14-05-2017
È con gioia e commozione che stiamo celebrando l’Eucaristia avendo davanti agli occhi questo piccolo segno: l’immagine della Madonna di Fatima, capace non solo di convocarci così numerosi, ma di evocare in noi una quantità di sentimenti che è difficile ordinare.
Questa visita avviene in un anno speciale centenario e l’evocazione immediata ci riporta ad anni sofferti, oscuri come quelli della prima guerra mondiale e immediatamente a tutte le guerre, perché dopo quella ce n’è stata un’altra ancor più devastante e poi non è finita. Noi dobbiamo ringraziare il Signore per questa sorpresa di un periodo di pace nei nostri Paesi come non c’è mai stato, ma nello stesso tempo sarebbe una grande ingiustizia dimenticare le innumerevoli guerre che si sono succedute e che tutt’oggi avvengono nel mondo facendo parlare addirittura – per usare l’espressione del Papa – di “una terza guerra mondiale a pezzi”.
Il messaggio di Fatima evoca il dramma della guerra che ha assunto forme particolari nel nostro tempo, diventando terrore e terrorismo. Insieme al dramma della guerra e del terrore, ci ricorda la necessità di pregare per la pace e di convertirci giorno dopo giorno per essere donne e uomini di pace.
Vi è una seconda evocazione che l’immagine della Madonna di Fatima suscita nelle nostre menti, nel nostro cuore, nella nostra fede: il fatto che sia apparsa a tre piccoli pastori, cioè ai poveri, ai piccoli, ai bambini.
È sempre una sorpresa, uno sconcerto, uno scandalo, un motivo di irrisione: dei piccoli bambini di uno sperduto paese del Portogallo, dobbiamo dire anche ignoranti, diventano i destinatari di una profezia potentissima. Non possiamo non sentire riecheggiare in tutto questo le parole che poco fa abbiamo udito relativamente al Signore Gesù: “pietra viva rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio; quella pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo, sasso d’inciampo”. Una pietra di scandalo per chi non crede: questi bimbi sono così.
La loro profezia innanzitutto è una provocazione alle nostre sufficienze, alle nostre potenze, alle nostre “gelide indifferenze” diceva ieri il Papa. Un’autentica provocazione che passa attraverso la figura del piccolo e del povero.
Cari fratelli e sorelle, penso di immaginare le disposizioni del vostro animo, il vostro desiderio di corrispondere al Vangelo, la vostra attenzione ai piccoli e ai poveri, ma oggi attraverso questa manifestazione della misericordia di Dio nell’apparizione di Fatima noi siamo particolarmente resi consapevoli di come attraverso le vie più impensate e quelle che meno facilmente possiamo ricondurre alle logiche diffuse e imperanti che a volte abitano anche i nostri cuori, il Signore ci raggiunge, ci provoca.
Nel 1917 questi tre piccoli dicevano la profezia sulla guerra, sulla devastazione delle ideologie e sul peccato che è la radice di ogni male, ma nello stesso tempo mentre questi bambini diventano destinatari di un messaggio di cui sono chiamati ad essere portatori coraggiosi, forti come una pietra viva.
Consegnano un messaggio che è veramente di speranza, cominciando da quel messaggio di conversione e di penitenza che non è mortificazione della gioia di vivere, anzi ci viene consegnata come la vita per poterla guastare questa gioia, sapendo che comincia da noi, dalla nostra conversione, dal nostro cambiamento interiore, da quella fedeltà al Vangelo che vogliamo continuamente riproporci nonostante siamo poveri peccatori, ma peccatori che giorno dopo giorno si ripropongono un desiderio e un proposito serio di fedeltà al Vangelo. Questa è la via e penso che chiunque la percorre o l’ha percorsa può raccontare che è proprio così.
Le guerre ci sono ancora, la fame c’è ancora, il peccato c’è ancora, altre ideologie si sono sostituite a quelle imperanti nel XX secolo, ma noi sappiamo che nel momento in cui ciascuno – pur sembrando piccolo: chi sono io nella storia del mondo? – ripercorre la via della conversione, della fedeltà al Vangelo riproposta quotidianamente, veramente il mondo cambia: cambia il nostro modo di stare in questo mondo e allora comincia a cambiare il mondo.
Cari fratelli e sorelle, abbiamo udito ancora dall’Apostolo Pietro “voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di Dio”. Noi siamo il popolo di Dio. Quest’oggi anche attraverso l’immagine di una presenza così consistente abbiamo la percezione di essere “popolo che Dio si è acquistato”. La forza del popolo di Dio sta nel sentirsi destinatario del dono della misericordia di Dio e testimone pur con tutte le limitazioni, le fatiche, le contraddizioni. Ma sempre popolo che Dio si è acquistato.
I bimbi di Fatima, i pastorelli, sono il popolo, questo popolo che “Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa”.
Per qualche ora l’immagine della Madonna di Fatima resterà tra noi. Ci porteremo nel cuore questa immagine che alimenta la nostra preghiera per la pace, perché la speranza non si riveli una illusione noi per primi diventiamo costruttori di speranza. E preghiamo perché la venerazione al cuore immacolato di Maria ci porti diritti al cuore di quel Vangelo di cui i pastorelli sono stati umili ma veramente grandi testimoni.
L’immagine evoca quella di una maternità. Ieri il Papa parlava di questo manto luminoso che abbraccia tutta l’umanità: è il manto della misericordia di cui Maria è una delle espressioni più grandi, la più grande umanamente. Questo manto di misericordia possa raggiungerci e accompagnarci. Il Papa con la sua forza diceva: “Abbiamo bisogno di una madre così!”.
A una madre così vorrei affidare tutte le mamme qui presenti e tutte le mamme presenti nelle nostre famiglie perché possano gustare la gioia della maternità e sapere che c’è una madre che mentre stende il manto della sua misericordia su tutti, particolarmente lo stende su di loro.
(trascrizione da registrazione)