Domenica delle Palme – Cattedrale

25-03-2018
Care sorelle e fratelli,
 
vogliamo per qualche istante raccogliere il grande insegnamento della passione. Un vangelo che è sconvolgente e non può essere addomesticato.
 
È sconvolgente perché la croce ci sconvolge. Con evidenza riconosciamo che nessuno la vuole. La croce ci sconvolge anche nel momento in cui la vediamo caricata sulle spalle di altri. In questo momento vogliamo ricordare dentro questa grande narrazione evangelica della morte di Gesù, tutti i crocefissi, tutte le persone che in questo momento vediamo inchiodate ad una croce.
 
Nessuno vuole la croce e nello stesso tempo ciascuno è chiamato ad essere capace di pietà nei confronti di coloro che sono attaccati ad una croce come Gesù.
 
È sconvolgente il racconto della passione e morte di Gesù perché la croce ci sembra inutile. A che cosa serve la sofferenza? A che cosa serve il dolore? E quindi a cosa serve la croce? La croce va cancellata perché istintivamente la rifiutiamo e perché anche nel momento in cui ci soffermiamo a meditare su di essa, facciamo fatica a coglierne una ragione. La croce ci sembra senza ragione e quindi inutile.
 
Dobbiamo proprio ammettere che è così. Noi ascoltiamo il vangelo della passione di Gesù alla luce di quel convincimento interiore che diventa il fondamento della nostra fede, rappresentato dalla risurrezione di Gesù.
 
La croce rappresenta il fallimento. E nessuno vuol sentirsi fallito, nessuno vuol vivere l’esperienza del fallimento.
 
Il vangelo della passione e morte di Gesù ci ispira quel pensiero di pietà nei confronti dei crocefissi che – e spesso mi auguro così avvenga – ci spinge al soccorso, al farci vicini, a portare loro quell’aiuto che forse non riesce a staccarli dalla croce, ma dà loro un sollievo, un conforto, non li abbandona alla solitudine.
 
Questo vangelo è così sconvolgente non solo per la narrazione dei dolori inflitti alla persona di Gesù, ma anche per quella espressione finale posta sulla bocca di un soldato, il centurione, un romano, un pagano, una espressione del potere e dell’impero, colui che ha guidato gli uomini che materialmente hanno crocifisso Gesù. Ci interpella e ci sconvolge che alla morte di Gesù quell’uomo dica “veramente era il figlio di Dio”.
 
Ricordo a me stesso e a tutti voi questi sentimenti e queste espressioni perché vorrei che cogliessimo quanto la passione e morte di Gesù in croce abbia ancora un potere: quello di incidere nelle nostre indifferenze, di incidere in quelle forme alle quali un po’ tutti siamo tentati di accomodare il vangelo: di staccare cioè velocemente il Cristo dalla croce e la croce da Cristo.
 
Uno dei pensieri che ci attraversa, guardando alle prove che pesano sulle nostre esistenze e guardando all’orizzonte del mondo, è che la croce sia inutile. Il male e la morte continuano ad esprimere il loro potere, che ci sconvolge nella morte di Gesù e continua a sconvolgerci. Interiormente noi sentiamo un rifiuto nei confronti del male e della morte, eppure sempre che anche questo rifiuto sia inutile e spesso siamo tentati da forme diverse di rassegnazione.
 
Care sorelle e cari fratelli, noi vogliamo guardare la croce e cercare di comprenderne il valore infinito: il potere di Cristo crocifisso che vince il nostro peccato. Non dimentichiamo ogni volta che ragioniamo sulle nostre vicende e sulle vicende del mondo che la radice del male e della morte è il peccato.
 
È il potere del peccato che Cristo è venuto a vincere. I Padri dicono che Gesù ha tagliato la radice del peccato: il male e la morte continuano a manifestarsi, ma il peccato è stato vinto dalla croce di Cristo. Proprio nel momento in cui il male nella morte dichiarava la propria vittoria, proprio lì Gesù che si è identificato con i peccatori ha vinto la radice del male e della morte.
 
Noi questo lo possiamo raccontare perché noi siamo peccatori ma la croce di Cristo è capace di riscattarci dal nostro peccato. Il peccato non è l’ultima parola sulla nostra vita. Il peccato non è la nostra condanna. Non semplicemente perché noi riusciamo a riscattarci dal nostro peccato, ma perché la croce di Gesù ci riscatta dal peccato.
 
È dalla croce che scaturisce la grande e inesauribile sorgente del perdono del peccato. Questa diventa la nostra speranza incancellabile, anche di fronte alle delusioni e ai fallimenti, al male e alla morte. Ecco perché ci lasciamo sconvolgere dal vangelo della passione: proprio in quella croce che guardiamo con fede riconosciamo la sorgente della nostra liberazione e della liberazione di tutta l’umanità. 
(trascrizione da registrazione)