31-12-2016
Care sorelle e fratelli,
la celebrazione natalizia di Maria, Madre di Dio, assume diverse connotazioni e tra queste particolarmente due: la prima in occasione di questa Eucaristia della vigilia nell’ultimo giorno dell’anno in cui la Chiesa canta il Te Deum per ringraziare Dio di tutti i benefici ricevuti; la seconda, nella giornata di domani in cui ricorre la 50ma giornata della pace, indetta per la prima volta da Papa Paolo VI.
In ogni Eucaristia noi rendiamo grazie a Dio per i suoi benefici, anche nei momenti più oscuri e dolorosi, perché da cristiani interpretiamo la storia e la vita alla luce della morte e risurrezione di Gesù. Anche noi, come i pastori del Vangelo appena udito, glorifichiamo e lodiamo Dio per aver visto il suo volto nel Bambino Gesù.
Non possiamo gioire e ringraziare per le sofferenze e per le angosce, ma lo possiamo fare anche in quelle più severe a partire dal dono che Dio fa all’umanità nella persona di Gesù, delle sue parole, della sua vita e della sua morte e risurrezione, che rappresentano il riscatto dal potere del male e della morte e la sorgente di una speranza che non ci deluderà mai. È necessario frequentare il Vangelo per illuminare questo sguardo. La frequentazione necessaria del suo Vangelo, illumina questo sguardo.
Nella Messa di Natale ricordavo come icone del dolore dell’uomo contemporaneo le catastrofi naturali con le loro conseguenze umane (tra queste appunto il terremoto nel centro Italia) e insieme le città di Aleppo e di Berlino e con loro il Mar Mediterraneo diventato “fossa comune” di cinquemila persone umane che lì hanno perso la vita nell’anno si conclude. Sono icone rappresentative di fenomeni di dimensioni mondiali che comunque hanno ricadute sulla nostra vita quotidiana come il terrorismo, la terza guerra mondiale a pezzi (come dice il Papa), le migrazioni che interessano milioni di uomini in ogni continente.
Sono icone che ci interpellano seriamente sulle cause che determinano tanto dolore e tanta paura, alla radice delle quali troviamo sempre uno squilibrio e uno stravolgimento drammatico delle fondamentali condizioni per una vita umana e per il suo sviluppo. È inaccettabile rassegnarsi a questo disequilibrio o addirittura teorizzarlo come necessario per lo sviluppo del mondo.
Ma le icone ricordate sono anche rappresentative delle sorprendenti risposte partecipi e solidali di cui è capace l’umanità e le singole comunità, anche quando sono contraddette da sconcertanti indifferenze, rifiuti e ostilità.
Tra queste risposte la comunità dei cristiani offre la sua esperienza di fede e la testimonianza d’amore che ne scaturisce.
Non possiamo archiviare l’intensa esperienza del Giubileo della Misericordia: nella nostra diocesi tutte le categorie più diverse hanno celebrato questo Anno Santo, ma penso certamente al Giubileo dei 16.000 ragazzi allo stadio, dei 2.000 giovani che sono entrati contemporaneamente nel carcere cittadino nella veglia delle Palme, e poi il Giubileo dei malati, dei carcerati, le 31 chiese giubilari aperte nella nostra diocesi.
Non possiamo dimenticare gli incalcolabili gesti di misericordia che hanno visto in prima fila il nostro Papa e tra questi permettete di ricordare quel gesto misericordioso che è rappresentato dalla consegna alla Chiesa e all’umanità della lettera “Amoris laetitia” sul matrimonio e la famiglia, che illumina e dà forza a questa prima comunità umana, riconoscendone con comprensione evangelica anche le fatiche e le debolezze.
Non dimentichiamo l’entusiasmante esperienza della GMG a Cracovia (con la partecipazione di 1800 giovani bergamaschi).
Ma ancor più non dimentichiamo la testimonianza coraggiosa di una moltitudine di cristiani nel mondo che sono discriminati, perseguitati e uccisi per la loro fede.
Vogliamo ricordare l’apertura del quinto centenario della Riforma protestante e il suo significato sempre più necessario per il cammino ecumenico.
A livello diocesano facciamo memoria di tanti pellegrinaggi giubilari, del segno della Fioritura della Sacra Spina a San Giovanni Bianco, della costituzione di tre nuove Unità pastorali, della conclusione visita vicariale sulla carità, della morte del Cardinale Capovilla, della morte di 18 preti diocesani e in questi giorni di Padre Romano Scalfi, fondatore di Russia cristiana; dell’ordinazione episcopale di Padre Giambattista Pizzaballa.
Se un segno preoccupante e sofferto è stata l’assenza di ordinazioni sacerdotali nell’anno trascorso, vogliamo benedire il Signore per la vitalità che il nostro Seminario mantiene.
Vogliamo ancora benedire il Signore per l’impegno diocesano nell’accoglienza dei richiedenti asilo, per la solidarietà concreta nei confronti dei disoccupati, degli scartati, degli abbandonati e per la testimonianza capillare delle nostre comunità parrocchiali.
Mentre benediciamo il Signore che riconosciamo presente nella storia nonostante e proprio per le sue contraddizioni dolorose e drammatiche, ci impegniamo ad una testimonianza di Lui e del suo Vangelo, perché ogni persona umana possa veder risplendere su di lei il volto di Dio e la sua pace e possa sentirsi accolta come Maria, la madre di Dio, ha accolto nel suo grembo il figlio Gesù.