Ammissione agli ordini durante la Scuola di Preghiera in Seminario

17-05-2013
Viviamo un momento di passaggio, non in modo isolato, ma in un itinerario di preghiera che questa sera culmina nelle parole di Giobbe: “Io ti conoscevo solo per sentito, ma ora i miei occhi ti hanno veduto”.

 
Ieri ho celebrato una Messa ad Olera a conclusione di una giornata dedicata a questo frate che in settembre verrà beatificato proprio nella nostra Cattedrale. È vissuto un po’ di secoli fa, è nato lì, ha percorso l’alta Italia, è morto a Innsbruck dove è sepolto. Un uomo molto semplice, venuto da una famiglia molto semplice. Con una intensità, che è capace di stupire anche l’uomo contemporaneo, testimonia della sua esperienza di Dio. Lo fa con una potenza e una sapienza tale che di questa esperienza ne diventano partecipi i poveri e i ricchi, i miseri e i potenti. È l’esperienza di Dio.
 
“Lo conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi l’hanno visto”. È la stessa cosa che ci ha raccontato Giulia, questa ragazza che molti hanno conosciuto attraverso la sua testimonianza. La testimonianza di una vita splendida, di una malattia che l’ha portata alla morte, di una relazione con Dio non superficiale, fatta di luci e fatta anche di momenti molto sofferti. Anche Giulia può dire “io lo conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi l’hanno veduto”.
 
In qualche modo vorremmo che anche voi carissimi che state compiendo questo passo aveste una storia da raccontare così: “io lo conoscevo per sentire, ma ora i miei occhi lo hanno veduto”. Se il vostro cammino continua è perché nel vostro cuore le parole di Giobbe sono diventate parole vostre. Allora tutti quelli che vi vedranno potranno percepire qualcosa che va al di là delle idee, dei gusti, delle opinioni, perché di questo stiamo parlando: di un’esperienza. Bisogna proprio dirlo, quasi provocando o sconvolgendo qualcuno: se non c’è un’esperienza di Dio, se non posso raccontare un’esperienza di Dio, se non posso parlare di un mio incontro personale con Dio la mia fede a che cosa si aggrappa? su che cosa si fonda? Se manca l’evento iniziale dell’annuncio del Vangelo, dell’incontro tra Gesù e la libertà di un uomo non succederà nulla nella vita di chi dice di credere.
 
Forse vi ricordate l’incontro di Gesù con la Samaritana. È un incontro, lei lo può raccontare e sulla sua parola quelli del suo paese vanno a loro volta a cercare Gesù e alla fine diranno: “Non più per i tuoi discorsi noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”. Noi abbiamo bisogno di qualcuno che ha incontrato il Signore e che lo ha incontrato a tal punto da permetterci di fare noi stessi questa esperienza.
 
L’esperienza di Gesù, il vivente. Questa esperienza è il dono più grande che una persona possa ricevere. Questa esperienza è il desiderio più sentito di ogni uomo, anche di coloro che stanno cercando e desiderando mille altre cose. L’esperienza di Gesù è l’incontro più misterioso della vita, nel senso che non c’è parola che alla fine riesca a raccontarlo in maniera adeguata.
 
Voi vi domanderete: dove? come io ho potuto fare un’esperienza di questo genere? A volte non mi sembra di poter raccontare un’esperienza così, eppure io credo e la fede è il fondamento della mia esistenza.
 
Penso certamente ai luoghi della fede, penso all’ascolto della parola del Signore. Cari fratelli e sorelle, come potremo incontrare il Signore se non ascoltiamo la sua voce? Penso alla preghiera. Come possiamo incontrare il Signore se non parliamo con il Signore? Penso all’Eucaristia, a questo pane e questo vino, il corpo e sangue di Cristo per noi. Penso alla comunità dei credenti. Penso ai gesti di carità. Penso alla missione che potremmo vivere già noi e che vediamo in tanti uomini e donne che ai confini del mondo e a volte ai confini della vita testimoniano la fede. Ecco dove possiamo incontrare il Signore, fare un’esperienza di lui e poi a nostra volta raccontarla.
 
Penso anche ai luoghi della vita. Penso all’amore e al dolore. Penso a quegli uomini e quelle donne giovani che si meravigliano ancora del loro amore, ma penso anche a quegli uomini e donne maturi o anziani che ancora coltivano il loro amore. Lì c’è Dio. Penso all’esperienza del dolore e ne abbiamo visto una testimonianza delicatissima. Lì c’è Dio. Penso all’esperienza del bene: lì c’è Dio. E penso anche all’esperienza del male: anche lì c’è Dio, in quel male che a volte diventa il tuo tormento, ma che alla fine vedi squarciato da una presenza che non ti ha lasciato nemmeno quando appunto affondavi nel tuo male. Penso ai momenti della lotta e penso ai momenti della liberazione. Penso ai momenti della resistenza e penso ai momenti dell’abbandono. Lì c’è Dio, lì posso incontrare Dio, lì possiamo raccontare storie di Dio.
 
Non ci sono solo i luoghi della fede e i luoghi della vita, ci sono poi i volti delle persone. Gran parte di noi ha incontrato il Signore e gli ha creduto più intensamente incontrando degli uomini e delle donne veramente credenti. Lì abbiamo riconosciuto la presenza di Dio. Indimenticabili. Queste persone che a volte non assurgono alle grandi platee, ma di cui noi possiamo dire: in quella persona si è manifestata la presenza di Dio nella mia vita.
 
Cari fratelli e sorelle, leggevo una testimonianza di Papa Benedetto, proprio in relazione a questo fatto dell’esperienza di Dio, parlando della conversione di un grande scrittore francese. Egli viveva proprio come un uomo d’oggi, si permetteva tutto quello che voleva, era incatenato ai piaceri contrari a Dio, così che da un lato ne aveva bisogno per rendersi la vita sopportabile, ma dall’altro trovava insopportabile proprio la stessa vita. Cerca vie d’uscita, allaccia rapporti, va da grandi teologi ma la conversazione resta sul piano accademico. Instaura un rapporto con due grandi filosofi, non basta, ma loro gli indicano un prete. Lui lo incontra, gli descrive questa sua vita lacerata e il prete gli dice: “E lei è d’accordo a vivere così?”. “No, no”. “Dunque vuol vivere in un modo diverso?”. “Sì”. “Ma lei è pentito?”. “Sì”, gli disse. E poi accadde qualcosa di inaspettato. Il sacerdote gli disse: “Si inginocchi. Ego te absolvo a peccatis tuis. Io ti assolvo”. Scrive questo grande scrittore: “Allora mi accorsi che infondo avevo da sempre atteso questo momento, avevo sempre atteso qualcuno che mi dicesse ‘inginocchiati, ti assolvo’. Andai a casa, non ero diventato un altro, ero finalmente ridiventato me stesso”.
 
Papa Benedetto proprio in questi giorni in un volume che è stato editato raccontava di questa conversione: un’esperienza di Dio. Cari fratelli e sorelle, che ne sa lui della nostra vita? Che ne sai tu, Signore? Pietro – e lo abbiamo proprio letto nel Vangelo di oggi – risponde, lui che ha fatto l’esperienza di Gesù: “Tu Signore conosci tutto, tu sai tutto, tu lo sai che ti amo”.
 
Stasera siamo qui a concludere questo itinerario di preghiera, siamo qui ad avvertire come l’esperienza di Dio sia decisiva per la nostra fede, a ribadire a noi stessi che è possibile questa esperienza di Dio, che è un grande dono, è un grande desiderio, è un grande incontro. Possiamo raccontare anche noi questa esperienza di Dio, possiamo anche noi dire: “Tu, Signore, conosci tutto, conosci tutto di me e tu sai anche che io ti voglio bene”.
 
Questi giovani, questa sera, stanno dicendo che l’esperienza di Dio li ha conquistati a tal punto da rispondere ad una sua chiamata, quella di mettere a disposizione tutta la loro vita perché altri uomini e altre donne possano incontrare il Signore vivente. 
(trascrizione da registrazione)