Giovedì Santo – Messa Crismale

Cattedrale
17-04-2025

Cari fratelli vescovi, presbiteri, diaconi, seminaristi, consacrati e consacrate, ragazze e ragazzi che riceverete il dono dello Spirito Santo nel Sacramento della Cresima, care sorelle e fratelli tutti e anche voi che condividete la preghiera attraverso la televisione: benvenuti!

La Settimana Santa non è una successione di giorni, ma un itinerario della fede che giunge al culmine nella celebrazione della Veglia pasquale, cuore della vita della Chiesa e di ogni cristiano. Accogliamo come segno di unità, la felice coincidenza, per ora offerta dal calendario, della concomitante celebrazione della Pasqua di tutti i cristiani, ortodossi, protestanti, anglicani e anche con la celebrazione della Pasqua ebraica.

Questa mattina celebriamo la Messa crismale, consacrando i Santi Olii per i Sacramenti del Battesimo, Cresima, Ordine, Unzione dei Malati, affidati dal Signore alle mani e alla missione di vescovi, presbiteri e diaconi, insieme all’Eucaristia, al Sacramento della Riconciliazione e a quello del Matrimonio. Proprio per questo, noi consacrati dal Signore per il servizio del Popolo di Dio, ci ritroviamo e rinnoviamo le promesse fatte nel giorno della nostra Ordinazione.

Ricordiamo con affetto i nostri confratelli ammalati e anziani e anche i defunti; coloro che esercitano il ministero in altre Chiese e al servizio della Chiesa italiana e universale; i sacerdoti fidei donum e tutti i missionari… Ci accompagniamo alla gioia di coloro che celebrano anniversari particolari sacerdoti e vescovi: con affetto a mons.Gaetano Bonicelli, che non solo ha compiuto cento anni, ma celebra il suo 50^anniversario di ordinazione episcopale. Con lui i vescovi Alessandro Pagani, Giuliano Frigeni, Giuseppe Merisi, nei loro particolari anniversari… tra questi permettete di annoverare anche me stesso. Guardiamo con fede, simpatia e speranza tutti i seminaristi e particolarmente i tre diaconi che verranno ordinati il prossimo 24 maggio. Non dimentichiamo i sacerdoti provati dalla sofferenza, dal dubbio, dalla scoramento. Manteniamo vivo e affettuoso ricordo di coloro che non esercitano più il sacerdozio ministeriale.

Già da ora propongo che la raccolta delle offerte di oggi si unisca a quelle di domani per la Terrasanta, alla quale ci sentiamo uniti in un modo del tutto speciale, come pure al suo Patriarca.

Permettetemi di condividere alcune considerazioni ispirate dalla celebrazione dell’Anno giubilare nel segno della speranza. Scrivevo nella lettera pastorale di quest’anno: Il Giubileo ci richiama alla riconciliazione con Dio, destinata a generare il frutto di una riconciliazione più ampia con tutto ciò che sentiamo altro” da noi: con le persone che ci sono prossime e con tutta lumanità, con i vicini e con i lontani, con la nostra storia personale e con le dinamiche del nostro tempo, con i rimorsi e i risentimenti del passato e con le paure del futuro, con la natura e con le cose.

Soffermiamoci sulla riconciliazione come radice e germoglio di speranza e su come il presbitero sia servitore di speranza nella misura in cui lo è della riconciliazione.

Il mondo ha bisogno di riconciliazione: è la speranza di chi soffre la divisione, ma purtroppo non di chi la provoca. Respiriamo un’atmosfera inquinata dall’odio, dalla rancorosità, dalla prevaricazione, dal sospetto, dall’indifferenza. Percepiamo un’inquietudine che rivela un’attesa di riconciliazione a partire dalla nostra stessa vita, dalle relazioni che stabiliamo, dal lavoro che svolgiamo e dalla missione che compiamo.

La grande varietà che caratterizza il mondo contemporaneo, spesso viene sopportata, subita; alimenta paure, chiusure, insofferenze, rabbia sociale, violenza verbale, disprezzo…

E noi? Siamo noi uomini riconciliati e di riconciliazione? I servitori del Sacramento della riconciliazione sono persone riconciliate con se stesse, con Dio, con il prossimo, con i propri confratelli?

Lasciamo risuonare in noi, l’appello dell’Apostolo: “Lasciatevi riconciliare con Dio”. Lasciamoci sorprendere dal dono di Dio, frutto non solo di una sapienza, ma della Pasqua di Cristo!

Come potremo gridare l’appello di Paolo, se non l’abbiamo accolto per primi? La riconciliazione è una grande opera, ma prima di tutto è un grande dono: il dono di Dio.

E’ Lui che ci riconcilia con noi stessi e con il mondo; è Lui che ci riconcilia nella Chiesa, nel nostro presbiterio, nella nostra missione.

Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. (2Cor 5,19-20)

Alla luce del dono di Dio, vi propongo alcuni criteri perché la riconciliazione diventi speranza dell’umanità, delle nostre comunità, del nostro presbiterio. Li raccolgo attorno all’immagine dello sguardo: uno sguardo pasquale.

La limpidezza dello sguardo della memoria

Non una memoria nostalgica, non una memoria sprezzante, non una memoria paralizzante, la memoria del dono che ha generato la nostra vita e il nostro ministero. Stamane facciamo memoria di questo dono. La memoria non è un volgersi indietro, ma ricordare la strada percorsa per orientare quella da percorrere. E’ lo “specchietto retrovisore”, più che una torsione del collo o una postura nostalgica, che ci permette di considerare ciò che ci dietro, ciò che è passato, e continuare con fiducia il cammino intrapreso.

La limpidezza dello sguardo purificato dalle lacrime.

La riconciliazione esige verità e la verità della vita provata, umiliata, scardinata esige le lacrime: le lacrime della verità. Non sono le lacrime della disperazione, ma quelle del riconoscimento: il riconoscimento della dolorosa ferita della divisione, dell’incomprensione, della distanza, dell’ostilità. Le lacrime del desiderio di non accrescerle, della speranza di superarle, fondata sulla fiducia in Dio, che continuamente crea cose nuove. Piangere insieme è principio di riconciliazione.

La limpidezza dello sguardo che vede gli invisibili.

La riconciliazione esige una scelta: la scelta del debole, dell’indifeso, dell’umiliato. Esige il superamento del ripiegamento su di sé e sul proprio clan, qualsiasi sia la sua forma. Troppi innocenti sono sacrificati dalla cecità non solo dell’odio, ma dell’ingiustizia, del potere della forza, degli interessi di una parte. Si tratta di vedere il volto dell’altro inerme e devastato e non semplicemente di contare numeri o di applicare algoritimi.

La limpidezza dello sguardo che vede il futuro.

Sperare non è la virtù di chi ha paura di perdere ciò che ha conquistato: ecco perché da noi è così difficile sperare. E’ il desiderio di una trasformazione, di un meglio, di un bene, desiderio del bene. Speranza “è l’impegno a vivere non soltanto nel realismo di ciò che è possibile ora, ma nella possibilità dei sogni attinti da un futuro ancora da vedere”.

La limpidezza dello sguardo che vede Dio.

Il dono della comunione di Dio, in Cristo crocifisso e risorto è la grazia della riconciliazione possibile; una riconciliazione che crea una comunione che diventa comunità fraterna, capace di memoria generativa, di speranza pervasiva, di ospitalità rassicurante.

La riconciliazione appartiene alla creazione nuova, già oggi

Abbiamo bisogno di riconciliazione, il mondo ha bisogno di riconciliazione, non possiamo sottrarci al compito di essere servitori di riconciliazione!

Servitori del dono della riconciliazione nel sacramento del perdono. C’è un immenso bisogno del perdono di Dio: la paura, l’incertezza, la sfiducia, l’ostilità, l’indifferenza, il male urlano il bisogno di perdono, del perdono di Dio. Non abbiamo paura di annunciare il perdono di Dio per il mondo e l’uomo contemporaneo. Il perdono di Dio è il dono più grande per chi lo spera, per chi ne dispera, ma soprattutto per chi l’ha dimenticato o rifiutato.

Servitori del dono della riconciliazione nell’umile servizio al bene altrui, fatto di ascolto, consolazione evangelica, persuasione della speranza, possibilità di relazioni autentiche.

Servitori del dono della riconciliazione, curvi come un ponte che consente il passaggio dalla sponda dell’amarezza a quella della tenerezza, dalla sponda dell’incomprensione a quella della comprensione, dalla sponda dell’organizzazione a quella della relazione. Servo del dono di Dio è colui che perde sé stesso per unire le parti, dà la vita, sé stesso. Il prezzo è questo: la propria vita, il proprio lavoro, la propria stanchezza…

La pace non è frutto della vittoria, ma della riconciliazione, non è solo la fine di una guerra, ma l’inizio di una nuova creazione: questa è la missione che il Signore ci ha affidato, questo è il dono, questa la grazia, questa la nostra gioia.

Un compito impari al quale ci disponiamo per opera dello Spirito Santo. La nostra promessa è impegno, ma prima di tutto accoglienza del Suo dono.

Un segno di riconciliazione, di pace e di speranza

Le Manifestazioni giubilari della Speranza