13-02-2013
Cari fratelli e sorelle,
vogliamo custodire i nostri sentimenti e le nostre preghiere davanti alle dimissioni che il Santo Padre ha presentato alla Chiesa e al mondo provocando in ciascuno un’onda di riflessioni, di sentimenti e di preghiera che appare nel momento in cui ci si comunica gli uni gli altri, anche profondamente diversificata. Diversi sono i pensieri, diversi sono i sentimenti.
Questa sera, dopo essermi espresso immediatamente dopo l’annuncio, desidero raccogliere questo gesto supremo del Papa come un appello alla conversione. Un appello alla conversione da raccogliere singolarmente, un appello alla conversione da raccogliere come Chiesa, un appello a tornare a Dio. Sì, il Papa anche con questo gesto, assolutamente impensabile, ci sta lanciando un appello supremo a convertirci, a tornare a Dio, a Cristo Signore che guida la sua Chiesa.
L’appello alla conversione accompagna sistematicamente la vita del cristiano e nelle parole sintetiche che gli evangelisti ci consegnano della predicazione di Gesù vi è proprio la parola della conversione: il regno è vicino, il tempo è compiuto, convertitevi e credete al Vangelo.
È anche un appello che risuona in passaggi esistenziali a volte molto particolari. Noi stasera siamo riuniti a testimoniare questo fatto: la comunità cristiana offre a se stessa dei tempi in cui disporsi a raccogliere con maggior attenzione e disponibilità l’appello alla conversione. Non solo accogliere l’appello alla conversione, ma la comunità si dispone a corrispondere con maggiore determinazione a questo appello. Non è solo qualche cosa che interpella la coscienza personale, ma è la Chiesa stessa che avverte questo appello e insieme si dispone a corrisponderlo, a convertirsi.
È questa la ragione dei segni che si accompagnano all’appello alla conversione: dall’imposizione delle ceneri, al digiuno, l’elemosina, la preghiera. Questi segni più che appartenere al mondo dell’ascetica, appartengono al mondo della comunicazione. Più che austerità (dobbiamo riconoscere che alla fine non ci costeranno più di tanto), questi segni vogliono risvegliare un’attenzione e una consapevolezza attorno alle cose necessarie, a quelle cose fondamentali che diventano premesse decisive. Quanto in questi mesi parliamo di lavoro, parliamo di difficoltà economiche, parliamo di famiglia, parliamo di sicurezza, ebbene cari fratelli e sorelle, la conversione ha a che fare con tutto questo: rappresenta la condizione decisiva. La conversione a Cristo e al suo Vangelo rappresenta veramente un rinnovamento a partire dal quale poi avverranno ricadute anche sulla nostra vita quotidiana, sulla vita delle nostre famiglie, sulla storia dei nostri paesi.
Gesù nel Vangelo e i profeti prima di lui denunciano l’esteriorità inutile anzi ipocrita di questi segni se non introducono a qualcosa di più profondo, di più pervasivo, di più radicale, qualcosa che ci coinvolga il cuore. Abbiamo sentito: ritornate a me con tutto il cuore, laceratevi il cuore e non le vesti. Crea in me un cuore puro, abbiamo pregato nel salmo. E l’Apostolo: lasciatevi riconciliare con Dio, non accogliete invano la grazia di Dio.
Segni sono le ceneri, ma segni sono anche digiuno, elemosina e preghiera nel senso che ci conducono a qualcosa di più profondo e di più decisivo: l’adesione a Cristo e al suo Vangelo, un’adesione che pervada ogni momento della nostra vita, ogni pensiero della nostra testa, ogni sentimento del nostro cuore.
Questo movimento di conversione prende avvio da una consapevolezza: la consapevolezza di una distanza e di un allontanamento dal Vangelo, la consapevolezza del peccato, la consapevolezza di un travisamento e di uno stravolgimento del Vangelo che operiamo a volte addirittura senza accorgerci o accampando mille giustificazioni, adattando il Vangelo a nostra misura.
Avvertiamo questa distanza, ma avvertiamo anche che la consapevolezza della necessità di convertirci a volte è suscitata dal fallimento. Qualche volta il fallimento drammatico di una vita, qualche volta dei fallimenti più provvisori. È il fallimento del figliol prodigo che parte e alla fine si trova a mangiare le ghiande dei porci.
La consapevolezza che alimenta il movimento di conversione a volte è suscitata da un rimprovero che ci può anche ferire, ma che se accolto nella sua verità ci mette in movimento, in conversione.
Qualche volta la consapevolezza è mossa dal rimorso, dall’inquietudine, oppure da un incontro o da un evento (come come quello che appunto stiamo vivendo in questi giorni).
La consapevolezza della necessità di convertirci nasce in maniera evangelica, in maniera biblica da una parola. È la Parola di Dio, è la Parola di Gesù che ascoltata ci mette in movimento, ci provoca alla conversione.
Cari fratelli e sorelle, questo inizio di Quaresima. Non possiamo essere cristiani secondo il Vangelo se non ci disponiamo ogni giorno, ogni domenica, ad un ascolto della parola ma veramente attento, appassionato, di una parola che non può scivolar via dalle nostre vite. Come faremo ad essere credenti senza questa Parola? Che conversione sarà la nostra se non a volte uno sforzo che poi si scioglie con il tempo? La Parola è decisiva per la conversione e quindi l’ascolto. L’ascolto credente. Quell’ascolto che inevitabilmente ci porterà a crescere nell’amore.
Ascoltare, credere, amare. È proprio il messaggio che il Papa ci ha lasciato per questa Quaresima: non un amore senza fede, non una fede senza amore.
Ascoltiamo la vita, ascoltiamo la Parola, ascoltiamo l’appello a convertirci, allora anche i segni diventeranno significativi. Ascoltiamo, crediamo e da questo ne scaturirà una forza nuova di amore secondo il Vangelo.
(trascrizione da registrazione)