Ordinazioni diaconali – Chiesa Ipogea

31-10-2017
Care sorelle e fratelli,
la celebrazione di questa sera ci riunisce attorno ai Santi, quei Santi che tra qualche istante invocheremo mentre voi compirete un gesto che di solito colpisce molto la comunità, un gesto di consegna totale al Signore nell’abbassamento che porterà a distendervi qui davanti a tutti mentre invocheremo su di voi l’intercessione di tutti i Santi.
 
Con questa ordinazione voi entrate in una dimensione particolare della vita cristiana: per dono di Dio e del sacramento che ricevete voi diventate il segno di quel primo diacono che è Gesù stesso. Il Signore Gesù ha voluto diventare diacono per noi. Lui, il Figlio, si è fatto servo.
 
Noi non comprenderemo mai fino in fondo questa scelta di Dio di manifestarci così il suo amore. Che il Figlio di Dio si metta al servizio di Dio suo padre, lo possiamo concepire, ma che il Figlio di Dio serva il Padre facendosi servitore degli uomini, fino all’ultimo degli uomini, al più indegno, questo non lo riusciremo mai a comprendere fino in fondo. Lo possiamo dire, lo possiamo predicare ad alta voce, ma poi siamo chiamati noi stessi ad entrare in questa prospettiva.
 
Seguire Gesù significa entrare in questa prospettiva: quella che noi chiamiamo la nostra realizzazione, la nostra felicità sta appunto nel metterci al servizio gli uni degli altri, manifestando in questo modo la verità dell’amore.
 
Il sacramento che ricevete vi conferisce il mandato di rendere presente il diacono Gesù nel tempo della Chiesa. Proprio per questo siete chiamati a trasmettere alla Chiesa, a tutti, i segni del servizio di Gesù – particolarmente verso i poveri, i malati, i sofferenti – dando tutto quello che la scienza, la tecnica, i soldi, le risorse, le possibilità da sole non possono dare, perché tutte queste cose necessarie rimarranno sempre insufficienti di fronte a quella attesa di amore che caratterizza ogni persona. Voi siete chiamati a questo servizio che si manifesta nella vicinanza, nella compassione, nella condivisione, nella comprensione, nell’insegnare e nell’introdurre a credere nell’amore di Dio, anche nel momento del dolore.
 
Abbiamo ascoltato le parole della prima lettera di Giovanni che dice “voi vi chiamate figli di Dio e lo siete realmente”. Per il nostro battesimo, cari fratelli, siamo introdotti in questa familiarità con Dio, sempre tutta da scoprire. Quel Dio che a volte pensiamo lontano, quel Dio che a volte pensiamo padrone è il nostro padre e noi siamo realmente suoi figli.
 
Se come figli si entra in questa familiarità con Dio attraverso la porta che è Gesù, nel momento in cui si comprende qualcosa di questa grandezza d’amore, si diventa diaconi, come il diacono Gesù. Diventano servi.
 
Noi penseremmo che un servo possa ad un certo punto essere riscattato e diventare figlio; qui avviene proprio il contrario: un figlio entra nell’amore di Dio, al punto tale da comprendere quello che Dio ha fatto e diventando servo del suo popolo.
 
Così siamo e così dobbiamo essere secondo quello spirito che le Beatitudini ci hanno indicato e lì troviamo il servizio della carità e lo stile della carità.
 
Tra qualche istante nella preghiera di consacrazione sentirete che il servizio della carità si accompagna al servizio dell’altare. Non pensate che i due servizi siano separati: questo servizio d’amore deve attingere continuamente all’altare. Il diacono ordinato sta sull’altare, non sono come coloro che servono all’altare, ma come ministro ordinario che unisce il servizio della carità al servizio dell’altare.
 
Una volta si chiamava “il servizio del calice”. Ancora oggi alla fine della preghiera eucaristica, nel momento in cui il sacerdote intona “per Cristo, con Cristo, in Cristo” ed eleva il pane e il vino, è compito del diacono tenere il calice. È il servizio del calice, è il servizio del sangue, è il servizio di un amore fino al sacrificio supremo.
 
Al servizio della carità e dell’altare, si accompagna il servizio della Parola. Bellissima quella moltitudine rappresentata nella grande visione dell’Apocalisse, che grida “la salvezza appartiene al nostro Dio e all’agnello”. Voi annuncerete il Vangelo e questo dentro di voi deve essere un grido, un grido di gioia e di speranza: “la salvezza appartiene al nostro Dio e all’agnello”. Questo è il Vangelo da annunciare.
 
Voi proclamerete il Vangelo, voi servirete il Vangelo, voi testimonierete il Vangelo con la vostra vita proprio annunciando “la salvezza appartiene al nostro Dio e all’agnello”.
 
Cari fratelli, tra qualche istante come Vescovo circondato da questo grande presbiterio, vi ordinerò diaconi, consegnandovi e affidandovi anche la custodia del servizio, perché tutti siamo chiamati a manifestare l’amore di Dio tra noi e nei confronti di tutti, soprattutto dei più poveri, proprio nel servizio. Quel servizio che in un famiglia una mamma e un papà fanno quotidianamente in un diaconato esistenziale. I diaconi sono chiamati ad essere custodi di questa infinità di gesti d’amore che avvengono nelle famiglie, nelle comunità, nella nostra società che a volte vediamo sotto un occhio soltanto oscuro. Custodi del servizio significa essere riconoscitori del servizio. Dovete essere capaci non solo di svolgere dei servizi, ma di riconoscere il valore del servizio e quindi di incoraggiarlo, di suscitarlo, di alimentarlo.
 
Quattro riflessioni che ora si uniscono nel gesto dell’imposizione della mani e nella preghiera per il dono dello Spirito che invochiamo su di voi. E questo dono vi accompagnerà per sempre.
(trascrizione da registrazione)