01-11-2017
Care sorelle e fratelli, la nostra presenza così numerosa in questa celebrazione e le visite particolarmente intense che in questi giorni affollano i nostri cimiteri, dicono che noi non ci accontentiamo.
Non ci accontentiamo semplicemente di vivere e di vedere avvicinarsi la morte con rassegnazione, non ci accontentiamo della vita che scorre o dei giorni che si succedono, siano momenti luminosi come la giornata di oggi o siano angoli oscuri. Abbiamo bisogno di trovare la risposta ai nostri perché, a ciò che ci permette di comprendere il significato che sta oltre il fatto che succede. Proprio per questo fin dagli albori della civiltà umana gli uomini hanno preso in seria considerazione il vivere e il morire.
Ci sono però dei tempi e dei luoghi che in modo particolare suscitano questo modo di considerare le cose. E questi che stiamo vivendo sono i giorni e questi sono i luoghi.
Le persone che ci sono state care noi le portiamo sempre nel cuore. Proprio perché non ci accontentiamo mai di nessuna spiegazione, proprio perché ogni spiegazione sembra richiederne un’altra, noi ci ritroviamo insieme. Ci ritroviamo insieme in giorni particolari e in luoghi particolari perché questo ricordo così personale sembra richiedere una condivisione comunitaria.
I cimiteri non sono solo funzionali a determinate circostanze o necessità, ma dicono proprio questa profonda condivisione umana di fronte agli aspetti più alti o più oscuri dell’esistenza.
Noi siamo qui e preghiamo. Tanti che tornano in questi giorni in questo luogo sono comunque sollecitati dal clima generale al ricordo. Certamente la nostra preghiera è ricordo, ma non è soltanto ricordo.
Il ricordo è importante perché dà ragione all’importanza dei legami. Noi ricordiamo coloro con i quali abbiamo stabilito un legame. Quanto più è intenso il legame tanto più è capace di alimentare il ricordo, anche quando queste persone non più sotto i nostri occhi e riconosciamo che hanno concluso il tratto della vita. La memoria quindi non è soltanto ricordare, ma rinnovare in noi la coscienza dell’importanza decisiva dei legami.
Si muore da soli, ma nello stesso tempo è altrettanto vero che non si vorrebbe mai morire abbandonati. Sia nel morire, sia quando i morti appartengono alla nostra memoria, noi rivediamo questi legami che sono così potenti che non si esauriscono. Certamente vale innanzitutto per chi ci è caro e poi via via ci sono coloro che in diverso modo hanno costituito la nostra vita e così la comunità si allarga.
Cari fratelli e sorelle, viviamo un tempo in cui siamo fortemente esposti a un individualismo che rischia di portarci a sentire l’uno abbandonato dall’altro. Questi ricordi, questi giorni, questi luoghi, questi gesti ci mettono di fronte all’importanza dei legami, non soltanto con chi ha chiuso la vita, ma dei legami che stiamo vivendo in questa vita.
Ricordiamo i nostri cari che ci hanno lasciato: per ciascuno sono nomi, volti, storie, sono parole che riempiono la mente e ritornano alla memoria dei giorni passati insieme, sono luoghi cari che rimangono animati da presenze che ci rimangono sempre care e amate.
D’altra parte questi giorni e queste visite rappresentano anche un monito: i giorni dei morti e i cimiteri rappresentano un monito non solo sulla serietà della vita e sulla sua inevitabile conclusione, ma sulla responsabilità nei confronti della vita.
Il Papa quest’anno visiterà i cimiteri militari e le fosse ardeatine: quindi un ricordo particolare di coloro che sono morti in guerra e per la violenza della guerra. Questo significa raccogliere un monito perché le scelte che noi compiamo possono essere scelte di vita oppure di morte. Questo è proprio il monito che ci viene nel momento in cui ricordiamo gli affetti, le persone che hanno attraversato la nostra vita, le loro bontà e le loro oscurità.
Mentre preghiamo perché tutti siano purificati dalla misericordia di Dio e possano approdare a quella santità che stiamo celebrando, noi vogliamo raccogliere anche un monito perché la vita che ci è affidata è il luogo delle scelte. Noi possiamo scegliere per la vita o possiamo scegliere per la morte. Tanto più cresce la responsabilità di ciascuno di noi, tanto più queste scelte hanno rilievo su molti.
La morte mette a nudo la nostra vita: ci fa scoprire che i nostri atti di orgoglio, di ira, di odio sono vanità, pura vanità. Ci accorgiamo spesso troppo tardi e con rammarico di non aver amato abbastanza e non cercato ciò che era essenziale. Al contrario, in questi momenti vediamo quello che di veramente buono è stato seminato da chi ci ha preceduto e che noi possiamo seminare.
Infine, questi giorni e questi luoghi evocano a tutti l’irriducibilità della vita umana. Noi non ci rassegniamo semplicemente a morire, c’è qualcosa che sembra superare lo stesso istinto di sopravvivenza. Tutti i viventi hanno l’istinto di sopravvivenza. Ma a noi sembra che la vita di qualunque persona umana non possa mai essere spenta definitivamente e nello stesso tempo ci rendiamo conto che la nostra memoria e i nostri affetti non sono sufficienti ad afferrare la vita. Nemmeno le opere compiute la trattengono.
Ci interroghiamo e da cristiani troviamo quella risposta che ci indica ciò che conta veramente. Tra qualche istante lo diremo: annunciamo la “tua” morte. Non ci nascondiamo la morte, nemmeno quello del figlio di Dio. Proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa del compimento finale: cioè di fronte a questa sensazione che tutti proviamo dell’irriducibilità della vita, noi cristiano testimoniamo una speranza che non è semplicemente sogno e desiderio, ma è la vicenda di quel Gesù in cui non crediamo, veramente morto e veramente risorto.
Ecco perché se gli antichi chiamavano questi luoghi “necropoli”, le città dei morti, i cristiani hanno cominciato a chiamarle “cimiteri”, le città dei dormienti, che aspettano il risveglio frutto della risurrezione del loro Signore.
Noi ricordiamo i nostri defunti non soltanto nella mestizia della separazione, ma li ricordiamo rivivendo il passaggio di Cristo nella morte e attraverso la morte alla vita, perché in questo stesso Cristo i nostri defunti vivono e vivranno. Per questo i nostri morti sono con noi e noi li possiamo sentire vicini nella preghiera.
(trascrizione da registrazione)