25-12-2018
Care sorelle e fratelli,
viviamo la celebrazione dei vespri in questa conclusione della solennità del santo Natale di Gesù. In questo giorno noi abbiamo fatto memoria della sua nascita, abbiamo ricordato un evento che progressivamente si allontana nel tempo. La memoria e il ricordo, personale e comunitario, mantengono un profondo rapporto tra questo evento e la nostra vita. Oggi siamo particolarmente sensibili al tema dell’identità: evochiamo con frequenza le nostre radici e le nostre tradizioni. La memoria si nutre e nello stesso nutre questo.
Ogni radice, però, è destinata a portare frutto. Una radice senza frutto rivela la sua inutilità e sterilità. Le radici sono per i frutti e le tradizioni sono per le trasformazioni. Se il ricordo del Natale del Signore non alimenta una continua trasformazione della nostra vita, alla luce del mistero che custodiamo nella memoria, allora anche la tradizione si rivela una operazione puramente umana e la fede si indebolisce e insterilisce.
Care sorelle e fratelli, noi ricordiamo il Natale del Signore per aprire sempre di più la nostra esistenza alla trasformazione secondo il Vangelo di quel Signore di cui ricordiamo il Natale.
La festa del Natale è anche una festa che ispira i sentimenti più ricchi. È capace di una ispirazione che sorpassa i confini della comunità cristiana. Il mondo intero celebra il Natale e vi sono alcuni sentimenti che sembrano accumunare le speranze di ogni persona umana, a qualsiasi continente o religione appartenga.
In questi giorni in modo speciale noi avvertiamo l’importanza dei legami familiari. È un legame che sentiamo profondamente e spesso soffriamo perché questi legami non corrispondono alle nostre attese più profonde.
In questi giorni in modo particolare gli uomini avvertono come la pace sia un dono prezioso. Lo è ancor più tanto più appare fragile, precaria, smentita da un numero impressionante di guerre che costellano il nostro pianeta.
In questi giorni il clima del Natale ci fa avvertire una capacità anche di ispirare sentimenti di bontà. Abbiamo qualche sospetto su questi sentimenti, tanto da coniare una parola nuova per descriverlo: “il buonismo”. Comunque la bontà è un sentimento che onora la persona umana. Il fatto che in questi giorni, in diversi modi, noi siamo ispirati da questo sentimento, lo vogliamo riconoscere come positivo, allorché non sia circoscritto a questo periodo, ma diventi un motivo ispiratore dei nostri gesti personali e anche del nostro modo di porci nell’edificazione della società.
Finalmente, la celebrazione del Natale è una grazia, cioè un dono. Abbiamo preparato le nostre case, le nostre vie, le nostre piazze. Ci siamo scambiati i doni, ma non vogliamo dimenticare il grande dono di Dio, il grande dono che è Dio. Noi lo chiamiamo “grazia”.
Care sorelle e fratelli, nella nostra società – ancor più che nelle società che ci hanno preceduto – il calcolo è diventato importantissimo e dobbiamo riconoscere che è necessario saper calcolare bene le cose. Molta della nostra vita dipende da calcoli adeguati e precisi. Questo ci riporta pure ad una consapevolezza: il fatto che esistano persone che sappiano far bene il proprio mestiere alimenta la nostra sicurezza e la nostra speranza. Ma il calcolo e la competenza non bastano. Ciò che ci salva è il dono.
Celebrando il Natale noi celebriamo il gran dono di Dio. I doni che ci scambiamo in questi giorni tra di noi vogliono essere un piccolo segno di questo grande dono di Dio.
Per la costruzione di una società ordinata è necessaria la giustizia: il suo esercizio e la sua pratica. Tutti desideriamo giustizia, ma non illudiamoci: non garantisce la salvezza. La giustizia è necessaria, ma non è sufficiente. È la gratuità del dono, quella gratuità che sperimentiamo nei rapporti più generosi, cominciando – ci auguriamo – da quelli familiari, per giungere poi a comunitari e a quelli che vorremmo vedere testimoniati dai cristiani in ogni ambito. Noi abbiamo bisogno della gratuità del dono.
Per una società ordinata, giusta e pacifica è necessaria anche l’organizzazione. Le nostre organizzazioni sono sempre più elaborate. Anche l’organizzazione della solidarietà è diventata particolarmente raffinata. Abbiamo forme diverse per organizzare la risposta ai bisogni e manifestare la solidarietà verso i più piccoli, i più poveri, i più deboli, i più abbandonati. Ma anche l’organizzazione non basta a salvarci, occorre il coinvolgimento personale, occorre il nostro cuore che muove i gesti. Il Signore Dio non ci ha salvato con una grande organizzazione, ma dando se stesso, venendo in mezzo a noi, facendosi uomo come noi.
Al tramonto di questo giorno solenne, accogliamo ancora il dono del Natale che è capace di trasformare, ispirare e salvare la nostra vita.
(trascrizione da registrazione)