Ordinazioni Sacerdotali – Cattedrale

25-05-2013
Cari fratelli e sorelle, desidero innanzitutto salutarvi.
 
Saluto il Vescovo Lino, il Vescovo Eugenio (Ausiliare di El Alto, nostro carissimo confratello, sacerdote di Bergamo), il Vescovo Gaetano (Amministratore Apostolico del Vicariato di Pucalpa in Perù); saluto il Vicario Generale, i sacerdoti e i diaconi qui presenti; saluto Padre Ambrogio e attraverso lui tutta la comunità dell’Operazione Mato Grosso. Saluto voi, carissimi papà e mamme, le vostre famiglie e tutti coloro che hanno un legame particolare con questi giovani che stanno per essere ordinati sacerdoti. Insieme al saluto c’è un grande grazie per aver raccolto anche nella vostra famiglia quel dono che ora diventa un dono per tutta la Chiesa. Un saluto particolare voglio rivolgerlo anche alla comunità del Seminario, al suo Rettore, ai superiori, agli insegnanti, ai padri spirituali, a tutti coloro che formano giorno per giorno questa comunità che so che è stata tanto cara anche a questi giovani.
 
Finalmente saluto voi, con tanto affetto. Con voi ho percorso anche io ormai una parte significativa del mio cammino qui in questa Santa Chiesa di Bergamo. Con voi saluto anche il diacono Alessandro che verrà ordinato il 22 giugno nella sua diocesi di Nuoro e che si è unito a voi in questa ultima parte del cammino di formazione.
 
Venite ordinati nell’Anno della Fede. Credo che questo sia un sigillo che accompagna in maniera molto originale la vostra ordinazione, quasi a chiedere di essere per sempre uomini e testimoni di quella fede che in quest’anno vogliamo tutti richiamare in modo particolare alla nostra coscienza. Venite ordinati nell’anno in cui si è celebrato l’anniversario dell’apertura del Concilio e anche questo non dimenticatelo per non dimenticare il Concilio. Vi è poi l’anniversario che celebreremo in un modo particolarmente solenne insieme con il Santo Padre Francesco a Roma il 3 giugno, il 50mo anniversario della morte di Papa Giovanni XXIII.
 
Ancora ad arricchire questo momento già ricchissimo, celebriamo la vostra ordinazione nella domenica della Santissima Trinità. Certo dire che è arricchire con la Santissima Trinità è dire qualcosa che rischia l’assurdo perché è Lei il cuore della nostra fede, la ragione della nostra e della vostra vita: la Santissima Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, rappresentano quel mistero d’amore che è proprio la grande immagine, la grande realtà, la grande sorgente del sacerdozio a cui siete stati chiamati.
 
Questo mistero d’amore lo vorrei esplorare in tre direzioni.
 
La prima direzione scaturisce da quella meraviglia che il testo sapienziale ci ha ispirato ed è culminata nel canto del salmo responsoriale: “O Signore nostro Dio quanto è grande il tuo nome su tutta la terra”. Questo mistero d’amore è un mistero che in voi e in tutti coloro che sono chiamati al sacerdozio si traduce nella consapevolezza esistenziale di vivere per la gloria di Dio, alla maggior gloria di Dio. Che non sia scritto soltanto sui frontali delle nostre chiese, ma sia scritto per sempre nelle vostre coscienze di sacerdoti.
 
È la gloria del creatore e della sua sapienza. Una sapienza inarrivabile, una sapienza meravigliosa, una sapienza che lo scrittore biblico descrive addirittura come giocosa, capace di giocare, spandendo le sue delizie tra gli uomini. Benediciamo il Signore per la scienza e la tecnica di cui l’uomo è capace, ma benediciamo il Signore per quella sapienza che lo fa riconoscere come il creatore dell’universo, creatore dell’uomo, creatore di quella capacità umana che è a sua volta di generare e di creare. Una meraviglia. Vogliamo vivere la nostra vita – tutti, e noi sacerdoti per primi – nella gloria del Creatore e della sua sapienza.
 
Ma che dire della gloria di Cristo Signore? Quella gloria che risplende in un modo inarrivabile nella sua croce. È la gloria dell’amore di Dio che splende nella croce di Cristo.
 
Tutto questo ci fa veramente dire come il Salmo: “Che cos’è l’uomo che te ne ricordi? che tu ne abbia cura di lui?”. Che cosa siamo noi, cari amici, per essere stati chiamati a rendere gloria a Dio sulla strada del sacerdozio? Che cos’è l’uomo? Chi sono io?
 
“Eppure l’hai fatto poco meno di un Dio”. Sì, veramente questa è una meraviglia che ci attraversa tutti e che in un modo tutto particolare contrassegna la vostra vita sacerdotale ed è ricercata da tutti quelli che vi avvicineranno, perché vogliono comprendere e capire che cosa significhi vivere in relazione con Dio, vivere per la maggior gloria di Dio.
 
Non cercate la gloria degli uomini, non cercate la gloria – come dice Gesù – che gli uni e gli altri possiamo darci, ma cercate solo la gloria di Dio e la gloria che viene dal servizio della sua gloria. Cercate la gloria di Dio che è la vita degli uomini, che è la vita per gli uomini.
 
Una seconda direzione entro la quale risplende l’amore di Dio nel vostro sacerdozio mi sembra la possiamo individuare nei grandi eventi che abbiamo vissuto in questi mesi. La rinuncia di Papa Benedetto, il conclave e finalmente l’elezione di Papa Francesco. In questi passaggi è passata ai nostri occhi e agli occhi di molti una consapevolezza emergente: la passione per il bene della Chiesa.
 
Permettetevi di leggervi alcune righe del memorabile ultimo saluto di Papa Benedetto ai Cardinali, proprio il 28 febbraio mattina: “Vorrei lasciarvi un pensiero semplice che mi sta molto a cuore, un pensiero sulla Chiesa, sul suo mistero che costituisce per tutti noi – possiamo dire – la ragione e la passione della vita. La Chiesa non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino, ma è una realtà vivente. Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, e come ogni essere vivente pur trasformandosi eppure nella sua natura rimane sempre lo stesso. Il suo cuore è Cristo”. Della sera di quel giorno molti di noi ricordano l’immagine del Papa che si affaccia al balcone di Castel Gandolfo e dice poche parole semplicissime, ma l’ultima parola prima di dire “buona notte” è questa: “Andiamo avanti insieme con il Signore per il bene della Chiesa e del mondo”.
 
Il bene della Chiesa, carissimi. Io vedo il vostro sacerdozio dentro quel contesto che citavo all’inizio, particolarmente chiamati a servire il bene della Chiesa. Il bene della Chiesa è l’unità: l’unità nella fede e nella carità, della missione di annunciare il Vangelo e di comunicare la salvezza a tutti gli uomini. Questo è il bene della Chiesa. Questo è il bene che noi e voi siamo chiamati a servire perché diventi bene e speranza per tutti gli uomini perché la Chiesa non è fine a se stessa, come ama dire il nostro Papa Francesco “non è autoreferenziale”, ma è un segno addirittura un sacramento dell’amore di Dio e della sua misericordia per tutti gli uomini. Noi vogliamo servire questo bene, il bene della Chiesa per il bene di tutti gli uomini.
 
Non siate preti autoreferenziali, che si costruiscono i loro progetti. Il nostro progetto è il bene della Chiesa, è il servizio al popolo di Dio e la comunione con tutti gli uomini. Ricordava Papa Benedetto, in un passaggio del discorso che ho citato, “una Chiesa che si risvegli negli animi degli uomini”. Io vi dico: fate risvegliare questa Chiesa nelle anime delle persone che incontrate.
 
La terza dimensione nella quale esploriamo questo amore di Dio che si manifesta per voi e in voi è quella dell’amore per ciascuno e per tutti. Dice l’Apostolo: “La speranza non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è dato”. L’ordinazione è come un travaso d’amore di Dio nei vostri cuori perché traboccanti, per opera dello Spirito, si riversi nel cuore di tutti gli uomini che vi saranno affidati.
 
L’umanità del prete, la vostra umanità, è al servizio dell’amore di Dio per tutti, particolarmente per coloro che faticano a riconoscerlo e a crederlo perché provati nella loro esistenza. L’olio dell’amore di Dio arrivi per le vostre mani – che verranno unte da questo santo Crisma – ad ogni persona umana.
 
Ho ricordato all’inizio tanti motivi che arricchiscono la vostra ordinazione, che già di per sé è un fatto ricchissimo. Permettetemi di ricordare in conclusione come questa mattina a Palermo sia stato beatificato un sacerdote martire. Non è il martire della mafia, ma è il martire del Vangelo. È un uomo che ha servito il Vangelo lì dove il Signore lo ha chiamato. È stato disposto anche a sacrificare la propria vita per questo, non si è tirato indietro. È un bel viatico per il vostro sacerdozio.
 
Come un bel viatico è la beatificazione di un sacerdote bergamasco diocesano che è diventato capace di una carità ricchissima: don Luca Passi. In quest’anno insieme a lui, vengono beatificati i bergamaschi Santi Frati Bartolomeo e Tommaso da Olera (che avremo l’onore di beatificare in questa Cattedrale): questo per ricordarvi non solo l’esemplarità di alcuni sacerdoti, ma soprattutto la chiamata alla santità che da oggi in poi siete chiamati a corrispondere vivendo da sacerdoti di Cristo.
(trascrizione da registrazione)