Giovedì Santo – Cena del Signore – Cattedrale

13-04-2017
Care sorelle e fratelli, noi tutti conosciamo il comandamento dell’amore. Quel comandamento che vorrebbe connotare le relazioni fra tutte le persone umane. Quel comandamento che anche i più disattenti conoscono. Ama il prossimo tuo come te stesso.
 
In questi anni è emersa una interpretazione che è diventata prevalente: ama te stesso e diventerai capace di amare il prossimo. Dunque, più ami te stesso, più amerai il prossimo. Vi è certamente una dimensione di verità in questa interpretazione: mi sembra però che l’abbiamo accentuata sempre più fino a deformarla. L’accento sulla prima parte (ama te stesso) è diventato così prevalente da farci dimenticare la seconda (ama il prossimo).
 
Vorrei in qualche modo spostare l’accento e invitarvi a riscoprire un’altra declinazione: ama il tuo prossimo e amerai veramente te stesso. Più ami il tuo prossimo, più amerai te stesso.
 
Le domande intorno a questo comandamento sono nate nel momento stesso in cui Gesù lo propone, tanto che i discepoli gli ripropongono: come amare? fino a quando e a quanto amare? chi è degno di amore?
 
Sono domande che ci riportano ad alcune osservazioni che brevemente ricordo.
 
Esistono tre grandi forme d’amore: la prima che uomini e donne sperimentano è quella della passione, poi c’è la dimensione che ci augureremmo tutti che è la forma dell’amicizia, e finalmente la forma del dono. Queste sono le tre linee dell’amore che vorremmo formassero un triangolo perfetto: passione, amicizia e dono.
 
Vi sono anche altre declinazioni dell’amore. Penso all’aiuto nel momento del bisogno: è certamente un concreto gesto d’amore. Penso al soccorso nel momento del pericolo: sappiamo quanto è atteso. Penso anche a quella forma d’amore che stasera in un modo particolare ci è consegnata dalla pagina del Vangelo e dal gesto che ripeteremo, che è quella del servizio.
 
Noi viviamo in una società che ha moltiplicato i servizi. Le nostre società – cosiddette “avanzate” – sono fortemente caratterizzate da una moltiplicazione di servizi. Senza andare molto indietro nel passato, ci rendiamo conto di quanto sia cresciuta la mole e la varietà dei servizi. Servizi che vengono sempre più interpretati e richiesti come risposta non semplicemente a dei bisogni, ma a dei diritti. Così si è sviluppato e si sta sviluppando la nostra società.
 
Mentre avviene questo avvertiamo che si moltiplicano i servizi, ma diminuisce molto la consapevolezza, la scelta, l’apprezzamento del “servizio” come stile di vita, come modo di essere, come forma dell’amore. Tanti servizi, poco servizio.
 
Il servizio gratuito che non significa semplicemente non corrisposto da denaro, ma il servizio che tu offri, anche nel momento in cui non viene riconosciuto, non viene gratificato, non viene apprezzato, non viene corrisposto.
 
Un servizio che prende forma in quel “deporre le vesti” di Gesù. Lo farò anche io tra qualche istante nel togliermi questa veste, ricordando quel gesto di Gesù che il Vangelo ci ha narrato. Il servizio non è mai supponente, ma è deponente: Gesù depone le vesti.
 
Depone quell’esigenza che tutti abbiamo di essere considerati. Depone ogni forma di potere.
 
Infine il servizio è liberante. L’immagine diventata anche artisticamente di grandissimo rilievo del servo padrone, dice di una tentazione che è presente nel servizio, una tentazione tutt’altro che rara: quella che il servo con il suo servizio si trasformi in un padrone.
 
Quello che ci indica Gesù è invece un servizio liberante, che prevede il sacrificio di sé, addirittura la propria scomparsa.
 
Care sorelle e fratelli, l’Eucaristia è il grande servizio di Dio all’uomo. Il dono di Dio prende la forma di un radicale servizio all’uomo, che io sommariamente ho descritto. L’Eucaristia dà forma, dà una forma particolarissima e del tutto necessaria a quel comandamento dell’amore del prossimo che questa sera vogliamo richiamare a noi stessi per poterlo vivere con maggiore intensità. 
(trascrizione da registrazione)