02-02-2017
Care sorelle e fratelli,
Gesù viene presentato al tempio secondo la legge di Mosè secondo la quale ogni figlio primogenito è sacro al Signore. L’antica tradizione – che riporta alla grandiosa esperienza dell’esodo e della liberazione – prevede che si offra al Signore, a seconda delle possibilità della famiglia, un dono per riscattare il figlio primogenito. È proprio sull’immagine del “riscatto” che vorrei offrirvi qualche considerazione.
La parola riscatto ha a che fare con un prezzo da pagare per la liberazione di una persona. Ha a che fare con la schiavitù, per cui pagando un prezzo si riscatta un uomo o una donna da questa condizione di umiliazione. Noi sappiamo che nella storia dei carismi delle persone consacrate vi è proprio anche la testimonianza concreta di questo tipo di riscatto, quando la schiavitù era un’evidenza (ma non lo è meno oggi, anche se in altre forme). C’erano persone che consacravano la propria vita per il riscatto dalla schiavitù di altri uomini o donne: questo significava a volte offrirsi come schiavi al posto degli schiavi.
Vi è il riscatto dal peccato. La parola redenzione che noi spesso usiamo e che penso molti contemporanei non avvertano più nemmeno nel significato della parola in sé, significa appunto “riscatto”: l’opera di Gesù è l’opera della redenzione, cioè del riscatto dell’uomo dalla schiavitù del peccato.
Finalmente insieme a questa c’è una conseguenza di tutta la vicenda di Cristo, il Salvatore, il Redentore, il riscattatore: è il riscatto dal potere della morte, dalla morte come conclusione della nostra vita e dalla morte come potere che mortifica la vita.
Vorrei con voi ricordare le parole del salmo 48 che spesso ripetiamo nella nostra preghiera della liturgia quotidiana delle ore: “Nessuno può riscattare se stesso o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita non potrà mai bastare per vivere senza fine e non vedere la tomba. Ma l’uomo nella prosperità non comprende (pensa di riscattarsi da solo): è come gli animali che periscono. Questa è la sorte di chi confida in se stesso, l’avvenire di chi si compiace delle sue parole. Ma Dio potrà riscattarmi: mi strapperà dalle mani della morte”.
L’opera di Cristo è esattamente l’opera di Dio che ci riscatta dalla mano della morte.
Oggi è il giorno del riscatto: del riscatto di Gesù secondo la legge di Mosè, del riscatto operato da Gesù, che ci libera dalla schiavitù del peccato e della morte.
Proprio per questo oggi è il giorno della luce e lo abbiamo celebrato in maniera intensa e direi anche con quella gioia della bellezza di vedere in una giornata particolarmente uggiosa splendere le nostre piccole luci.
E finalmente, oggi è il giorno della consegna. La consegna di Cristo e la nostra consegna a Cristo. Vogliamo leggere la consacrazione – di voi tutte carissime religiose e di tutti gli uomini consacrati frati e presbiteri che siete qui e che sono nelle nostre comunità – come consegna della propria vita a Dio. Avete consegnato la vostra vita a Dio, per riscattare gli uomini. La vostra vita è consegnata a Dio, ma la storia – il carisma – con cui questa consegna si è manifestata di fatto in tante forme diverse si è espresso come riscatto degli uomini. Consegnare la propria vita a Dio per riscattare gli uomini da ogni forma di schiavitù. Questa è la consacrazione.
Ma è anche consegnare la vostra vita agli uomini per riscattare Dio. Cosa vuol dire questo? Vuol dire tanto! C’è bisogno di riscattare davanti agli uomini l’immagine di Dio. Quanto spesso ci siamo trovati di fronte a uomini e donne che hanno un’immagine di Dio non evangelica. Quanto spesso abbiamo potuto purtroppo constatare che l’immagine di Dio che donne e uomini si sono fatti è dipesa dalla nostra contro-testimonianza. Care sorelle e cari fratelli, ritornate alla bellezza e verità della vostra consacrazione perché attraverso la vostra consegna l’immagine di Dio, secondo Gesù, possa essere riscattata agli occhi degli uomini. È vivere una consacrazione, una testimonianza che permetta agli uomini e alle donne di riconoscere il vero volto di Dio, riscattandolo da ogni deformazione.
Consegna a Dio per riscattare gli uomini, consegna agli uomini per riscattare Dio, consegna alla morte per riscattare la vita, come Gesù. Gesù si è consegnato alla morte per riscattare alla vita tutti gli uomini. La consacrazione è anche questo: seguire Gesù in questa consegna che riscatta dalla morte.
Abbiamo udito nella lettera agli Ebrei un passaggio che ci sembra difficile, ma guardate come risuona alla luce del riscatto, alla luce di una consegna per il riscatto: “poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e così liberare (*riscattare) quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita”.
Ecco il riscatto, ecco la consegna che permette di riscattare gli uomini davanti a Dio, di riscattare Dio davanti agli uomini, di riscattare l’umanità dalla morte, come Gesù. La vostra consacrazione a Dio, la consegna della vostra vita a Dio diventa partecipazione al riscatto di Cristo.
“È una consegna da alimentare con una vita bella ed austera”. Ho ripreso l’ultimo intervento del Papa alla plenaria della Congregazione per la Vita Consacrata: un discorso severo, ma ho provato a leggerlo traducendo in positivo i richiami del Papa. Di fronte ad un appesantimento che continuamente costatiamo e che di fatto paradossalmente fa perdere il gusto della vita, siamo chiamati a testimoniare la bellezza di una vita austera, essenziale. E si possa percepire in comunità giovani e anziane la bellezza di una vita in cui il gusto dell’essenziale diventa motivo di meraviglia. Non sciatteria, non disordine, non bruttezza, ma la bellezza di una vita austera.
Ci viene chiesto il superamento dell’auto-referenzialità: lo sto dicendo tanto alle nostre parrocchie e alle nostre opere. La luce non è per se stessa. A volte cadiamo in una comprensibile ma asfissiante preoccupazione di noi, delle nostre comunità, dei nostri numeri. Ma la luce è per illuminare, non per alimentare se stessa. Quindi lo sforzo per superare questa tentazione dell’auto-referenzialità (che è di ogni comunità cristiana in questo momento) insieme alla coltivazione di uno spirito giovane (anche se ci viene da dire “ormai invecchiamo!”: quante persone anziane nelle nostre comunità) è ciò che siamo chiamati ad alimentare. Anche davanti a ciò che i bisogni ci consegnano, forse che la relazione con il Signore può invecchiare?
Evidentemente questa consegna per il riscatto si alimenta con la preghiera, con la formazione permanente e continua, con la relazione personale con il Signore e con un accompagnamento spirituale al quale non vogliamo sottrarci perché è veramente necessario.
Ecco il giorno del riscatto e per il riscatto Cristo consegna se stesso, consacra se stesso. Così in questa sera, in questa festa della presentazione di Gesù, giornata mondiale della vita consacrata, prego per tutti voi, per tutte le famiglie religiose, per tutte le persone consacrate al Signore.
Termino con le parole di Papa Francesco: “Se la vita consacrata vuole mantenere la sua missione profetica e il suo fascino, continuando ad essere scuola di fedeltà per i vicini e per i lontani, deve mantenere la freschezza e la novità della centralità di Cristo, l’attrattiva della spiritualità e la forza della missione: mostrare la bellezza della sequela di Cristo e irradiare speranza e gioia”.
Care sorelle e fratelli nel Signore, qualsiasi sia il vostro limite, sappiate che il Signore continua a confidare in voi, continua a confidare nella vostra consegna per riscattare il mondo nel segno della speranza e della gioia.
(trascrizione da registrazione)