Care sorelle e fratelli,
stiamo vegliando. Questa è considerata la “madre di tutte le veglie”. Tante persone vegliano di notte. Penso a coloro che lavorano di notte. Non sono poche queste persone. Penso a coloro che vegliano gli ammalati, nelle nostre case, negli ospedali, nei diversi istituti. È gente che veglia con le luci tenue accese. Penso a quei papà e a quelle mamme che vegliano sui loro figli e a volte li attendono. Penso a quei papà e a quelle mamme che proteggono i loro figli di notte quando il sibilo dei missili e delle bombe non sono certo la musica dell’alleluia. Penso a chi veglia i suoi morti. Anche noi in questa giornata vegliamo un nostro sacerdote che è morto giovane.
Noi stiamo vegliando in preghiera nella Pasqua del Signore e vorremmo che questa veglia fosse intrisa di tutti quei sentimenti per cui anche noi nella nostra vita vegliamo. Vorremmo che questa veglia diventi una luce che accompagna tutto l’anno tutte le nostre veglie.
Ci sono persone che vegliano perché soffrono di insonnia. E ci sono persone che dormono sonni disturbati e malati. Ma il sonno più malato, cari fratelli e sorelle, è il sonno della coscienza.
Anche gli Apostoli si sono addormentati, ma le donne no. Le donne vegliano e ancor prima dell’alba, pur domandosi come faranno a spostare quel pietrone sulla tomba di Gesù, vanno. E la loro coscienza non si è addormentata, perché è alimentata dal sentimento della compassione. Non è sentimento di condiscendenza: “poverino!”. La compassione è quella passione che non ha limiti perché soffre insieme della sofferenza dell’altro, vive della passione dell’altro. Questo tiene viva la coscienza. La coscienza invece si addormenta quando non ci interessa niente di nessuno.
Quando giungono al sepolcro non è più come lo avevano lasciato. La pietra è scoperchiata e la tomba è vuota. Dov’è! Immaginiamo lo sconcerto. Anche noi tante volte siamo sconcertati. Lo sconcerto diventa paura. Anche noi ci impauriamo. Poi finalmente diventa sorpresa. Io vorrei che questa sera noi potessimo raccogliere questa sorpresa.
Noi siamo raggiunti, qui questa sera, da quello stesso annuncio: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui! È risorto!”.
Care sorelle e fratelli, forse non siamo più in tanti a credere in questo. Se siamo qui questa è la ragione della nostra fondamentale e irriducibile speranza.
All’annuncio di questa Pasqua noi siamo chiamati a vegliare da cristiani nella notte del mondo, nelle notti della vita, nell’oscurità del male.
Vegliare vuol dire cercare la verità e custodire la verità della vita. A volte sembra di non sapere più cosa è la verità. Noi vegliamo e cerchiamo irriducibilmente la verità e custodiamo la verità non solo dei fatti, ma la verità della vita, quella che ci è rivelata dal Signore crocifisso e risorto.
Vegliamo alimentando le ragioni della speranza. Le ragioni della speranza le alimentiamo comunicandoceli gli uni gli alti. A volte qualcuno non ha motivi per sperare, ma il sentire persone che dentro la loro fatica testimoniano la loro speranza, questo fa riaccendere la propria.
Vegliamo lavorando onestamente. Il lavoro per noi è importante, ma vegliare è la scelta di lavorare bene, di lavorare sobriamente senza far diventare il lavoro un idolo, di lavorare onestamente, di lavorare premurosamente non solo per noi ma anche pensando al prossimo.
Vegliare significa attendere, desiderare di accogliere i doni di Dio e accogliere anche le mani e i cuori degli uomini che ci portano Dio. Vegliare vuol dire anche dare le nostre mani e il nostro cuore a chi li attende.
C’è una tradizione che avviene proprio nel Santo Sepolcro a Gerusalemme. Mi ha colpito. Durante tutta la quaresima, i cattolici nelle notti tra il sabato e la domenica vegliano in preghiera. Al culmine della celebrazione il libro dei Vangeli viene portato dentro la tomba di Gesù e posato sulla pietra che copre il ripiano su cui fu deposto il corpo di Gesù morto. Quello stesso libro viene poi riportato processionalmente, accompagnato dal canto dell’alleluia, nella cappella della prima apparizione del risorto e da quel libro si canta uno dei Vangeli pasquali, anche se si è in quaresima.
Ogni sabato, ma in modo speciale il sabato santo, noi facciamo memoria della discesa di Gesù agli inferi, del suo entrare dentro al mistero della nostra morte. E in quelle notti nel Santo Sepolcro, anche in quaresima, facciamo risuonare il canto dell’alleluia perché Gesù, il verbo di Dio fatto carne, ha vinto la morte, la sua e la nostra e ha portato la nostra carne, non più mortale ma ripiena di Spirito Santo a vivere in Dio.
Mi ha colpito questa tradizione per cui si canta l’alleluia anche in quaresima lì dove Gesù è risorto. Questo ci fa ricordare in modo particolare questa sera la martoriata Terra Santa.
Cari fratelli e sorelle, alla luce del Cristo risorto, anche nelle notti e nelle quaresime della nostra vita e di quelle dell’umanità, chiediamo a lui la forza di cantare l’alleluia, con la bocca e soprattutto con la vita.
(trascrizione da registrazione)