Epifania – Cattedrale

06-01-2017
Care sorelle e fratelli,
 
come ben sappiamo la parola Epifania significa manifestazione e noi in questa giornata celebriamo la manifestazione di Dio nella persona di Gesù a tutti i popoli. Nel Natale Dio si manifesta. I segni della manifestazione di Dio sono diversi e nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato sembrano confluire tutti.
 
Il primo segno della manifestazione di Dio è la creazione e l’emblema di questa manifestazione di Dio è la stella. La stella appartiene al mondo della creazione e i Magi si metteranno in cammino interpretando il linguaggio degli astri. Oggi abbiamo a disposizione delle conoscenze infinitamente superiori rispetto al tempo di Gesù, anche per quanto riguarda la creazione. Questa conoscenza – che non si è ancora esaurita – credo che non ci debba togliere ma piuttosto debba alimentare la meraviglia. La conoscenza non diventa un motivo per guardare con indifferenza o semplicemente misurando le cose. La conoscenza dell’universo e i misteri che via via ci rivela, alimentano una meraviglia che è proprio una delle vie attraverso le quali Dio può raggiungere ogni persona umana.
 
Vi è poi una seconda via lungo la quale Dio si manifesta agli uomini e la ritroviamo nel Vangelo quando i Magi giunti a Gerusalemme chiedono informazioni su questo Re di cui hanno visto apparire la stella, e Erode chiede ai sapienti di dare una risposta e questi ricorrono alla Sacra Scrittura, dove si legge che il Re nascerà a Betlemme. Noi sappiamo quale importanza ha per la fede di un credente la Scrittura, la Bibbia, la Parola di Dio. Dio si manifesta nella sua Parola: un dono prezioso per i credenti. Noi possiamo entrare in relazione con Dio ascoltando la sua parola e nella sua parola possiamo riconoscerlo. La sua Parola alimenta questa relazione con lui che appunto prende la forma della nostra fede.
 
Infine, la più grande rivelazione di Dio l’abbiamo in questa Parola che diventa un uomo: Gesù. In questi giorni abbiamo celebrato la nascita, l’ingresso, la rivelazione di Dio nella persona di Gesù che diventa veramente uomo, nascendo dal grembo di una donna, piccolo e fragile come ogni bambino neonato.
 
Se è vero che Dio si rivela nella creazione, che Dio si rivela nella sua Parola, noi cristiani concentriamo in modo speciale la nostra fede attorno alla rivelazione di Dio che si manifesta nella persona di Gesù.
 
Innanzitutto si manifesta come un uomo. Veramente uomo. Già questo è sconvolgente al punto tale che espone molti all’incredulità. Io credo che la persona di Gesù non sia sconosciuta a gran parte degli uomini e delle donne di tanti paesi del mondo, anche se c’è ancora molta parte dell’umanità che non lo conosce ancora. La vera provocazione di questa storia è il fatto che in quell’uomo noi riconosciamo Dio, la presenza di Dio, la sua rivelazione, la sua manifestazione.
 
L’Apostolo Paolo dirà: per i greci cioè per gli intellettuali e sapienti questa è una follia, è un mito, perché se fosse vero è una cosa da pazzi; per gli ebrei cioè per coloro che hanno attinto da quella rivelazione che passa attraverso i profeti è uno scandalo: come può essere che Dio, l’Assoluto, colui che supera ogni immaginazione possa essere veramente uomo, così come lo riconosciamo addirittura in un bimbo.
 
Se per i greci è follia e per gli ebrei è scandalo, per noi rischia di diventare abitudine.
 
Il fatto che noi celebriamo con grande intensità la sua nascita dice appunto l’intensità della sua umanità ma anche lo stile con il quale questo Dio diventa uomo: facendosi piccolo come un bambino. Questo stile della piccolezza rimarrà in tutta l’esistenza di Gesù.
 
Gesù è un piccolo, non è uno dei grandi del suo tempo. Tutta la sua vita è all’insegna di questa piccolezza. Erode è ben altro. La storia di Erode è una storia di potenza, di crudeltà, di grandezza. Accanto a lui, proprio a Betlemme, dove Erode ha una delle sue regge più splendide nasce un altro re, che è proprio l’esatto contrario della sua regalità.
 
Proprio nella sua piccolezza questo Dio diventato uomo interpella la libertà di ogni persona umana. Se Dio si fosse manifestato nella sua onnipotenza, noi saremmo stato costretti a credere. Questa tentazione di costringere a credere percorre tutte le fedi. Ma questo Dio che invece si propone nella debolezza, nell’insignificanza di un piccolo, questo interpella la libertà. La fede, cari fratelli e sorelle, è proprio un atto di libertà, è la libertà suprema.
 
Nello stesso tempo questo uomo, piccolo, che è Dio che si manifesta in Gesù, non solo ci interpella, ma rivela chi è Dio: l’onnipotente, l’onniscente, il creatore, il liberatore è amore. Un Dio che è tutto amore.
 
E si rivela per poter comunicare agli uomini non solo la conoscenza di un Dio amore, ma l’esperienza di un Dio amore. Noi possiamo avere esperienza dell’amore di Dio nella persona di Gesù.
 
C’è un’ultima riflessione che mi permetto di sottoporvi. Se nell’Epifania, culmine del Natale, Dio si rivela, la domanda inevitabile è: “ma gli uomini come accolgono questa rivelazione?”.
 
Ci sono i Magi: vedono una stella e si mettono in viaggio. È bellissima questa accoglienza: uomini che fanno della loro conoscenza non un motivo per esercitare un potere, non una sicurezza che li rende inamovibili, ma fanno della loro conoscenza il principio di un cammino. Si mettono in viaggio, cercano. Uno dei modi più belli per accogliere Dio nella nostra vita è continuare a cercarlo. Essere appassionati, perché abbiamo visto una stella, perché abbiamo intuito qualcosa. Noi crediamo perché abbiamo intuito la bellezza di Gesù e continuiamo a cercarlo, come un innamorato cerca la sua amata. Questo è veramente uno dei modi più splendidi per vivere la fede: continuare a cercare il Signore perché abbiamo visto la sua stella.
 
Tutto il Vangelo, per quanto riguarda la ricerca, è accompagnato dalla gioia, perché questa ricerca alimenta la gioia. Alimenta una gioia che è esposta ad ogni delusione, ad ogni prova. Non è una gioia che ci rassicura, che ci rende impermeabili rispetto alle prove della vita. È una gioia semplice, ma tanto è semplice, tanto è profonda, tanto è radicata.
 
I Magi cercano e la loro ricerca alimenta la gioia. C’è un bellissimo passaggio: ad un certo punto non vedono più la stella. Stranamente non vedono più la stella quando arrivano a Gerusalemme. Poi escono, vanno verso Betlemme, e la rivedono. Dice il Vangelo: “provarono una grandissima gioia”. C’è un posto che è stato scoperto recentemente nei dintorni di Gerusalemme, dove è nato un monastero, che si chiama “Katisma” (luogo del riposo), dove la tradizione dice che è il posto dove i Magi hanno rivisto la stella e da lì si vede a poca distanza Betlemme.
 
Nella ricerca però c’è anche qualcosa di inquietante: anche Erode cerca Gesù ma per distruggerlo: ha paura e la paura genera sempre violenza. La madre della violenza è la paura. Erode è potente, ma ha distrutto tutti coloro che potevano mettere in discussione la sua potenza: è la paura di chi ha potere.
 
Erode non accoglie Gesù, Erode esercita il suo potere con la violenza, non apre le porte a Cristo, ma o vuole distruggere.
 
Anche gli scribi, che sanno tutto della Scrittura, che conoscono la Parola di Dio, che fanno? Se ne stanno immobili. Non cambia nulla. Loro conoscono, citano il profeta. Ma non fanno un passo. Cari fratelli e sorelle, forse questa è la nostra tentazione. Anche la mia, che so le scritture, che predico. Forse anche un po’ la vostra che siete cristiani da sempre, conoscete il Vangelo, sentite ripetere le stesse cose, ma poi perché muoversi? Cosa dobbiamo fare di più di quello che stiamo facendo?!
 
Infine c’è l’adorazione. L’accoglienza culmina nell’adorazione, nel riconoscimento del mistero grande che sta in quel bambino. Ed è bellissimo perché dice anche del nostro modo di entrare in relazione tra noi che non è quello di adorarci a vicenda, ma di riconoscere il mistero nascosto in ciascuno di noi, nella nostra umanità fragile, umile, contraddittoria ma che racchiude un grandissimo mistero.
 
Cari fratelli e sorelle, in questi anni di fronte a fenomeni tra i quali quello della migrazione noi tante volte ripetiamo la parola “accoglienza, accoglienza, accoglienza”. Spesso mi fermo a riflettere su questo: facciamo fatica ad accogliere persone che arrivano da altri paesi, ma come ci disponiamo ad accogliere il Signore? A volte ho l’impressione che quella fatica sia la stessa che facciamo ad accogliere veramente il Signore nella nostra vita. Allora non domandiamoci soltanto come accogliamo i fratelli che arrivano da altri paesi, ma io come accolgo il Signore? E forse daremo una risposta anche all’altra domanda.
 
Non solo: come accolgo il Signore che ha preso il volto umano? Quindi come accolgo mia moglie, mio marito, i miei figli, i miei genitori anziani, il mio vicino, il mio collega, chi è più vicino alla mia vita?
 
Accogliere il Signore così come lui si è manifestato diventa il principio di uno stile cristiano dell’accoglienza di ogni persona che è diversa da me. Che il Signore che si è manifestato riempia il nostro cuore di gioia perché noi lo vogliamo accogliere così.
(Trascrizione da registrazione)