c’è un rischio infinitamente più forte del male ed è il rischio di amare. È il rischio che corre Dio. Noi celebriamo la nascita di Gesù che rappresenta il rischio di Dio e il rischio di Dio è amare. È il rischio a cui è esposto ogni donna e ogni uomo sulla faccia della terra.
Se non corriamo questo rischio, l’oscurità e il male non rimarranno rischio ma diventeranno realtà. Se il male non ci soffoca e non ci schiaccia è perché qualcuno – e forse anche noi – corre ogni giorno il rischio dell’amore. Così come ha rischiato Dio.
Noi stasera ci lasciamo interrogare dallo sguardo di Gesù bambino. Lo sguardo di un bambino è sempre capace di interrogare anche lo sguardo più opaco, più indifferente, più gelido di un adulto. Lasciamoci interrogare sulla nostra fede, su cosa significa per noi credere in Dio e in un Dio che si manifesta in Gesù Cristo.
Il buio ci provoca a vagliare l’affidabilità della luce del Vangelo e della nostra fede in Gesù Cristo.
Qualche settimana fa ho ascoltato il monologo di un comico molto conosciuto che mi ha sorpreso. Ha dedicato un monologo all’anima: c’era da ridere, ma anche da piangere di commozione. E ha finito con una preghiera rivolta a Dio, le cui ultime parole sono state: “Dio ti ringrazio perché mi hai estratto dal nulla”. Nell’essere venuti alla vita c’è qualcosa di più sorprendente e definitivo che nell’essere destinati a morire.
Noi stasera siamo messi nella condizione di meravigliarci di Dio, la sorgente della vita che viene alla vita, alla nostra vita per donarci la sua vita. Ed è aprendo il cuore a questa meraviglia che noi possiamo veramente vivere un buon Natale.
(trascrizione da registrazione)