Veglia per le Vocazioni – Gandino

05-05-2017
Uno dei modi per pregare il Signore è quello di narrare il Vangelo. Nella proposta che ci è stata fatta da questi giovani non solo noi abbiamo trovato parole che interpellano, ma abbiamo proprio pregato perché la chiamata del Signore assuma un significato sempre più decisivo nell’esistenza di ciascuno: nell’esistenza di chi è giovane perché scopra questa parola, nell’esistenza dell’adulto e dell’anziano perché la ritrovi viva come quell’acqua sorgiva di cui si parlava e soprattutto la ritrovi decisiva anche dopo tanti anni.
 
Vogliamo ringraziare di cuore per l’intensità non solo delle parole ma anche dei gesti, dei volti, dei sentimenti di questi giovani che ci hanno narrato della vocazione.
 
Mi interrogo molto spesso su come dire oggi la vocazione, perché mi sembra che per molti sia una parola senza significato. Mentre mi preparavo a questa preghiera ho pensato che una delle forme con cui entrare nell’esperienza della vocazione sia la parola “sogno”.
 
È una parola che immediatamente mi ha suscitato una domanda: che cosa sogno? Alla mia età sono ancora capace di sognare? E per persone molto più giovani di me che cosa significa sognare?
 
La domanda è chiara, ma la risposta non è scontata. Come mi appare che la parola vocazione sia per molti insignificante, così non do assolutamente per scontato che la parola sogno sia più attraente, ma perlomeno evoca qualcosa di conosciuto: i sogni che facciamo dormendo e quelli che facciamo quando siamo molto svegli.
 
I sogni che facciamo dormendo salgono alla nostra mente dalle cantine della vita: dicono essenzialmente il passato. Quel passato che quando siamo svegli fa fatica a trovare degli spazi per poter renderci consapevoli.
 
Poi ci sono i sogni da svegli. Questi in realtà hanno a che fare con quel mondo affascinante, a volte sofferto, che è il mondo dei desideri, perché quando dico sogno da sveglio sto parlando di un grande desiderio. Ogni grande desiderio ha a che fare con i sogni.
 
Se utilizziamo l’immagine del sogno per dire della vocazione, entriamo nel mondo dei desideri, dove il desiderio più grande ha proprio a che fare con la realizzazione della vita: che devo fare per avere una vita non semplicemente che non finisce, ma una vita che non si esaurisce mai. È diverso.
 
Hai un sogno? Riesci a sognare? Qual è il tuo sogno? Qual è il tuo più grande desiderio, il più profondo, quello che è capace di abbracciare tutti gli altri desideri?
 
A 40, 50, 60, 80 anni, ce l’hai ancora il desiderio, il sogno?
 
Il sogno degli svegli ha a che fare con la speranza, non solo con i desideri. Anche entrare nel territorio della speranza non è facile. Oggi abbiamo paura di sperare. Abbiamo paura di sperare perché abbiamo paura di soffrire. Ci stiamo privando per questo di tutte le grandi esperienze della vita: abbiamo paura di sperare, abbiamo paura di credere, abbiamo paura di amare, perché non si sa mai, meglio allora stare un passo indietro, meglio provare, affacciarsi, ma sempre pronti a scappare, guardandoci bene intorno per vedere dove è l’uscita di sicurezza.
 
Trovare la parola del Signore significa trovare la sorgente di una speranza che nessuna delusione può smentire.
 
Se il sogno mentre dormiamo ha a che fare con il nostro passato, il sognare da svegli ha a che fare con il futuro.
 
Vi ho consegnato tre parole non facili: desiderio, speranza, futuro. Penso però che siano parole non del tutto scacciate dai nostri cuori. Ci può essere una riserva, perché noi siamo sempre pronti alle riserve: sì, bello sognare, bello il desiderio, bella la speranza, bello il futuro, ma ti sei dimenticato che comunque da sveglio o da dormiente ad un certo punto uno vede che il sogno si dilegua. Si dilegua chiaramente quando ti svegli, ma si dilegua anche quando sei sveglio: sembra che la realtà rappresenti la morte dei sogni. Che belle parole, che bella chiesa, che bel momento, che bravi ragazzi, un po’ di sentimento e poi usciamo ma di fuori c’è sicuramente qualcuno che ci pesta i piedi, se non qualcosa d’altro e il sogno si dilegua, basta anche poco.
 
È possibile che i sogni non muoiano all’alba? Sì è possibile! È possibile se il sogno è capace di metterci in cammino.
 
Se stiamo fermi per rassicurarci ad ogni istante, se abbiamo cominciato il cammino e poi ci siamo fermati sul ciglio della strada, se abbiamo paura perché la strada ci sembra troppo impegnativa, allora il sogno si spegne.
 
Gesù non si è mai fermato, ha continuato a camminare. Anche quando l’hanno messo in un sepolcro non ci sono riusciti a fermarlo. Tutti quelli che seguono Gesù camminano. Anche quando Gesù è risorto ed è scomparso hanno continuato a camminare. È l’immagine di chi nonostante le sue stanchezze e le sue fragilità non rinuncia al cammino.
 
E camminare come? Il sogno non muore se camminiamo cantando. Non basta camminare, bisogna cantare. Non ce lo ricorda solo il grande padre della Chiesa Sant’Agostino – canta e cammina – ma è sempre così se ci pensate bene. Se uno non nelle cuffiette auricolari, ma nel cuore ha una musica, non si ferma mai.
 
Anzi, ad un certo punto scopre che nel cuore non c’è soltanto una musica, ma c’è anche il musicista. Allora sarai stanco, cadrai, uscirai dalla strada, ma ti rialzerai, ritroverai la forza e ritornerai sulla strada.
 
Prego per me perché il sogno non si spenga. Prego per tutti voi che avete riconosciuto quella musica capace di accompagnare e risuscitare la vostra vita. Prego per tutti i giovani, quelli che sono qui, quelli di questa comunità e di questa valle, quelli della nostra diocesi, perché scoprano quella Parola che poi diventa canto che alimenta un sogno e dà la forza del cammino.
(trascrizione da registrazione)