Iscrizione dei Catecumeni – Cattedrale

17-02-2018
Care sorelle e fratelli, cari catecumeni,
 
abbiamo sentito il Signore riconsegnarci la sua amicizia. Noi possiamo dire di avere Dio come amico. Nella lettura che abbiamo ascoltato per prima, la grande storia del diluvio universale, ci sono state consegnate queste parole: Dio offre agli uomini e alle donne di tutti i tempi e di tutto il mondo la sua alleanza. Il bellissimo segno che vuole manifestare questa intenzione di Dio è l’arcobaleno. L’arco è un’arma di guerra, diventerà un segno di pace: il segno dell’amicizia di Dio con gli uomini.
 
Questa amicizia viene sancita definitivamente nella persona, nella vita e soprattutto nella morte di Gesù. Noi a volte siamo tentati di dubitare dell’amicizia di Dio, di dubitare che quell’arco sia stato deposto e che veramente anche per noi ci sia un arco di pace. Possiamo ritrovare l’interiore certezza che Dio ci è amico guardando Gesù, credendo in lui.
 
Voi, cari catecumeni, avete imparato a conoscere – e noi non abbiamo ancora finito di scoprire – che tutta la vita di Gesù è l’espressione di questa amicizia di Dio. Se io mi guardo in giro qualche volta posso dubitare, ma se io guardo Gesù sono certo di questa amicizia. Le sue parole, i suoi gesti, tutta la sua esistenza, la sua morte sono segni indubitabili dell’amicizia di Dio. Se Dio si è manifestato in Gesù, allora noi possiamo credere nell’amicizia di Dio.
 
Tutta l’esistenza di Gesù è la rivelazione di Dio come amico, ma soprattutto lo è la sua morte. Gesù ha detto queste parole: “Non c’è amore più grande di quello di chi dà la sua vita per coloro che ama”. Per Gesù è avvenuto proprio così.
 
Dobbiamo ammettere con sorpresa, meraviglia, ammirazione che non è solo Gesù che fa così, ma abbiamo raccolto storie di persone che hanno sacrificato la loro vita per il bene dei propri figli, dei propri amici, delle persone che erano a loro affidate.
 
Che cosa noi riconosciamo in Gesù? Che questo dono della vita di Gesù, comunica vita a noi: riscatta la nostra vita da quel potere che sembra distruggere ogni buona intenzione, ogni bella parola, che è il potere della morte.
 
La morte esercita il suo potere non soltanto alla fine della vita. La nostra vita come quella di ogni essere vivente ha una sua fine. Tutto l’universo ha una fine. La morte di Gesù, il Figlio di Dio, la manifestazione dell’amore di Dio, vince il potere della morte. Quel potere che a volte si dispiega, imprevista, nella malattia di una persona che ci è cara, a volte giovane. Sembra che l’ombra della morte si allunghi sui nostri affetti. Pensiamo anche alla dimensione della povertà di un’infinità di uomini, dove sembra che il potere della morte, a volte alimentato dall’ingiustizia perpetrata da altri uomini, allunghi la sua ombra.
 
Qualcuno potrebbe obiettare: “Belle parole, certo! Ma il vero potere resta quello della morte!”. Noi cerchiamo di lottare e abbiamo progredito in tanti campi, tanto da farci sembrare che il potere della morte arretrasse. Alla fine si rivela sempre come quello definitivo.
 
Un solo uomo, Gesù, colui che ci rivela l’amore di Dio perché è il suo unico figlio, ha vinto questo potere, perché l’amore di Dio nella persona di Gesù, nella sua umanità, si è rivelato più forte della morte. Non come se fosse una bella favola! Gesù attraversa la morte, anzi proprio la morte più infame, perché ogni uomo – anche quello ritenuto più infame – fosse riscattato dalla sua morte.
 
Ecco il Battesimo è questo. Il nostro Battesimo, cari fratelli e sorelle – che in questo periodo vogliamo ricordare in modo particolare e che questi fratelli catecumeni ci stanno ricordando – ci immerge nella morte-amore di Gesù e allora possiamo rinascere ad una vita nuova come lui è risorto. Vita nuova vuol dire che non è più soggetta al potere della morte. Noi sperimenteremo ancora la malattia, la povertà, qualche volta il fallimento, l’abbandono, il peccato, ma questo non sarà il potere decisivo, quello che ci condanna a morte.
 
È stato tentato Gesù – e figuriamoci noi – di credere che alla fine il potere della morte sia quello più grande. Qualche volta la nostra fede si riduce a una specie di speranza fatalistica: speriamo che ci sia qualcosa di diverso.
 
Ci sono due esperienze molto simili, ma anche molto diverse. Una è quando vado a fondo, affondo e muoio. L’altra è quando io mi immergo. Noi siamo immersi dalla Chiesa nella morte e risurrezione di Gesù e allora possiamo rinascere ad una vita nuova che non è più sotto il potere della morte. Cari fratelli e sorelle, la conversione battesimale che ci è chiesta è proprio quella che ci immerge in questa fede.
(trascrizione da registrazione)