La Pandemia del dolore e la Speranza raccoglie testi scritti, in modo particolare nel periodo compreso tra marzo-dicembre 2020, di Mons. Beschi durante quest’anno di pandemia.
Il Vescovo Francesco accompagna la sua Chiesa e la sua gente particolare, aiutandola a vivere la complessa situazione determinata dal Coronavirus alla luce del Vangelo. Se la pandemia avvicina l’uomo alle sofferenze che Cristo patisce nella Passione, la gioia della Pasqua, che si protrae per un tempo molto lungo, per oltre 50 giorni, può risultare difficile da assaporare. Di che cosa gioire? Come cantare ancora l’alleluia? – chiede il Vescovo, dando voce a domande che albergano nel cuore di un gran numero di fedeli. Ancora più difficile può essere, al termine di un anno come quello trascorso, rivolgere a Dio il consueto ringraziamento, con il canto del Te Deum. Ma «dire grazie – evidenzia Mons. Beschi – è rompere le catene dell’amarezza del dolore, le catene del risentimento cieco, le catene di un ripiegamento triste. Dire grazie è il vaccino, l’antidoto rispetto a queste catene».
Come sottolinea Marco Dell’Oro nell’introduzione al volume, alla prima ondata della pandemia ne è seguita una seconda, e forse ora stiamo vivendo la terza. Quello che non cambia sono i sentimenti con i quali ci poniamo di fronte ad essa, non cambia il modo in cui il Coronavirus va a toccare e interrogare la nostra fede, non cambia il tempo che stiamo vivendo. È trascorso un anno, ma siamo ancora chiamati a vivere la pandemia in stretta relazione con la croce di Cristo e con la Sua risurrezione.
Uno dei pregi maggiori di questi testi sta nella loro perenne validità e insieme nella loro piena adesione e consonanza al contesto storico cui fanno immediato riferimento. È chiamato in causa l’uomo del 2020, che si trova ad affrontare qualcosa che non avrebbe mai pensato di dover affrontare. È chiamato in causa l’uomo del 2021, che si augurava un anno diverso dal precedente, che si augurava la sconfitta del Covid in tempi brevi, e che invece si trova ad avere soltanto una maggiore familiarità col Covid stesso e a riporre le proprie speranze nei vaccini. È chiamato in causa l’uomo di tutti i tempi, che riconosce la sofferenza e il dolore come elementi non estranei, ma propri della vita umana.
La Pandemia del dolore e la Speranza. C’è il dolore, ma c’è anche la Speranza, quella Speranza che è la persona di Cristo Gesù, a rafforzare la vita di ogni uomo, secondo le parole del vescovo Beschi, che pure il Cardinale Scola riprende nella sua prefazione: «Noi crediamo che nella morte in croce di Gesù e nella Sua sepoltura, ogni crocifisso, ogni morto, ogni sepolto sia riscattato dall’abbandono, dall’oscurità, dal nulla».
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