Commemorazione dei Vescovi defunti – Cattedrale

04-11-2017
Care sorelle e fratelli,

 
abbiamo ascoltato parole di grande intensità, cominciando dal profeta Malachia che si fa portavoce di un monito nei confronti dei sacerdoti del tempio di allora. Vorrei raccoglierne l’espressione che raggiunge tutti noi, cominciando da coloro che sono i ministri dell’altare: “Dice il Signore: ascoltate la mia voce e date gloria al mio nome”.
 
Il monito del profeta fa da premessa alla severa denuncia di Gesù nei confronti degli scribi e dei farisei, che si apre con una immagine che mi coinvolge in maniera forte: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei”. La sedia su cui si siede il Vescovo si chiama appunto cattedra e da questo il nome cattedrale. Quindi interpella direttamente me, poi tutti noi sacerdoti e finalmente tutti.
 
La denuncia di Gesù è molto netta: “fate quello che dicono, non fate quello che fanno”. Perché scribi e farisei dicono e non fanno. Non portano i fardelli che impongono agli altri. Esibiscono se stessi nelle buone opere che compiono. Si compiacciono di titoli e di riconoscimenti.
 
Siamo chiamati ad una revisione seria della autenticità della fede che diciamo di professare.
 
Infine abbiamo sentito parole di tutt’altro tenore nella testimonianza che l’Apostolo Paolo consegna ai cristiani dell’antica Salonicco. Parla di come deve essere il ministro del Vangelo, di come deve essere il prete e il vescovo. Ed è sotto questa luce che io vorrei ricordare i nostri Vescovi, che mi hanno preceduto, che hanno garantito questa continuità della Chiesa perché nei secoli fosse sempre la Chiesa di Gesù.
 
Parla l’Apostolo di una amorevolezza nel prendersi cura delle persone che sono affidate come se fossero figli. Anzi adotta una immagine grandiosa e tenerissima, non quella del padre, ma quella della madre, parlando di sé e quindi degli Apostoli e dei loro successori, i Vescovi, e quindi anche dei presbiteri. “Siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre che ha cura dei propri figli”. Ecco il Vescovo che vorremmo, il prete che vorremmo. Ecco l’immagine che ci consegna il grande Apostolo Paolo quasi a contrastare la denuncia che Gesù fa dei falsi apostoli.
 
Così vogliamo ricordare, riportare al cuore, i Vescovi che abbiamo conosciuto e quelli che hanno segnato la storia della nostra Chiesa, come madri che si prendono cura dei propri figli. La cura dei propri figli da parte di una madre e di un padre è una cura fatta di molti aspetti, è una cura che cerca di abbracciare l’insieme della vita, delle attese e delle speranze dei propri figli. Credo che nel momento in cui volessimo ricordare i nomi dei Vescovi che hanno segnato la storia, soprattutto quella più recente, quelli che visiteremo perché sono sepolti nella cripta di questa cattedrale, noi potremmo ritrovare i tratti di questa cura amorevole dei propri figli. Ognuno con una caratteristica particolare.
 
San Paolo ricorda anche la dimensione dell’affetto, perché ogni relazione non è puramente organizzativa. A volte succede che anche la nostra Chiesa rischia di prendere la forma di una grande organizzazione. Paolo invece sottolinea che le relazioni all’interno della Chiesa e soprattutto la relazione dell’Apostolo nei confronti di coloro che formano la Chiesa devono essere cariche di affetto. Dice: “Così affezionati a voi”. Se non c’è affetto tutto diventa freddo e diventa organizzazione. “Così affezionati a voi avremmo desiderato trasmettervi non solo il Vangelo di Dio – perché questo è il compito dell’Apostolo – ma la nostra stessa vita”.
 
Così vogliamo ricordare i nostri Vescovi, come coloro che ci hanno trasmesso il Vangelo non solo con le parole ma dedicando la loro stessa vita. Credo che veramente per un prete e per un vescovo il ministero non possa essere che così, con una dedicazione totale non solo al lavoro da svolgere ma alle persone che ci sono affidate, perché la comunicazione del Vangelo avviene proprio così. Noi rimaniamo ammirati da Papa Francesco che usa proprio queste modalità: usa parole molto simili per indicare gli atteggiamenti che i pastori devono avere nei confronti di coloro che sono loro affidati. Noi ricordiamo i nostri Vescovi, con il loro carattere e le loro personalità. Alcuni li avete conosciuti direttamente. Siamo chiamati a riconoscere anche attraverso la distanza del tempo, l’affetto che ci hanno manifestato. Un affetto che costruisce la Chiesa, un affetto che si manifesta non solo nell’annuncio del Vangelo ma nella dedicazione della vita. Il fatto che siano sepolti qui dice proprio che a questa Chiesa di uomini e di donne hanno dedicato la loro vita.
 
Un ultimo tratto che l’Apostolo richiama, in contrasto con quello degli scribi e dei farisei che Gesù denuncia, è il tratto della gratuità, che è un tratto proprio dell’amore. La gratuità è il dono non in vista di un risultato, non in vista di una restituzione. Un dono solo per amore. Paolo dice: “Abbiamo lavorato duramente per non essere di peso ad alcuno di voi”. Il contrario di quanto Gesù rimprovera: “Voi caricate dei pesi sulle spalle delle persone che non siete disposti a spostare nemmeno con un dito”. La gratuità è di chi porta i pesi e non li carica sulle spalle degli altri. Questo è il pastore.
 
Cari fratelli e sorelle, la parola del Signore ci ha permesso di illuminare il ricordo e la preghiera riconoscente che noi innalziamo a lui per tutti i nostri Vescovi. Che questo ricordo e questa preghiera rinfranchino anche noi nel renderci disponibili poi a seguire la traccia che loro hanno segnato. Come dice l’Apostolo Paolo: accogliendo la loro parola, il loro magistero, la loro testimonianza, non come parola di uomini, ma quale è veramente come parola di Dio che opera nei credenti.
(trascrizione da registrazione)