03-06-2017
Care sorelle e fratelli,
è una coincidenza provvidenziale questa dell’anniversario della morte di Papa Giovanni XXIII nella vigilia di Pentecoste, perché attraverso di lui, attraverso la sua vita e la sua fede e la sua testimonianza, noi siamo aiutati a rinnovare la consapevolezza del dono dello Spirito Santo che abbiamo ricevuto.
Si tratta di accoglierlo, di riconoscerlo e di assecondarlo.
La presenza dello Spirito in noi e nella Chiesa è una presenza vitale.
Dobbiamo riconoscere che spesso viviamo dimenticando la presenza decisiva che è rappresentata dal dono di Dio che è il suo Spirito: l’autentica novità che Gesù ci consegna perché possiamo incominciare a vivere la vita nuova che lui ha inaugurato.
La testimonianza di Papa Giovanni ci conferma, ci incoraggia in questa direzione. Lui stesso ha condotto la sua esistenza portato, trasportato, ispirato dal dono di Dio, avvertendo l’esigenza e l’attesa di una rinnovata Pentecoste.
L’esperienza della Pentecoste è un’esperienza che non ci riguarda solo singolarmente, ma anche e soprattutto come comunità, come Chiesa. È evidente che ciascuno di noi è dispero nel mondo, ma nello stesso tempo è altrettanto evidente che non siamo cristiani da soli e che la testimonianza più significativa avviene nel momento in cui ci mostriamo insieme, arricchendo gli uni gli altri l’esperienza della fede.
È bello risentire questo scritto di Papa Giovanni al Vescovo di Bergamo, mons. Piazzi, esattamente il 23 ottobre 1958, quando Angelo Roncalli si apprestava a entrare nel Conclave che lo avrebbe eletto Papa: “È un appello quello che lancio, attraverso la voce del Vescovo, per ciò che ho di più caro nel mio cuore di buon bergamasco. Penso a tutte le immagini tanto venerate e care di Maria sparse in tutta la diocesi; penso a tutti i nostri santi patroni del cielo; ai vescovi, preti illustri e santi, religiosi e religiose di grande virtù, e la mia anima prende nuovo slancio nella speranza di una nuova Pentecoste. Possa dare alla Chiesa un rinnovamento che interessa i suoi vertici, ricostruisca l’organismo ecclesiastico e dia nuovo vigore per far trionfare nel mondo la verità, la salvezza e la pace!”.
Il grande desiderio di Papa Giovanni è il desiderio di una nuova Pentecoste e l’esperienza del Concilio certamente la dobbiamo leggere sotto questo profilo. Papa Francesco ci aiuta con queste espressioni: “Nella convocazione del Concilio san Giovanni XXIII ha dimostrato una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre ed è stato per la Chiesa un pastore, una guida-guidata, guidata dallo Spirito Santo. Questo è stato il suo grande servizio alla Chiesa; per questo a me piace pensarlo come il Papa della docilità allo Spirito Santo”.
Papa Giovanni ci introduce all’esperienza della Pentecoste attraverso la testimonianza della necessità di instaurare come desiderio e come prospettiva concreta un rapporto con tutti gli uomini senza distinzione, convinto che questo rapporto ricercato, a volte soffertamente, rappresenti nella storia un frutto della presenza e dell’azione dello Spirito Santo.
Il giorno di Pentecoste del 1944, in piena guerra, sul finire della sua missione in Oriente, Roncalli a Istanbul pronuncia una stupenda omelia che sintetizza il suo stile diplomatico e offre una delle chiavi più precise per comprendere la sua fisionomia spirituale. Eccone un brano significativo: “Noi amiamo distinguerci da chi non professa la nostra fede: fratelli ortodossi, protestanti, israeliti, musulmani, credenti di altre religioni o non credenti; abbiamo chiese nostre, forme di culto tradizionali e liturgiche nostre. (…) Pare logico che ciascuno si occupi di sé, della sua tradizione familiare o nazionale, tenendosi serrato entro il cerchio limitato della propria consorteria. (…) Miei cari fratelli e figlioli: io debbo dirvi che nella luce del Vangelo e del principio cattolico, questa è una logica falsa. Gesù è venuto per abbattere queste barriere; egli è morto per proclamare la fraternità universale; il punto centrale del suo insegnamento è la carità, cioè l’amore che lega tutti gli uomini a lui come primo dei fratelli e che lega lui con noi al Padre”.
La Chiesa quindi – come ormai sentiamo ripetere frequentemente da Papa Francesco, ma che Roncalli profeticamente anticipava – è chiamata non a costruire muri ma a gettare ponti per raggiungere il maggior numero di persone e annunciare loro il Vangelo. Lo Spirito Santo la illumina, la sorregge e la sospinge in questa direzione.
Vi è anche un secondo slancio, sostenuto dallo Spirito. Continua Roncalli: “La Chiesa, continuando a rendere testimonianza a Gesù Cristo, non vuol togliere nulla all’uomo; non gli nega il possesso delle sue conquiste e il merito degli sforzi compiuti. Ma vuole aiutarlo a ritrovarsi, a riconoscersi; a raggiungere quella pienezza di conoscenze e di convinzioni, che è stata in ogni tempo anelito degli uomini saggi, anche al di fuori della divina rivelazione. In questo immenso spazio di attività che le si apre dinanzi, la Chiesa abbraccia con materna sollecitudine ogni uomo e lo vuol persuadere ad accogliere il divino messaggio cristiano, che dà sicuro orientamento alla vita individuale e sociale”.
Cari fratelli e sorelle, queste parole ispirate alimentano un nuovo atteggiamento che comporta il superamento, anzi l’abbandono di ogni pessimismo nei confronti della storia, del mondo, della modernità, come frequentemente era risuonato nei documenti della Chiesa degli ultimi due secoli.
Papa Giovanni è convinto che un’autentica esperienza di fede sia in grado di trovare sempre linguaggi, vie, forme nuove ed efficaci per l’annuncio del Vangelo e il crescere della vita cristiana.
In questa memoria della morte del Papa Santo, rinnoviamo l’invocazione e l’apertura al dono dello Spirito, per sua intercessione; invochiamo comprensione e attuazione degli insegnamenti del Concilio; e con il suo aiuto, guidati dallo Spirito Santo coltiviamo rapporti umani nel segno dell’universalità, della pace e della speranza, come Papa Giovanni ci ha insegnato e testimoniato.
(trascrizione da registrazione)