Giovedì Santo – Messa Crismale – Cattedrale

29-03-2018
Cari fratelli e sorelle,
 
a voi che in questa mattina del giovedì santo vi siete riuniti in questa nostra Cattedrale giunga il mio saluto e il mio benvenuto riconoscente, insieme al desidero che possiate farvi corona spirituale, corona di preghiera, a tutti i sacerdoti che ancora numerosi oggi in occasione della Messa Crismale si ritrovano qui benedicendo il Signore che ha dato alla Chiesa con il dono dell’Eucaristia, il dono del sacerdozio ministeriale; si ritrovano qui benedicendo il Signore per questo dono che hanno ricevuto, disponendosi a chiedere la grazia di rinnovarlo.
 
Insieme con noi, cari fratelli sacerdoti, ci sono i Vescovi che saluto affettuosamente, soprattutto mons. Gaetano Bonicelli che celebra il 70mo di ordinazione sacerdote e mons. Carlo Mazza il 50mo. E saluto i diaconi che verranno ordinati prossimamente con la gioia della nostra diocesi e i diaconi permanenti.
 
In questa circostanza mentre ci riuniamo fraternamente e spiritualmente, vogliamo ringraziare il Signore per la vita e il servizio dei nostri confratelli che celebrano anniversari giubilari. A loro va il mio grazie affettuoso e sentito, cominciando dai più anziani come don Barcella, don Morali, don Rizzi che celebrano 70 anni di sacerdozio insieme con il vescovo Gaetano.
 
In questo ricordo di anniversari, permettete di ricordare i vescovi Giulio Oggioni e Clemente Gaddi che in questo anno raggiungono il 25mo anniversario della loro morte. Uniti a loro non possiamo dimenticare il caro mons. Roberto Amadei e con profondo affetto ricordiamo – come lo abbiamo fatto pochi giorni fa – mons. Lino Belotti: ci è caro, è stato caro a tutti voi e vogliamo rinnovare i nostri sentimenti in questa circostanza.
 
Mentre saluto tutti voi così numerosi, penso – ringraziando il Signore – che il nostro presbiterio è formato ancora da 755 preti. Certo diminuiamo e invecchiamo, ma non dimentichiamo questo numero che non vuol dire potenza umana ma disponibilità ancora ad un servizio alla comunità cristiana, di cui io personalmente sono immensamente grato al Signore e a voi. Continueremo, anzi intensificheremo la nostra preghiera per le vocazioni sacerdotali, senza dimenticare mai la ricchezza che il Signore ha effuso sulla nostra diocesi. Con voi ricordo tutti i presbiteri religiosi.
 
Nella nostra preghiera non dimenticheremo i sacerdoti anziani e infermi, che con il cuore sono presenti. Lo avrebbero tanto desiderato, ma le loro condizioni lo impediscono.
 
Prego anche per i sacerdoti – e alcuni sono tra noi – che si sentono particolarmente affaticati, soli, svuotati e forse anche un po’ arrabbiati. Prego in questa giornata così significativa per noi, perché tutti possiate ritrovare quella pace che è dono del Risorto, che noi annunceremo a tutti i cristiani nella Pasqua. La forza del nostro annuncio sarà più consistente nella misura in cui il dono della pace abita il cuore di ciascuno.
 
Penso ai nostri confratelli, sacerdoti e vescovi, che esercitano la loro missione oltre i confini della nostra diocesi. Vi debbo dire che alimentano un diffuso apprezzamento che io spesso ho modo di riscontrare nei confronti della nostra Chiesa e del nostro presbiterio. Li ricordiamo tutti con affetto.
 
Non dimentichiamo i preti che hanno sospeso il loro ministero, anche quest’anno. Rimangono nostri fratelli e in questa circostanza particolare noi vogliamo far loro avvertire il nostro affetto e la nostra preghiera.
 
Consacreremo il Crisma e benediremo gli Olii. È un segno che si accompagna all’esercizio del nostro ministero ed è destinato alla bellezza e alla vitalità dell’esperienza cristiana di ogni battezzato.
 
Ho iniziato salutando i laici, donne e uomini, e le persone consacrate che con grande affetto si uniscono alla nostra preghiera, ora – attraverso i ragazzi che sono presenti – desidero salutare tutti i cresimandi che nelle prossime settimane riceveranno il dono dello Spirito Santo. A quelli che non sono presenti vi prego di portare questo saluto e questa preghiera.
 
Non vi sembri tempo perso quello dedicato a questi ricordi e sicuramente ne ho dimenticati altri. Vuole essere un motivo che alimenta ulteriormente la nostra preghiera e il nostro canto che con grande intensità hanno aperto la nostra celebrazione.
 
Una celebrazione che vive in un orizzonte pasquale. Nelle vostre comunità nelle prossime ore celebrerete la Messa “in coena Domini”, aprendo lo spazio di tempo del Triduo Pasquale, così “misterioso”, nel senso di capace continuamente di suscitare domande e mi auguro anche meraviglia e fede.
 
Se questa Messa Crismale non è estranea a questo orizzonte pasquale, non ne è estraneo neanche il nostro ministero.
 
In questo stesso orizzonte pasquale si iscrive anche la celebrazione del prossimo Sinodo dei Vescovi con l’attenzione alle nuove generazioni. Un’attenzione che non è solo del Papa, non è solo dei vescovi, è un’attenzione che come autentici padri e fratelli ciascuno di voi coltiva ogni giorno. Non lo facciamo per desiderio di possesso, perché li vogliamo fare nostri, perché desideriamo garantire un futuro alla Chiesa. Noi vogliamo manifestare ai giovani quell’amore di Cristo che è stato capace di toccare il cuore di molti dei suoi contemporanei e farli suoi discepoli e suoi apostoli. Noi vogliamo considerare con amore le giovani generazioni perché riteniamo che per loro ci sia un dono speciale che è già in loro e può aprire quel futuro che a volte stentano a vedere in termini ampi e ricchi di respiro. Il Signore Gesù è per loro.
 
Noi non vogliamo soltanto dirlo, ma testimoniarlo, pregando innanzitutto per loro, disposti anche a qualche loro indifferenza e incomprensione, ma senza stancarci di vedere attraverso le giovani generazioni la possibilità che il Vangelo continuamente si trasmetta e si rinnovi in loro.
 
In questo orizzonte pasquale si iscrive quell’esperienza che tutti noi abbiamo vissuto e ci è profondamente cara: l’esperienza del seminario. Vorrei che in questo momento la riportassimo alla nostra memoria e al nostro cuore. Vogliamo ringraziare il Signore per ciò che ha rappresentato il Seminario, per quelle persone che hanno costituito e costituiscono quella comunità speciale. Tutti quanti siamo consapevoli di una fase di passaggio che non è soltanto determinata dai numeri delle persone che oggi stanno percorrendo gli itinerari formativi. Evidentemente il Seminario partecipa del cambiamento che investe la storia, il mondo e la Chiesa.
 
Mi è sembrato molto bello che ci fosse questo ampio momento di condivisione con tutti voi attorno al Seminario minore e al Seminario nel suo complesso. In questo tempo e nei prossimi anni rappresenterà uno dei motivi di qualificazione pastorale della nostra vita ecclesiale e quindi io consegno a voi in questa circostanza così solenne e così particolare questa esperienza che è nel nostro cuore e che desideriamo sia nel cuore ancora di altri, ci auguriamo molti, che accolgano la vocazione al sacerdozio.
 
In questo orizzonte pasquale si iscrivono certamente le prossime fraternità presbiterali che pian piano stiamo esplorando, che a molti non appaiono poi questa novità stravolgente rispetto agli attuali consigli presbiterali vicariali. Da un verso manterranno quella continuità cha appartiene alla vita di una famiglia e di una Chiesa, ma nello stesso tempo però desidero e vi chiedo di avvertire quegli elementi di novità che vorrebbero connotarle, soprattutto nel segno di una condivisione fraterna del ministero sempre più riconosciuta. Questo significa anche dedicare alla fraternità una parte del nostro tempo, rinunciando ad altro.
 
In questo orizzonte pasquale, infine, vorrei inserire il tema della prossima mia lettera pastorale, che partendo da “una comunità in ascolto delle giovani generazioni” intende mettere all’attenzione dell’intera comunità cristiana la dimensione della vocazione. Certamente la vocazione al sacerdozio, ma desidererei che tutti quanti – quindi tutti i battezzati, i consacrati, le persone in qualsiasi condizione della loro vita – percepiscano che cosa significhi questa parola che per molti ormai è insignificante e completamente scomparsa dal raggio visivo esistenziale. Sarà un’impresa non da poco e non sarà solo una questione di linguaggio, ma è un’impresa decisiva in questo momento della vita della Chiesa.
 
Ritengo perciò importante richiamare alla nostra riflessione oggi la dimensione vocazionale della nostra vita, attraverso tre suoi aspetti: la memoria della nostra chiamata, la custodia del dialogo intimo con il Signore, la gioia della proposta.
 
Innanzitutto dobbiamo richiamare la nostra chiamata. Che cosa significa e che cosa è significata per ciascuno di noi la chiamata del Signore a seguirlo e ad amarlo nella forma del sacerdozio? Tra poco rinnoveremo le promesse sacerdotali e desidererei tanto che lo facessimo facendo memoria di quella chiamata. Con il passare degli anni le persone anziane – come me e più di me – sempre più avvertono lucidamente quei momenti (non è uno unico) e quelle vie attraverso le quali il Signore ci ha fatto giungere la sua parola personale; quei momenti in cui abbiamo avvertito con interiore certezza che questa era ed è la nostra vita; quei momenti in cui abbiamo percepito che in quella chiamata e nella risposta a quella chiamata stava la nostra gioia.
 
Le nostre esistenze sono inevitabilmente contraddittorie e – bisogna dirlo con dolore – segnate dal peccato. In questo momento vorrei riconsegnarvi in qualche modo l’augurio di poter riportare alla vostra memoria la bellezza di questa chiamata sorgiva, la certezza di questa chiamata sorgiva, la gioia di questa chiamata sorgiva e della nostra risposta.
 
Poi passano gli anni. Tanti di noi, ringraziando il Signore, sono giovani ancora. Altri sono nel pieno della maturità della loro esistenza e quindi possono fare i conti con quelle contraddizioni e quelle pesantezze che ricordavo, ma anche con tante esperienze reali di che cosa ha significato seguire Gesù nella via del sacerdozio. Nonostante il dipanarsi degli anni il dono di Dio lo custodiremo sempre.
 
Se lo abbiamo fatto ma vogliamo farlo di più, è necessario mantenere un dialogo personale con il Signore. La fedeltà al nostro ministero e la fedeltà alla preghiera della Chiesa sono assolutamente indispensabili, ma è il dialogo personale con lui ciò che è veramente necessario per tornare a quel “roveto ardente”, per usare un’immagine che spesso viene usata per esprimere la relazione viva con il Signore.
 
Cari fratelli, a chi lo ha interpretato in questi anni, a chi solo si è affacciato, a chi forse non ci ha nemmeno mai pensato, io consegno questa esigenza. Custodire il dono di Dio non significa semplicemente una prudenza umana, pur necessaria, rispetto a tante esperienze che facciamo, ma significa ravvivarlo continuamente nell’esperienza del ministero ma soprattutto prima e profondamente in un dialogo intimo nel quale qualche volta balbettiamo, qualche altra volta assolutamente taciamo, ma al quale non vogliamo rinunciare. È lì che avviene la vera “personalizzazione”, non nel senso deformato che può condurre a forme di individualismo del tutto discutibili, ma come frutto di una relazione col Signore intima e unica da cui ne nascerà uno stile di relazione con la comunità e con i confratelli. Certamente hanno dimensioni umane inevitabili, importanti, necessarie, ma nel profondo sono animate da questa fondamentale e decisiva relazione intima.
 
Entrare in questa dimensione vocazionale nella Messa Crismale significa ritrovare la gioia della proposta di questa vocazione. La proposta è un segno della nostra vita sacerdotale. Non è un’attività, non è una dimensione della pastorale. Faremo anche questo. Innanzitutto è il nostro ministero stesso la prima proposta vocazionale. Nel momento della giovinezza, piuttosto che nella maturità, ma anche nell’età anziana la proposta diventa un modo per custodire e ravvivare il dono di Dio. È quella proposta che diventa parola, quella proposta che passa dal nostro volto e dai nostri gesti.
 
Cari fratelli, ora rinnoveremo le nostre promesse, benediremo gli olii, condivideremo il pane santo e berremo all’unico calice, ci scambieremo l’abbraccio di pace. Vorrei lasciarvi allora con la parola del salmo responsoriale, incastonato tra le tante ricche parole che abbiamo ascoltato: “Ho trovato Davide mio servo, con il mio santo olio l’ho consacrato, la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza”.
(trascrizione da registrazione)