Funerali del Vescovo Mons. Lino Belotti – Cattedrale

26-03-2018
Care sorelle e fratelli,
 
accompagniamo il Vescovo Lino nella sua morte e nel suo passaggio a Dio in questi giorni così fortemente connotati dalla Pasqua ormai imminente, la Pasqua di Gesù, la Pasqua della sua morte e risurrezione che rappresenta il cuore pulsante della comunità cristiana. Vogliamo ringraziare il Signore di questa coincidenza che sembra rappresentare un sigillo della vita di mons. Lino.
 
Tanti Vescovi, oltre i presenti, hanno voluto esprimermi la loro partecipazione, alcuni da molto lontano, come il Vescovo Francesco Panfilo, bergamasco della Val di Scalve, in servizio in una diocesi della Papua Nuova Guinea, che scrive: “È stato un grande dono non solo per la Chiesa di Bergamo, ma anche per la Chiesa italiana e universale”.
 
Prima di soffermarmi qualche istante sulla Parola che il Signore ci ha rivolto, vorrei evocare il motto episcopale di mons. Lino: “in te Domine speravi”, ho sperato in te Signore, ho continuato a sperare. Queste brevi parole appartengono alla conclusione di un grande inno della Chiesa che innalziamo non soltanto l’ultimo giorno dell’anno, ma anche in ogni domenica e in ogni solennità: il Te Deum. Un inno con il quale la Chiesa vuole esprimere in maniera grandiosa la sua riconoscenza a Dio.
 
Vorrei mettere tutta la vita e il servizio di mons. Lino sotto questo segno, perché lui stesso li ha voluti mettere sotto il segno del ringraziamento. Un vivere cioè la propria esistenza nel segno del grazie a Dio, un grazie che ispiri tutte le nostre azioni, che ispiri le nostre parole, che ispiri tutta la vita. Insieme a questo sentimento, alimentato dalla fede, mi sembra che le parole del motto di mons. Lino evochino inevitabilmente la speranza.
 
Riconoscenza e speranza mi sembrano due criteri per rileggere la sua vita e la sua missione. L’intrecciarsi di questi due elementi noi l’abbiamo potuto constare in quello splendido e indimenticabile sorriso che ha accompagnato la sua esistenza.
 
Una esistenza e un ministero che il profeta Isaia ci consegna attraverso la presentazione che il Signore stesso fa della figura del suo servo, il servo di Dio. In questa figura che ci accompagna nei giorni che precedono la passione del Signore noi in filigrana vediamo l’esistenza e il ministero del Vescovo Lino. Il servo di Dio è un consacrato al Signore, ma soprattutto dal Signore. Ed è un consacrato per una missione universale, come è stata quella del Vescovo Lino, a partire dalla comunità missionaria del Paradiso, fino al suo servizio come Vescovo Ausiliare della nostra diocesi, ma anche come prete e Vescovo di tanti italiani sparsi nel mondo. Penso in modo particolare al servizio nazionale verso tutti gli italiani emigrati nel mondo.
 
In questo senso se la nostra missione è una missione universale, certamente lo è stata quella di mons. Lino, come la descrive il profeta nel segno della giustizia, dell’amicizia con Dio, di una luce capace di entrare nelle pieghe oscure della sofferenza e della prova e finalmente contrassegnata da una liberazione. Tutto questo con tanto affetto e con tanta semplicità una moltitudine di persone ha voluto riconoscere a mons. Lino e alla sua azione e alla sua vicinanza.
 
Una azione e una vicinanza caratterizzata dalla mitezza e nello stesso tempo dalla determinazione. Come il servo di Jawhè, mite e determinato. Nel suo testamento spirituale scrive, con le caratteristiche che gli sono proprie: “Riconosco di avere avuto un buon ascendente – che Dio mi liberi dalla vanagloria – dovunque sono stato e in coscienza posso dire che nell’agire la rettitudine è stata la mia norma”.
 
Abbiamo poi udito il Vangelo. Un Vangelo pasquale: si parla di Lazzaro il risuscitato, del servizio di Maria come espressione della vita evangelica e finalmente di quella unzione profetica che prepara quella che accompagnerà la morte e la risurrezione di Gesù.
 
È un’unzione scandalosa, frutto di un rapporto d’amore con il Signore ma che non viene interpretato con cuore aperto. Giuda e altri sembrano rimproverare Maria e Gesù che accetta questo gesto. A giustificazione di lei, dirà: “i poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avrete me”. Non sempre avremo lui così come era davanti a Maria, ma sempre lo avremo con noi, proprio attraverso i poveri che sono sempre – dice il Signore – con noi. Parlo di povertà sotto ogni profilo: materiale, culturale, relazionale, spirituale. Essere poveri è una caratteristica dei preti della comunità del paradiso e la scelta dei poveri è connotativa della loro missione. Proprio come Papa Francesco richiama a tutti i cristiani: una Chiesa povera per i poveri.
 
Questa caratteristica di mons. Lino l’ho vista risuonare in modo stupendo con il suo sorriso e con i suoi occhi che brillavano nei giorni della beatificazione di un suo compagno ed amico: don Sandro Dordi, prete bergamasco, martire in Perù, che certamente sarà stato tra i primi ad accoglierlo davanti al Signore.
 
Care sorelle e fratelli, ancora un ricordo desidero consegnarvi di lui, sotto il segno di questa interiore certezza che è appartenuta alla vita, alla missione e alla testimonianza di mons. Lino. Il salmo ci fa ripetere: “sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi”. Questa certezza ha appartenuto sempre all’esistenza e alla testimonianza del Vescovo Lino. Quella certezza che è confermata nella preghiera dalla continuazione del motto che lui ha scelto: “in te Domine speravi… non confundar in aeternum”, non sarò confuso in eterno.
 
Apparteneva a mons. Lino non solo la forza del suo carattere e la determinazione nelle scelte che assumeva, ma proprio una interiore e spirituale certezza: sono certo di contemplare la bontà del Signore, nella terra dei viventi e non sarò mai confuso in eterno.
 
Permettetemi a questo riguardo un aneddoto simpatico che mi consegnò il Vescovo Roberto Amadei, ricordando la visita a Papa Benedetto XVI in occasione di una visita ad limina. Una situazione che aveva fatto sorridere tutti, anche il Papa. Quando il Vescovo Roberto presentò al Papa mons. Lino, suo Ausiliare, specificò che era “un prete della comunità missionaria del paradiso”. Mons. Lino con la semplicità e la disinvoltura che gli apparteneva disse a Papa Benedetto XVI: “Ma lei sa cosa è il paradiso?”. Il Santo Padre mostrò qualche imbarazzo e rispose: “Fino a qualche istante fa pensavo di saperlo”.
 
Gli era tanto cara questa comunità che ha contrassegnato la sua vita e la sua missione. Ce lo ricorda anche il bergamasco Vescovo Gualberti, suo amico e compagno, che così scrive dalla Bolivia: “In tutta sua missione è stato un segno vivo di speranza, manifestato anche nel suo motto episcopale “in te Domine speravi”. Speranza assurta a certezza nella felicità senza fine dei santi”. 
(trascrizione da registrazione)