Commemorazione di tutti i Defunti – Cattedrale

02-11-2017
Care sorelle e fratelli,
 
questa sera ci troviamo per pregare per tutti i defunti. Il senso di questa giornata è connotato da questa universalità della preghiera per i defunti. Molti di noi hanno presente quotidianamente i loro cari che sono morti, nel ricordo e nella preghiera. La comunità cristiana in ogni angolo del mondo dedica questa giornata alla preghiera per tutti. Nel nostro cuore vengono al primo posto i nostri cari, ma quest’oggi non vogliamo concentrarci soltanto su di loro, ma quasi accompagnati da loro vogliamo abbracciare tutti i defunti e in modo speciale – se è possibile una sottolineatura – coloro per i quali nessuno prega.
 
È proprio questo fatto di pregare per i morti che ci riporta ad alcune considerazioni che non dovrebbero essere scontate.
 
Se noi preghiamo per i morti, vuol dire che i morti non sono morti. Nel senso che se la vita di coloro che muoiono si estinguesse nel nulla, evidentemente il senso della nostra preghiera verrebbe del tutto svuotato. Non viene svuotato il ricordo, non viene svuotato l’affetto con il quale li pensiamo, non viene svuotata la riconoscenza, non vengono svuotati nemmeno alcuni rimpianti. Certamente invece verrebbe svuotata la preghiera.
 
Se i morti sono estinti nel nulla, è del tutto insensato quello che stiamo facendo. Il fatto che noi siamo persone ragionevoli, oltre che credenti, che dedicano del tempo alla preghiera per i morti, significa che riteniamo che i morti non siano morti.
 
La seconda considerazione è che i morti hanno bisogno della nostra preghiera. Non è un gesto che compiamo perché non abbiamo altro da fare. L’esperienza della fede, l’esperienza della comunità alimenta in noi la convinzione che noi possiamo fare ancora qualcosa per coloro per i quali ci potrebbe sembrare che non c’è più nulla da fare. Possiamo pregare.
 
Tutto questo ci appartiene e ci fa ancora una volta più consapevoli che la morte non è semplicemente la conclusione di questa vita.
 
Molto spesso e in maniera molto diffusa oggi la morte viene considerata in questi termini: è la conclusione della vita. È la parola fine. Da persone adulte e mature, quindi, dobbiamo semplicemente prendere atto di questo fatto. In realtà tutti noi siamo portatori di una esperienza umana che ci fa dire che la morte non è semplicemente la conclusione della vita. La morte è anche un autentico dramma.
 
Per molti, forse anche tra noi, la morte di una persona cara è stata drammatica. Certamente è dolore, ma alcune volte il dolore assume i tratti del dramma. La visita di quest’oggi di Papa Francesco ai cimiteri dei morti in guerra ci rende consapevoli della dimensione drammatica della morte.
 
La morte non è semplicemente la conclusione della vita, ma è anche la lacerazione di rapporti che per noi sono quelli decisivi, quelli che ci hanno fatto vivere, quelli che hanno illuminato la nostra stessa esistenza. Pensare che la morte sia semplicemente la conclusione di questo lampo che è l’esistenza, significa far torto alla densità umana di quello che avviene quando una persona muore.
 
La morte a volte porta con sé anche i tratti dell’ingiustizia. Molte persone – penso in modo particolare quando si vede morire una persona molto giovane – ritengono che la morte e chi ne tiene il potere sia del tutto ingiusto.
 
Ho ricordato tutto questo per dire che la preghiera per i morti evoca una esigenza che ha a che fare con la lotta nei confronti del potere distruttivo del male e della sua radice che è il peccato. Questo sembra manifestarsi nella sua rappresentazione più potente appunto nella morte.
 
Questo potere distruttivo del male e del peccato, di fronte alla morte suscita un interrogativo che da sempre attraversa l’esistenza degli uomini: ma vale la pena essere giusti? vale la pena essere onesti? vale la pena essere buoni? Se poi il destino di tutti è comunque questo, vale la pena? il destino del giusto, dell’onesto, del buono, è lo stesso di quello dell’ingiusto, del disonesto e del perverso?
 
Noi preghiamo per i morti perché crediamo nell’amore misericordioso di Dio in Gesù. Proprio dove la morte sembra sancire il suo potere distruttivo, noi vogliamo affermare la forza dell’amore misericordioso di Dio. È in lui che sta il riscatto dal potere della morte, non in una pretesa indifferenza del bene e del male.
 
Noi cristiani testimoniamo questo: non una assoluzione o amnistia generale, ma piuttosto una potenza misericordiosa che è più forte del potere del male, del peccato, della morte.
 
Noi che siamo dei pellegrini credenti preghiamo per i morti e così partecipiamo all’amore misericordioso di Dio, perché i nostri cari e tutti i morti siano riscattati dal potere del male, del peccato e dalla morte.
 
Il Signore non ci abbandona e non ci abbandonerà a questi poteri.
 
Uniti al Signore anche noi non abbandoniamo i nostri cari e tutti coloro che sono stati abbandonati.
(trascrizione da registrazione)