24-03-2016
Carissimi tutti,
i sentimenti della gioia e della commozione sono quelli che provo in questi momenti e che desidero condividere con tutti voi. Sentimenti che mi portano a guardare i vostri volti, a riconoscerli, a dire un grazie particolare al Signore per tutti e per ciascuno di voi, cari sacerdoti.
Un grazie con il quale voglio abbracciare i Vescovi, i diaconi, i religiosi e le religiose che sono insieme con noi.
Un ricordo deferente e carico di affetto al Cardinale Capovilla, ricordando in modo particolare questo suo anno centenario.
Un grazie e un saluto che raggiunge tutto il nostro presbiterio.
Permettetemi di ricordare con particolare affetto Mons. Lino Belotti, già nostro Vescovo Ausiliare, che fino all’anno scorso era qui con noi e ora è ricoverato insieme a tanti altri nostri sacerdoti anziani. Che a lui arrivi il mio e vostro augurio affettuoso.
Un augurio che raggiunge tutti quelli che sono stati ricordati nel loro anniversario giubilare (permettete un ricordo particolare per Mons. Foresti, che è stato mio Vescovo, per i suoi 70 anni di ordinazione presbiterale).
Un augurio a tutta la comunità del Seminario, che si accompagna ad un invito particolarmente intenso alla preghiera perché il Signore ci conceda vocazioni abbondanti al sacerdozio.
Desidero che questi saluti iniziali raggiungano tutti i sacerdoti fidei donum in missione nei diversi paesi del mondo (recentemente ne ho visitati alcuni a Cuba) e i presbiteri al servizio delle missioni italiane in Europa (recentemente ho commemorato la figura del Beato don Sandro Dordi con i sacerdoti in Svizzera), infine i presbiteri in servizio presso la Santa Sede, la Conferenza episcopale e altre diocesi italiane.
Vogliamo ricordare tutti con affetto i sacerdoti anziani, quelli malati e i sacerdoti che si trovano in una condizione di prova a volte molto dolorosa.
E desidero che nella nostra preghiera non dimentichiamo coloro che non esercitano più il ministero sacerdotale.
Ci sono tra noi alcuni ragazzi e ragazze che riceveranno quest’anno il sacramento della Cresima e che rappresentano la moltitudine di ragazzi che riceveranno questo dono: vi saluto con affetto e tutti preghiamo per voi, perché il dono dello Spirito Santo vi introduca alla bellezza di essere cristiani.
In questa celebrazione gioiosa permettete anche di manifestare il nostro cordoglio e la nostra preghiera per tutte le vittime degli attentati di Bruxelles.
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Ricchissima è questa celebrazione a partire dall’Eucaristia che stiamo concelebrando insieme: non è certamente questione di quantità ma non possiamo dimenticare che è l’Eucaristia concelebrata con il più alto numero di sacerdoti nel corso dell’anno nella nostra diocesi.
Una celebrazione arricchita dalla rinnovazione delle nostre promesse sacerdotali e dalla benedizione degli olii santi.
Una celebrazione che si iscrive nell’anno santo della misericordia che è un orizzonte che tutti apprezziamo profondamente. In questo orizzonte vorrei collocare l’immagine di una quarta ampolla d’olio che si aggiunge alle tre che tra poco presenteremo. È un olio spirituale, altrettanto necessario: è l’ampolla dell’olio della misericordia.
Un’antica leggenda giudaica tratta dal libro apocrifo “La vita di Adamo ed Eva“ racconta che Adamo, nella sua ultima malattia, avrebbe mandato il figlio Set insieme con Eva nella regione del Paradiso a prendere l’olio della misericordia, per essere unto con questo e così guarito. Dopo tutto il pregare e il piangere dei due in cerca dell’albero della vita, appare l’Arcangelo Michele per dire loro che non avrebbero ottenuto l’olio dell’albero della misericordia e che Adamo sarebbe dovuto morire. Più tardi, lettori cristiani hanno aggiunto a questa comunicazione dell’Arcangelo una parola di consolazione. L’Arcangelo avrebbe detto che dopo 5.500 anni sarebbe venuto l’amorevole Re Cristo, il Figlio di Dio, e avrebbe unto con l’olio della sua misericordia tutti coloro che avrebbero creduto in Lui. “L’olio della misericordia di eternità in eternità sarà dato a quanti dovranno rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo. Allora il Figlio di Dio ricco d’amore, Cristo, discenderà nelle profondità della terra e condurrà tuo padre Adamo nel Paradiso, presso l’albero della misericordia”.
Cari fratelli sacerdoti, l’ampolla dell’olio della misericordia ci ricorda che noi siamo stati risanati da quest’olio e a partire da questo dono diventiamo misteriosamente e meravigliosamente produttori e distributori dell’olio della misericordia.
Sono andato a cercare come si chiamano i produttori di olio e ho scoperto che hanno un nome strano: “frantoiani”, appunto dal frangere le olive nel frantoio. Anche noi sacerdoti sentiamoci così “frantoiani”: è una cosa che vi invito a considerare con stupore. È certo opera dello Spirito Santo, ma si compie nel nostro ministero, attraverso le nostre persone. È qualcosa di meraviglioso che oggi vogliamo ricordare a noi stessi e ricordare insieme: per grazia noi diventiamo produttori e distributori dell’olio della misericordia.
Mentre riflettevo su questo, pensavo a come certamente pane, vino e acqua sono elementi che appaiono immediatamente leggibili da parte di tutta la comunità, ma non dimentichiamo che “la maggioranza” dei sacramenti viene celebrata e comunicata nella sua grazia attraverso il segno dell’olio.
Questa gioia che ha il sapore della novità, che ribadiremo tra qualche istante rinnovando le nostre promesse sacerdotali, si intreccia però con un sofferto disincanto.
Dico questo a partire proprio dalla parola del Vangelo che abbiamo ascoltato: la visita di Gesù a Nazareth che è proprio segnata intreccio: gioia, stupore, meraviglia, speranza e nello stesso tempo disincanto, delusione, rifiuto. Sono tutti aspetti che connotano la nostra vita. L’hanno sempre connotata ma oggi ci sembra di avvertire questo intreccio in maniera più consistente: a volte ci lascia sorpresi e qualche volta forse anche un po’ smarriti.
C’è questa tensione che noi avvertiamo: da una parte un riconoscimento ancora diffuso, che spesso assume le caratteristiche del riconoscimento sociale, tradizionale e qualche volta anche strumentale nei nostri confronti. Dobbiamo pur riconoscere e ammettere che questo riconoscimento che accompagna le nostre persone e il nostro servizio è anche certamente di indole relazionale: siamo attesi da molte persone, molti possono ricevere l’olio della misericordia proprio attraverso la nostra attitudine all’incontro. Ci viene riconosciuta ancora una autorevolezza morale e spirituale, nonostante le ombre che a volte sembrano allungarsi anche su di noi.
Questo riconoscimento, con chiari e scuri, si accompagna – dobbiamo ammetterlo – al sospetto, all’indifferenza, all’irrisione nei nostri confronti, ma quello che ci addolora è che questi sentimenti si manifestano nei confronti di ciò e di colui che è più caro alla nostra vita, che è la ragione stessa della nostra vita. Avverto questa sofferenza che non riguarda tanto la nostra persona – mi auguro anche disponibile ad affrontare queste fatiche -, ma la sofferenza di avvertire che per molti è motivo di incomprensione, di indifferenza e qualche volta di irrisione ciò che rappresenta la ragione stessa della nostra missione. È qualcosa che ci prova.
Vi è vicinanza e stima cordiale nei confronti dei sacerdoti e insieme bisogna ammettere che ci sono diffuse e insistenti pretese che avvertiamo come ingiuste e mortificanti. Siamo tentati da una radicale delusione che investe il senso del nostro ministero. Nello stesso tempo però ci interroghiamo sulle sue forme, sull’essenziale e sulle priorità, sulle nostre attese e sui bisogni delle nostre comunità.
A fronte di tutto questo, cari fratelli, desidero dirvi con un affetto che in questo momento non voglio gridare, che non voglio dire a voce forte, ma con delicatezza e premura affettuosa, come Vescovo di questa bella diocesi: Coraggio!
Coraggio! Abbiamo coraggio, non abbiamo paura!
Vinciamo paura, delusione e scoraggiamento con la forza di una fede che si alimenta ogni giorno al Vangelo, all’amicizia con Gesù, alla fraternità tra di noi e alla testimonianza da parte di tanti nostri fratelli e sorelle nella fede, a volte i più umili.
Ritroviamo sempre il gusto dell’Eucaristia! E quando sono tante le Eucaristie che dobbiamo celebrare, ritroviamo ugualmente la gioia: a volte una gioia sfinita, la gioia di averle celebrate per coloro che le attendono, anche per coloro che le pretendono o per coloro che le disattendono, che non le attendono neppure.
Sorridiamo insieme ai gesti dell’amore e della misericordia che quotidianamente vediamo e vediamo compiere, al punto tale che a volte non ce ne accorgiamo più e neppure gli altri se ne accorgono.
Non commiseriamoci, ma riconosciamo con umiltà i nostri peccati e testimoniamo la bellezza sobria di nuove risurrezioni. Facciamo risuonare nel nostro cuore la gioia del Vangelo, della parola del Vangelo, del Vangelo degli inizi del ministero di Gesù, proprio quello che abbiamo ascoltato. È quella la musica di Gesù che io vi auguro possa suonare nei vostri cuori: è l’ispirazione necessaria.
Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Non so se arriveremo a configurare modalità diverse del servizio presbiterale. Penso and esempio a due: a quella dell’evangelizzatore e quella del pastore, ma intuisco che in questo momento la rigenerazione del nostro ministero scaturisce da un afflato evangelizzante, soprattutto da questo. È la consapevolezza che siamo mandati per questo, come Gesù: “lo Spirito del Signore è su di me e mi ha mandato”. È il mistero della nostra chiamata, la disponibilità ad essere sempre discepoli, perché è la consapevolezza del mandato del Signore che ci rende partecipi della sua stessa missione di Gesù. Un afflato evangelizzante che veramente è capace di innervare e ispirare tutte le nostre azioni: annunciare ai poveri il lieto annuncio; proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; fasciare le piaghe dei cuori spezzati; rimettere in libertà gli oppressi; proclamare l’anno di grazia del Signore. Questo è il nostro programma.
Le nostre parrocchie, le nostre comunità, i nostri santuari e la vita stessa degli uomini sono i luoghi in cui si realizza questo programma e in cui siamo chiamati a realizzarlo.
Saremo esposti al desiderio di vicinanza e al rifiuto per eccessiva vicinanza, alla comprensione e all’incomprensione, alla benevolenza e allo sfruttamento.
Alla luce di questo Vangelo che ispira il nostro afflato evangelizzante vi dico: Coraggio! Le mille cose che abbiamo da compiere non nascondano questa parola evangelica, questo afflato evangelizzante. Le mille cose che abbiamo da compiere siano illuminate e vitalizzate da questo afflato.
Facciamoci dono reciprocamente della parola evangelizzante del Signore: offrirci reciprocamente il Vangelo è il primo passo di un’autentica fraternità sacerdotale.
Il dono della stola bianca vuole essere un segno di affettuosa riconoscenza nei confronti di tutti voi e nello stesso tempo di comunione fraterna con il Vescovo e tra presbiteri: una fraternità sempre attenta particolarmente alle missioni e ai poveri che hanno realizzato queste stole.
Vorrei concludere affidandovi un piccolo segno: è molto particolare ma ci è anche tanto caro. Tra qualche giorno andrò in pellegrinaggio con alcuni di voi in Terra Santa, un pellegrinaggio giubilare, che prenderà forma di Esercizi Spirituali e sappiate che ci sarete tutti con noi. Un pellegrinaggio che vuole ribadire e inaugurare una prassi per tutti i nostri pellegrinaggi nella terra di Gesù: la visita e l’incontro solidale e fraterno con le comunità cristiane che vivono in quella terra. È un modo concreto, è un segno di misericordia che vogliamo esprimere nei confronti di cristiani nostri fratelli che vivono in quelle terre così provate e che possiamo concretamente realizzare appunto nella solidarietà con le comunità della terra di Gesù.
Il Signore accompagni i vostri giorni e vi dia la gioia di guastare la freschezza di quelle promesse che ora rinnoviamo insieme.
(trascrizione da registrazione)