Care sorelle e fratelli,
Benvenuti a questa Eucaristia notturna, ben ritrovati a questa celebrazione del Natale che avviene nel cuore della notte, quella notte illuminata dalla luce e dal canto degli angeli ce hanno portato l’annuncio della nascita di Gesù ai pastori.
Siete venuti dalle vostre case, siete saliti nella Città Alta, siete entrati nella Chiesa Cattedrale. Quanti gesti avete compiuto questa notte. Dio viene per voi. Si manifesta a voi, a voi tutti. Dio si affida a ciascuno di voi. Il gesto compiuto mentre cantavamo il gloria voleva rappresentare proprio questo messaggio: Dio si consegna a noi. Non solo alle mani del Vescovo, ma alle mani di ciascuno di voi.
Siete venuti nella notte, quasi a dire che non ci rassegniamo alla notte. Non ci rassegniamo alla notte della paura, non ci rassegniamo alla notte dell’impotenza, non ci rassegniamo alla notte dell’insicurezza, perché la notte è illuminata. E non solo questa notte.
La notte è illuminata dalla nascita di Dio, dal canto degli angeli, ma anche dal cuore dei pastori. Queste sono le stelle di Natale.
Siete venuti stanotte con la speranza di ritrovare Gesù. Di ritrovarlo nel presepe, nella mangiatoia. Di ritrovarlo nei gesti e nelle parole di questo rito santo. Siete venuti, sono certo, con la speranza di ritrovare Gesù nel vostro cuore. E lo troverete, perché il vero presepe è il vostro cuore. È lì la mangiatoia in cui Dio depone il suo figlio, ancora una volta, stanotte.
Il presepe, che San Francesco ci ha consegnato e che noi di anno in anno rappresentiamo, è capace di consegnarci le cose essenziali della vita.
C’è un bambino. È l’immagine di Dio. È questo bambino, il Dio che bussa al nostro cuore. È questo Dio che possiamo accogliere nella mangiatoia del nostro cuore. È un Dio inerme come un bambino. Non è il Dio potente e tanto meno il Dio tiranno. Non c’è un Dio tiranno che possa giustificare le tirannie di questo mondo. C’è un Dio bambino che ascolta e che impara la lingua degli uomini ascoltando le loro voci. Il Signore ha una parola per noi, perché come un figlio ci ascolta e impara da noi le nostre parole.
C’è una famiglia. Una famiglia per Dio. Noi abbiamo bisogno di una famiglia. Dio ha bisogno di una famiglia. È un Dio fratello e figlio che ci rivela la paternità e maternità di Dio e così ci insegna ad amare.
C’è tutto il creato. Ci sono gli animali che circondano la grotta con i pastori. Ci sono il cielo e la natura che danzano. Non c’è nel presepe soltanto l’immagine di Dio, non c’è soltanto la famiglia per Dio, ma c’è anche una casa per Dio. È un Dio che si fa ospitare in quella casa che ha costruito lui. Così ci insegna, care sorelle e fratelli, ad essere ospitali per Dio e per gli uomini.
Il primo presepe, quello rappresentato da San Francesco a Greccio, era un presepe vivente e tante volte questa tradizione è stata ripresa. “Presepe vivente” vuol dire che ogni uomo, ogni donna, è il presepe in cui Dio nasce. Il presepe siamo noi. È dentro di noi che Dio nasce. È dentro gesti che sono rivestiti di speranza e di ombra. Dio nasce dentro le nostre parole, dentro il sorriso ed il pianto, dentro il dono e l’attesa, dentro il calore della casa e il freddo della solitudine, dentro la luce e il buio. È dentro di noi che Dio nasce.
Care sorelle e fratelli, vorrei che giungesse a tutti il mio augurio: celebriamo il Natale! cantiamo nelle nostre chiese illuminate di luce gentile, come fratelli e sorelle, insieme ai fratelli e alle sorelle che cantano nei sotterranei delle metropolitane, nei rifugi, nelle prigioni, nelle solitudini e nelle angosce. Noi non disperiamo. E ancora una volta intoniamo il canto degli angeli e dei pastori: gloria a Dio e pace agli uomini. Noi non disperiamo degli uomini, perché non disperiamo di Dio.
(trascrizione da registrazione)