Giubileo degli operatori pastorali – Cattedrale

23-09-2016
Care sorelle e fratelli,
questo nostro breve ma intenso pellegrinaggio ci porta nella Chiesa Cattedrale dove è una gioia vederci riuniti come donne e uomini capaci di Vangelo, di Eucaristia, di Carità. Tutti noi siamo capaci di questo. Mi piace sottolineare l’aspetto di una capacità accogliente, ancor più di una capacità competente: una capacità di accogliere il dono del Vangelo, il dono del Pane dei Dio, il dono del suo amore.
 
A volte siamo stanchi e sfiduciati proprio come i discepoli di Emmaus. Non ci sono soluzioni facili a questa stanchezza e a questa sfiducia, ma certamente c’è una vita: è quella di aprire il nostro cuore per ritrovare la bellezza del Vangelo, il gusto del pane di Dio e la meraviglia del suo amore. 
 
Così diventiamo capaci di misericordia. Potremo essere donne e uomini capaci di misericordia, capaci di esercitare misericordia, nella misura in cui abbiamo sperimentato la misericordia di Dio e ci esponiamo ad essa. 
 
Ci sono mille ragioni per non essere misericordiosi, ma c’è ne è una per esserlo che supera tutte le altre: quel Dio che c’è rivelato in Gesù, lui è misericordioso. La testimonianza indiscutibile della sua misericordia è la vicenda stessa di Gesù. 
 
Essere donne e uomini capaci di misericordia significa essere donne e uomini che non hanno paura di incrociare lo sguardo degli altri uomini e delle altre donne. Non uno sguardo di ghiaccio, non uno sguardo che aggredisce, ma lo sguardo che ci permette di farci riconoscere e all’altro di riconoscere. Per incrociare i volti non serve una quantità di parole, serve testimoniare la misericordia: è aprire lo sguardo in maniera che altri possano trovare uno sguardo accogliente e noi stessi possiamo trovare uno sguardo accogliente negli uomini e nelle donne che a volte ci sembrano i più restii, i più indifferenti, i più chiusi.
 
Capaci di misericordia vuol dire che siccome sappiamo cos’è la misericordia di Dio ne diventiamo testimoni. Possiamo dare esempi molto limitati di misericordia, ma nella limitatezza dei nostri esempi possiamo lasciare trasparire qualcosa di infinitamente più grande che è la misericordia di Dio. Il mio gesto o il mio sguardo è molto piccolo, molto modesto ma le persone devono avvertire che dentro quella modestia c’è qualcosa di infinitamente più grande che è la misericordia stessa di Dio. Non siamo testimoni di noi stessi, siamo i testimoni della misericordia del Signore.
 
Questa capacità di misericordia si manifesta allora anche in un servizio gratuito. Non significa semplicemente che non si fa pagare. Gratuito vuol dire che supera ogni calcolo, che supera ogni previsione, che supera ogni necessità. Fatto veramente a partire da quella gioia del cuore che scaturisce dall’aver accolto il dono di Dio e quindi si diventa capaci di comunicarlo agli altri.
 
Abbiamo camminato insieme. La lettera circolare di quest’anno è intitolata proprio così: camminare insieme. Occorre anche sederci ogni tanto. Riposare. Poi riprendere il cammino. A volte le tentazioni ci espongono alla pigrizia, alla rassegnazione, a volte alla rinuncia. Se ne vanno i discepoli di Emmaus: è un cammino un po’ trascinato. La vicinanza del pellegrino misterioso ridà energia al loro passo. Anche noi che abbiamo riconosciuto il Signore vogliamo ridare energia al nostro passo per camminare in modo rinnovato.
 
Camminare, ma insieme. Proprio oggi la lettura nel Breviario che Sant’Agostino ci sta facendo fare su noi pastori ci sta dicendo che siamo tutti diversi noi pastori, ma dobbiamo rimanere uniti perché Gesù è uno solo. Uno è Gesù, tanti sono i pastori. Se i pastori sono divisi, non ci si accorge più della presenza di Gesù, ma se i pastori sono uniti allora si vede il volto di Gesù pastore perché Gesù è uno. Mentre leggevo questo pensavo a stasera e mi dicevo: anche noi possiamo testimoniare Gesù se camminiamo insieme, nelle nostre diversità, con i nostri doni e i nostri difetti, ma insieme senza tradirci, senza dimenticarci, senza lasciare indietro nessuno. 
 
Camminare insieme nella gioia del Vangelo. La gioia nasce nel momento in cui percepisci che la tua vita non è abbandonata, che il dono di Dio non consiste in una cosa ma in una presenza. 
 
A volte la nostra vita – e così attorno a noi la vita di tanti fratelli e sorelle – è esposta ad una desolazione radicale e parlare di gioia rischia di diventare un insulto. Ma c’è una gioia che riesce ad abitare anche la desolazione: è quella che scaturisce dall’incontro con colui che è la sorgente della gioia. Allora sei affaticato, rattristato, addolorato, desolato, ma riconosci che il dono di Dio è più grande della tua desolazione. Non cancella la desolazione, ma la abita. La gioia del Vangelo è capace di abitare anche la nostra desolazione più grande. Non ci metteremo a saltare, non potremo cantare in quel momento inni di gioia, ma nel profondo del nostro cuore la gioia che viene dalla relazione con il Signore manifesterà la sua inesauribile freschezza.
 
Camminiamo insieme nella gioia del Vangelo. Questo significa cari fratelli e sorelle, che la missione oggi è proprio questa: raggiungere il cuore di ogni persona portando la gioia del Vangelo. Non vogliamo – lo ripeto ancora – occupare, prevaricare, violentare il cuore di alcuno. Vogliamo trovare i percorsi, i sentieri a volte molto stretti, le strade che a volte si inerpicano lungo i fianchi delle valli dell’oscurità della fatica e della sofferenza delle persone. Percorrendo queste strade con discrezione e con amore noi possiamo arrivare al cuore di chi il Signore ci affida per consegnare il seme della gioia del Vangelo. 
 
Questa è la missione che ci attende. Faremo cambiamenti, condivideremo insieme prospettive, ma che nel nostro cuore non venga meno la grande ispirazione che scaturisce dal dono di Dio.
(trascrizione da registrazione)