Veglia di Pentecoste – Cammino da Valverde a Valtesse

03-06-2017
Care sorelle e fratelli,
 
il cammino condiviso, insieme alle testimonianze che abbiamo ascoltato e alla semplicità dello stare insieme, è stata una via attraverso la quale l’invocazione per il dono dello Spirito in noi, nella Chiesa e nel mondo ha potuto riappartenerci. Desidero condividere con voi alcune considerazioni che si uniscono alle testimonianze e alla preghiera.
 
Nella Scrittura noi ritroviamo questa impressionante presenza dello Spirito di Dio. Una presenza che si dispiega già nella creazione. Qualche volta dovremmo lasciarci affascinare dall’universo e apprezzare come la scienza non possa misurare l’immensità. Su questa immensità sta lo Spirito di Dio. Non possiamo dimenticare che questo non è qualcosa che è avvenuto miliardi di anni fa, ma sta avvenendo. Il Salmo dice: “Mandi il tuo Spirito e rinnovi la faccia della terra”.
 
È impressionante la presenza dello Spirito di Dio così come ci è testimoniata dalla Scrittura quando la vediamo dispiegarsi nelle tante vicende del popolo di Israele. Mi colpisce sempre come un libro non tra i più frequentati, il Libro dei Giudici, scandisca l’opera di questi uomini, contraddittori eppure mandati da Dio, mostrandola non come opera delle loro qualità o abilità, ma per lo Spirito che il Signore effonde su di loro.
 
Come dimenticare i Profeti la cui parola e la cui testimonianza è tutta frutto dello Spirito.
 
Come dimenticare Gesù la cui missione è opera dello Spirito Santo, così come la Chiesa nella sua nascita e nella sua esistenza lungo i secoli.
 
Ho voluto ricordare sommariamente queste manifestazioni dello Spirito per farvi osservare una cosa altrettanto sorprendente che definirei – scusate l’espressione – la ritirata dello Spirito.
 
Sembra che progressivamente lo Spirito si ritiri. Certamente non possiamo più noi narrare quei prodigi, quei segni, quelle manifestazioni che ho evocato in pochissimi tratti. È stato detto più volte in questi decenni che lo Spirito è il grande dimenticato. È vero, sono scomparse le manifestazioni vistose dello Spirito come nelle testimonianze sulla Pentecoste, che oggi non vediamo più così evidenti e imponenti.
 
Nello stesso tempo siamo convinti della presenza dello Spirito e della sua azione non solo perché crediamo, non solo perché non vogliamo dimenticare degli eventi del passato assolutamente visibili. Ma proprio noi, cari fratelli e sorelle che abbiamo camminato insieme questa sera, potremmo dimenticare l’evento del Concilio? Una Pentecoste rinnovata. Non possiamo dimenticare quelli che lo hanno vissuto e quelli che lo hanno accolto. Lo Spirito è stato il vero protagonista del Concilio Ecumenico Vaticano II. Faremmo un torto enorme a noi stessi, alla Chiesa, alla nostra missione se dovessimo dimenticare, ignorare o addirittura sottovalutare o disprezzare il Concilio.
 
Non possiamo dimenticare la storia di santità. Giovanni Paolo II con un numero quasi incalcolabile di beatificazioni e canonizzazioni ci ha consegnato in maniera evidentissima questo messaggio: lo Spirito continua ad agire nel cuore degli uomini e il frutto lo possiamo vedere nella testimonianza dei Santi, che non sono più soltanto i grandi eroi del passato, ma sono persone che hanno vissuto accanto a noi lo spirito di santità.
 
Come non riconoscere la ricchezza dei carismi che ha percorso tutta la storia, ma non si è certamente esaurita in questi decenni. Penso ai carismi per hanno portato tante persone a consacrare tutta la loro esistenza a Dio, fino ai carismi che hanno visto un’accoglienza particolare da parte di quel popolo di battezzati laici che sono i veri destinatari dell’opera di Dio, presso i quali i ministri (presbiteri e diaconi, vescovi e papi) sono i servi.
 
È impensabile vivere da cristiani senza lo Spirito. Ogni volta che viviamo dimenticandolo, inevitabilmente entriamo in terre aride, assumiamo tratti duri, cadiamo nel pessimismo, diventiamo ciechi.
 
Tutto questo, in questa vigilia di Pentecoste, lo stiamo vivendo nel giorno anniversario (54mo) della morte di Papa Giovanni XXIII. Di lui dirà Papa Francesco: “Veramente fu un uomo totalmente docile allo Spirito Santo”. È lui che attende e desidera una rinnovata Pentecoste per la Chiesa, è lui che apre all’esperienza del Concilio, è lui che inaugura uno stile nuovo nel vivere il rapporto con tutti gli uomini.
 
Pensate nel 1944, in una stupenda omelia in occasione del giorno di Pentecoste, diceva: “Noi amiamo distinguerci da chi non professa la nostra fede: fratelli ortodossi, protestanti, israeliti, musulmani, credenti o non credenti di altre religioni; chiese nostre, forme di culto tradizionali e liturgiche nostre. (…) Pare logico che ciascuno si occupi di sé, della sua tradizione familiare o nazionale – della sua parrocchia, del suo movimento, della sua associazione, del suo istituto – tenendosi serrato entro il cerchio limitato della propria consorteria. (…) Miei cari fratelli e figlioli, – e lo dice mons. Roncalli nel 1944 a Istanbul – io debbo dirvi che nella luce del Vangelo e del principio cattolico, questa è una logica falsa. Gesù è venuto per abbattere queste barriere; egli è morto per proclamare la fraternità universale; il punto centrale del suo insegnamento è la carità, cioè l’amore che lega tutti gli uomini a lui come primo dei fratelli, e che lega lui con noi al Padre”.
 
La Pentecoste è l’apertura universale del cuore dei discepoli di Cristo.
 
Ancora Papa Giovanni ci consegna un’altra osservazione pertinente a questo desiderio di Pentecoste che ci ha riunito questa sera: “La Chiesa, continuando a rendere testimonianza a Gesù Cristo, non vuol togliere nulla all’uomo; non gli nega il possesso delle sue conquiste e il merito degli sforzi compiuti. Ma vuol aiutarlo a ritrovarsi, a riconoscersi; a raggiungere quella pienezza di conoscenze e di convinzioni, che è stata in ogni tempo anelito degli uomini saggi, anche al di fuori della divina rivelazione. In questo immenso spazio di attività che le si apre dinanzi, la Chiesa abbraccia con materna sollecitudine ogni uomo, e lo vuol persuadere ad accogliere il divino messaggio cristiano, che dà sicuro orientamento alla vita individuale e sociale”.
 
Cari fratelli, vi consegno degli esercizi spirituali, alcuni dei quali già abbiamo fatto stasera. Per esercizi spirituali intendo esercizi che assecondano in noi lo Spirito Santo.
 
Il primo esercizio è quello della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio, via e porta dello Spirito Santo.
 
Il secondo esercizio è quello del discernimento dei diversi doni dello Spirito Santo in ciascuno di noi, nei nostri fratelli, nelle diverse realtà nelle quali noi ci ritroviamo, nell’esperienza spirituale, missionaria, testimoniale. Un discernimento fatto non una volta per tutte, ma continuo, che ci porti a gustare la possibilità e la bellezza di una edificazione comune attraverso la ricerca di ciò che ci unisce.
 
Vi è un terzo esercizio spirituale rappresentato dalla finezza necessaria. Dicevo che sembra che lo Spirito si ritiri, allora occorre un’attenzione particolare. Se a Pentecoste lo Spirito si manifesta come un vento impetuoso, invece spesso e soprattutto oggi lo Spirito si manifesta come un soffio leggero. Non possiamo permetterci di essere grossolani con lo Spirito: occorre un’attenzione delicata, una finezza spirituale, una premura semplice, quella che abbiamo visto in persone che probabilmente non sanno dire le parole che sto dicendo io, ma che hanno e sanno vivere questa finezza spirituale nel vedere e cogliere l’azione dello Spirito Santo.
 
Fare esercizi spirituali significa esercitarci in questa finezza, in questo sguardo e insieme nel coraggio e nella responsabilità che lo Spirito ci affida. Lo Spirito si ritira perché l’uomo contemporaneo avverte come decisiva la sua libertà. Lo Spirito Santo non è contro la nostra libertà, non è contro la nostra responsabilità. Lo Spirito Santo è l’anima della nostra libertà e della nostra responsabilità.
 
Non sottraiamoci a questi esercizi di finezza, di coraggio e di responsabilità per una testimonianza che non ci separa, ma ci unisce più profondamente alle attese e alle speranze dell’intera umanità. 
(trascrizione da registrazione)