27-01-2018
Care sorelle e fratelli,
ci lasciamo ispirare dalla Parola del Signore, dal Messaggio del Papa in occasione della Giornata della Pace celebrata il 1 gennaio e anche dalla ricorrenza della Giornata della Memoria che ci riporta a drammi che non vogliamo dimenticare, non solo per le persone che sono state coinvolte, ma per quello che rappresentano interpellando oggi le nostre coscienze.
Del Messaggio del Papa vorrei in modo particolare sottolineare quella parte in cui evoca un’immagine, che è anche realtà: i muri che sembrano costellare sempre di più il nostro pianeta. È veramente impressionante come alla gioia per la caduta del muro di Berlino, diventato un simbolo, abbia poi corrisposto in questi decenni l’edificazione di una infinità di muri, costruiti appositamente per impedire passaggi e trasferimenti tra Stati e Stati, tra Nazioni e Nazioni. Dice il Papa: “I migranti, uomini e donne in cerca di pace, sono bambini, giovani, anziani, donne e uomini che cercano un luogo dove poter vivere in pace. Per trovarlo molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontano dalla meta”.
È una parola che corrisponde alla realtà, è una parola che ci interpella come quella di Gesù che abbiamo udito risuonare nel Vangelo. Egli opera liberazione, guarigione, pacificazione, eppure noi sappiamo che incontrerà incomprensione e resistenza.
Lo spirito da cui libera l’uomo – di cui ci è stato narrato nella pagina di oggi – si rivolge a Gesù con parole che a volte sembrano attraversare anche il nostro spirito, pur non essendo posseduti: “Che vuoi da noi Gesù di Nazareth? Sei venuto a rovinarci?”. A volte abbiamo l’impressione di essere noi i protagonisti di questa resistenza al Vangelo di Gesù e di essere noi che – consapevolmente o inconsapevolmente, in questa forma o in altra – ci rivolgiamo al Signore dicendo: “Cosa vuoi da me? Sei venuto a rovinarmi la vita?”.
Cari fratelli e sorelle, ispirati da queste parole che ci superano di gran lunga, vorremmo soffermarci su questo fatto di cui mi sembra che non siamo così evidentemente consapevoli, perciò benedetta quindi questa Giornata Mondiale per la Pace, benedetta questa iniziativa diocesana di 24 ore per la pace che ha visto ieri sera la veglia e poi tutta la notte di preghiera che culmina in questa Eucaristia. È come se si diffondesse sempre di più una mentalità orientata alla guerra. Non vi sembri eccessiva questa osservazione.
Secondo un certo modo di concepire la vita, a seconda di chi ci troviamo di fronte – e non penso soltanto ai migranti, penso alla vita nascente, penso alla vita morente, penso alla vita insignificante – noi attribuiamo un titolo di dignità diverso. Da cristiani non possiamo concepire la dignità umana a intermittenza.
Ci sembrerà che alcune persone onorino meglio di altre questa dignità umana, che pure è iscritta in ogni essere umano. Da cristiani dobbiamo mantenere vivo il senso della dignità di ogni persona umana, qualsiasi sia la sua condizione.
Nel momento in cui entriamo in una valutazione di merito della dignità umana per cui la attribuiamo a qualcuno e la togliamo a qualcun altro perché non ci sembra degno, noi alimentiamo una mentalità che favorisce la propensione alla guerra.
Certamente oggi le vicende del terrorismo, la paura che il terrorismo alimenta e i sentimenti che si accompagnano alla paura, vanno nella direzione di una possibilità di una guerra, anche se non la concepiremmo mai.
La costruzione di infiniti muri certamente non è al servizio della pace, la produzione impressionante di armi è al servizio della pace. Produrre armi non vuol dire fare la guerra, ma anche la persona più sprovveduta avverte che le armi si utilizzano per la violenza. C’è una produzione sempre più imponente, da quelle di difesa a quelle più devastanti, chimiche o nucleari. Di fronte alle ultime dichiarazioni di forza, sbandierate, che minacciano una guerra nucleare, rimaniamo ancora staccati, sentendole lontane.
Tutto quanto però si somma e si accompagna al rischio di considerare la pace un fatto scontato, perché la gran parte di noi è vissuta in condizioni di pace. Non si pensa più che la pace possa essere messa in discussione. Proprio questo rappresenta un pericolo per la pace.
Pensate alla violenza diffusa e gratuita in ogni forma. Siamo preoccupati di micro o grande criminalità, siamo preoccupati di violenze che attraversano le nostre città e i nostri paesi. L’abituarsi alle notizie di violenza va in direzione di una mentalità disposta alla guerra. E questo si unisce alla non considerazione di quanto la pace sia un bene prezioso e quindi quanto meriti lo sforzo di ciascuno.
Da cristiani in preghiera vorremmo ribadire davanti al Signore il nostro impegno quotidiano per la pace, nei gesti che compiamo, nei pensieri che ci attraversano, nelle parole che esprimeremo.
Oggi si parla tanto di “pancia”: parlare alla pancia, sentimenti di pancia, quasi che alla fine noi, il popolo, fossimo soltanto una pancia e non un testa e non un cuore.
D’altra parte l’appello alla pancia molto spesso diventa appello a istinti che non portano in direzione della pace, perché la pace richiede di fermarsi, di riflettere, di costruire condizioni di pace, richiede di sacrificarsi e di amare.
Care sorelle e fratelli, il Papa ha dedicato il messaggio della Giornata della Pace al grande fenomeno migratorio di cui il nostro Paese è protagonista, ma nel mondo interessa 250 milioni di persone, non solo 160.000 persone all’anno come in Italia.
A volte sentiamo usare la parola “invasione”, un termine che evoca immediatamente la guerra. Invasione è una parola da guerra e alla guerra si risponde con la guerra. Capite come, pur essendo donne e uomini di pace, perché tutti noi per mai immagineremmo di impegnarci in una guerra, tuttavia respiriamo aria inquinata di guerra e qualche volta senza rendercene conto aderiamo a questa possibilità.
Cosa fare? Noi, frequentatori dell’Eucaristia e ascoltatori del Vangelo, crediamo nella forza della preghiera, che parte da una rettitudine di cuore, dalla necessità che io per primo mi converta alla pace secondo il Vangelo.
Certamente, credo tuttavia che possiamo anche oggi avvertire dei bei segnali di pace.
Pensate alle relazioni internazionali, non solo quelle che investono politi o rappresentanti degli Stati – pur necessarie -, ma quelle che oggi fanno il tessuto delle nostre relazioni: incontriamo persone di ogni Paese nel nostro paese, anche noi ci disponiamo a viaggi di lavoro, di interesse, di turismo; pensiamo a quanti giovani si scambiano per motivi di studio al di là di ogni confine. Questo lo dobbiamo riconoscere come un segno di pace.
C’è poi la rete digitale, che a volte ci inquieta, che è il mondo del web dove ci si scambiano comunicazioni, sentimenti, informazioni da ogni angolo del pianeta in un secondo. Nel momento in cui viene utilizzata rettamente diventa possibilità di costruire reti di pace, condivisione di pace a partire dagli angoli più remoti.
Pensate a come quella passione per la giustizia e per la solidarietà – così forte anche nel nostro territorio – sia un altro modo per costruire le condizioni reali della pace, che partono da un cuore che si alimenta in questo senso e diventa capace di porre gesti concreti.
Pensate anche alla ricerca di pratiche non violente di soluzioni dei conflitti. Anche nelle nostre famiglie. Il conflitto è inevitabile. Qualche volta diventa anche molto severo e molto doloroso. Da cristiani non possiamo sottrarci al conflitto, che anche nelle nostre case si sviluppa tra marito e moglie, genitori e figli, fratelli. Possiamo però porre l’attenzione a superare i conflitti con pratiche di pace e non certamente con pratiche violente sotto ogni forma.
Cari fratelli e sorelle, il Signore ci interpella e la sua Parola è capace nello stesso tempo di rianimare il nostro spirito, di rianimare quella profonda volontà di essergli fedele che inevitabilmente diventa volontà di pace, volontà di costruire una pace reale e non solo desiderata.
Preghiamo insieme per la pace nella nostra terra, per la pace nel mondo, per la pace in ogni famiglia.
(trascrizione da registrazione)