Veglia in memoria del Beato don Sandro Dordi – Gromo San Marino, 25 agosto 2016

29-08-2016
Care sorelle e cari fratelli, cari ragazzi, ho camminato con gioia insieme con voi in questa bella sera tra le montagne, ascoltando il silenzio, la preghiera e anche qualche mormorio non disturbante di voi cari ragazzi e ragazze che sentivo contenti di camminare insieme con tutta la comunità e anche vicino a me. E io ero felice che voi foste vicino a me.

Stiamo ricordando don Sandro e vogliamo non dimenticarci che la comunità dei cristiani guidata dal Papa lo ha riconosciuto come “Santo”. Lo chiamiamo “Beato” ma nel novero di quelle persone che tutta la comunità cristiana in tutti gli angoli del mondo riconosce particolarmente vicino a Gesù.

Nel corso dello scorso anno in preparazione alla proclamazione del martirio e quindi della santità di don Sandro ci sono state tante occasioni per approfondire la sua storia.

Questa sera io vorrei consegnarvi quello che ha segnato il percorso che abbiamo condiviso e lo farò attraverso un’immagine: un re che ha tre figli, tutti molto buoni, molto intelligenti e anche molto capaci e non sa a chi consegnare il suo regno. Allora dice: “Figlioli miei, voi siete tutti buoni, capaci e intelligenti, ma io non so proprio a chi di voi consegnare il mio regno. Faremo una prova: chi mi porterà ciò che è più prezioso sulla faccia della terra, riceverà il mio regno”. Dopo alcuni mesi tornarono tutti e tre e si presentarono al padre. Il primo aprì il suo scrigno che era pieno di oro e pietre preziose, come mai il re aveva visto. Il padre sorrise a questo figlio e gli disse: “Sei stato veramente capace. Non so se i tuoi fratelli riusciranno a superare la preziosità di questo tesoro”. Aprì il suo scrigno il secondo dei fratelli e dentro c’era una cosa soltanto: una perla, purissima, unica. Da sola, quella perla, valeva più di tutto il tesoro che l’altro aveva portato al re. Il re rimase stupito: “Non so dove hai trovato una perla così bella e così di grande valore. Devo riconoscere che hai battuto tuo fratello che pure aveva portato un grande tesoro!”. Arrivò il terzo e aprì il suo scrigno e il re non vide niente, era vuoto. Il re rimase male, non si arrabbiò perché gli voleva bene, ma con dolore gli chiese: “Come mai? Mi stai forse prendendo in giro?”. No, non lo stava prendendo in giro. Il figlio gli rispose: “Guarda bene padre mio cosa c’è nello scrigno. C’è un piccolo seme, piccolo, piccolo”. Il re si fermò e disse: “Tu hai portato il tesoro più grande, perché l’oro e le pietre sono preziose e la perla lo è anche di più, ma sono morte. Il seme invece è piccolissimo, ma è vivo ed è capace di dare vita: da quel seme verrà una pianta e da quella pianta verranno altri semi. Viene la vita”.

Carissimi, noi vogliamo ricordare don Sandro così: non semplicemente con l’evento della proclamazione del suo martirio, ma come un seme che dà vita. Lo abbiamo sentito nel Vangelo. Noi vogliamo raccogliere la vita di questo seme.

Lo scrigno è la nostra memoria: il ricordo. Il ricordo che ciascuno di noi custodisce, il ricordo che viene alimentato dallo studio, dalle storie, dai libri, dalle testimonianze su di lui. Anche celebrazioni come questo sono uno scrigno della memoria. Noi non vogliamo dimenticare.

Cari ragazzi e giovani, per crescere, per poter guardare al futuro, per poter essere contenti, dovete chiedere ai vostri papà e mamme, nonni e nonne, che aprano lo scrigno della memoria e vi raccontino le cose belle che loro hanno vissuto. In modo particolare come loro hanno vissuto la fede in Gesù. Allora vi resterà nel cuore quello che vi consegneranno.

Questo è lo scrigno: la memoria. Non è solo il ricordo. La memoria è ciò che ci resta della vita e ciò che ci resta di buono nella vita. A volte sembra che diventiamo i trasmettitori, i testimoni di qualcosa che non apre alla vita i nostri figli. Lo scrigno della memoria non ricorda tutto. Non vogliamo nemmeno che custodisca soltanto il male che pure c’è nella nostra vita. Soprattutto ai nostri figli e nipoti vogliamo consegnare quello che è capace di dar vita al loro cuore: una memoria che è capace di dare vita. Questo è lo scrigno che contiene il seme.

La storia di don Sandro è una storia che viene ricordata in tante parti del mondo. Io sono rimasto impressionato non soltanto dall’eco dei paesi e della città dove lui è vissuto in Perù o in Svizzera dove sono stato o come viene ricordato in Polesine o anche da tanti preti tra noi. Sono rimasto soprattutto meravigliato dal vedere come tanti missionari italiani hanno conosciuto la figura di don Sandro ed è diventato un simbolo. Non dimentichiamo queste cose.

Nello scrigno della memoria c’è il tesoro di questa storia, c’è il seme del suo esempio. Perché don Sandro non rimanga soltanto un eroe o un ricordo, è importante raccogliere i suoi esempi.

Il suo esempio di generosità quando è partito poco dopo la sua ordinazione sacerdotale, proprio i primi giorni, per andare in Polesine in una terra non lontanissima ma più provata della nostra.

Il suo esempio di vicinanza alla gente, come già ci ricordava don Ruben, con una familiarità discreta, bergamasca, austera come le nostre montagne, ma appunto vera. Tutti noi ci accorgiamo quando le cose sono vere!

Esempi per cui a un certo punto, quando gli sembrava che le cose potessero in qualche modo consolidarsi partiva, quasi a non voler raccogliere quello che aveva seminato. Andava da un’altra parte a ricominciare a seminare.

È bello raccontare gli esempi. È più bello che fare delle osservazioni, che fare delle correzioni. Raccontarli non per fare la morale, ma per dire “guarda che bello!”.

Don Sandro ci lascia tanti esempi, ma gli esempi sono sempre limitati. Qualcuno può anche dire: “Io l’ho conosciuto don Sandro e ho visto anche i suoi difetti e potrei anche raccontare i suoi peccati (non quelli che non si vedono)”. Un santo non è perfetto e non può dare tutti gli esempi buoni del mondo: si porta anche lui i suoi difetti, i suoi limiti e anche i suoi peccati. È così anche per i santi che noi conosciamo da sempre, quelli più famosi. Per quanto noi possiamo dare un buon esempio, sarà sempre limitato. Ed è soprattutto limitato da questo fatto: anche voi papà e mamme, nonni e nonne, sentite l’esigenze di lasciare un buon esempio ai vostri figli e nipoti, ma con i vostri difetti non sempre date buon esempio.

C’è un limite ancor più grande: che il buon esempio ci fa dire “che brava persona, come è buono, come è onesto, come è coerente”. È una cosa bellissima ma rischia di fermarsi lì, all’ammirazione. Don Sandro nel suo scrigno non ha soltanto una perla, ha un seme. E il seme è vivo. Non basta quindi nemmeno il buon esempio, occorre la testimonianza.

Che differenza c’è tra il buon esempio e la testimonianza? Il buon esempio mi fa dire: “bravo”; la testimonianza mi fa dire: “che bravo deve essere quel Gesù in cui tu credi”.

Questa è la testimonianza che dà vita. Il buon esempio è grande, lo custodiamo nello scrigno della nostra memoria, ma quello che dà vita è il seme della testimonianza.

È il seme della testimonianza della fede: don Sandro è un uomo, con le sue virtù e i suoi limiti, ma ci lascia la testimonianza della sua fede in Gesù Cristo e per questa fede ha vissuto e per questa fede è morto. Questa testimonianza dà la vita: a noi, a me.

“Va beh, ho i miei limiti e i miei difetti. A volte sono stanco. A volte faccio fatica a credere”, possiamo dire tutti. Lui, don Sandro, ci consegna la testimonianza della fede e allora uno può dire: “Oggi si fa fatica a credere, alcuni dei nostri figli e nipoti sembra che non credano più, ma qui c’è un uomo che ha portato il seme della fede, che ha testimoniato nella sua umanità ricca e povera nello stesso tempo il seme della fede in Gesù”. Per questo lui è vissuto e per questo lui è morto.

Ci ha lasciato la testimonianza di una condivisione, perché la sua fede è diventata concreta, non calandosi dall’alto, ma stando con gli altri. La sua vita è tutta così. Anche i ricordi su di lui raccontano di questo: pur essendo piuttosto solitario, era sempre con la sua gente. Cari ragazzi, è bello sentir raccontare le storie di quelli che, quando don Sandro è stato ucciso, erano piccoli come voi. Lo ricordano oggi e non dimenticano più come don Sandro testimoniava la fede stando con tutti.

Ci ha lasciato la testimonianza del sacrificio. Qui si parla del sangue che ci fa pensare a tanti martiri di oggi. Oggi più che nei secoli passati. Noi non siamo in questa condizione di rischio, ma molti nostri fratelli nella fede lo sono. Don Sandro è stato riconosciuto proprio nel suo martirio. A noi non sarà mai chiesto il sangue – qualcuno dirà: per fortuna! – ma non dimentichiamo che la testimonianza del sacrificio è anche nostra: è la testimonianza del bene fatto con convinzione, fino in fondo, anche quando le condizioni che ci circondano sono di incomprensione, di ostilità, di rifiuto. È il perdono offerto lì dove non viene accettato, viene rifiutato, dove si reclama una vendetta. È la generosità consegnata anche nella irriconoscenza. Questo è il sacrificio: il prezzo che si paga per un amore vero.

Cari ragazzi e ragazze, cari fratelli e sorelle, ricordate lo scrigno: bello il tesoro, bella la perla, ma più bello ancora è il seme perché è vivo e dà la vita. Noi ricordiamo don Sandro così, come un seme vivente per Gesù Cristo e capace di dare vita anche a noi.

                                                                                                                                                                                                                                                              (trascrizione da registrazione)