15-08-2016
Care sorelle e fratelli,
abbiamo udito questa immagine così luminosa del libro dell’Apocalisse, quel “segno luminoso che apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”. Molto spesso abbiamo udito questa immagine, ma se ci soffermiamo qualche istante possiamo notare come in poche parole venga disegnata una figura splendida, cominciando dall’abito di sole, con questa dimensione di candore lunare che sta sotto i suoi piedi ed è coronata da dodici stelle. È una immagine che unisce una grandissima delicatezza a una grandiosità impressionante.
È una immagine certi versi misteriosa, nel senso che non finiamo mai di esplorarla, è stata letta dalla comunità dei cristiani anche come la rappresentazione della Madre di Dio. Tra le diverse interpretazioni che quasi si sovrappongono l’una all’altra, senza nascondersi una all’altra, vi è anche l’immagine di Maria nella sua gloria.
Una immagine che immediatamente suscita meraviglia, stupore ed esercita ed ha esercitato in tutte le categorie di persone, in ogni sensibilità, un movimento di attrazione. Maria, la madre di Gesù, è capace di questa attrazione. Ne sono testimonianza una infinità di dimensioni della vita e della fede: penso all’infinità di preghiere che si rivolgono a Maria, i voti, le immagini, le chiese a lei dedicate, i santuari, le santelle, i pellegrinaggi, le feste. Alla intercessione di Maria, alla sua bontà, affidiamo sofferenze, dolori, malattie, legami e vicende familiari, attese di pace.
Perché questa attrazione? Perché immediatamente in Maria noi intuiamo una comprensione: in lei avvertiamo una vicinanza, una protezione. In questo anno della misericordia, la vediamo come donna, madre di misericordia, come oggi in modo particolare la veneriamo in questa bella chiesa a lei dedicata. Bella la chiesa, perché inevitabilmente è bella lei, Maria, agli occhi di tutti gli uomini di tutto il mondo: penso a tanti artisti affascinati dalla figura di Maria, penso alla stessa venerazione di Maria che si è sviluppata nel mondo musulmano (e questo non dovremmo dimenticarlo noi e neanche loro).
L’attrazione della bellezza, della bontà, della santità è quella attrazione che è capace di muovere anche le menti e i cuori più freddi ed esercita la verità e la giustizia. Il bene sempre ci attrae; la verità, la vita, la felicità, la bellezza ci attraggono. Non solo in astratto, ma ci attraggono le persone che pur nei loro limiti lasciano trasparire qualcosa di questo.
Non possiamo nasconderci però che c’è anche una attrazione assolutamente sconvolgente che viene esercitata dal male. Nella stupenda pagina dell’Apocalisse nel cielo appare non solo il segno glorioso della donna vestita di sole, ma anche un grande drago rosso che si oppone e vorrebbe divorare la donna e il figlio che sta nascendo da lei. Da sempre il male ha esercitato una attrazione a volte irresistibile. Tutti noi potremmo raccontare qualcosa anche se in termini a volte dimessi, dell’attrazione che il male ha esercitato su di noi. È l’attrazione degli idoli di sempre: il potere, il denaro, il piacere. È la stessa attrazione sconvolgente che esercita la violenza: esercita la stessa guerra.
Mi sembra che la considerazione della figura di Maria capace di attrarci non ci possa far dimenticare che nella storia e anche in ciascuno di noi si combatte una battaglia, una lotta tra l’attrazione del bene e l’attrazione del male, una lotta per la libertà, perché alla fine ci sembra che in qualsiasi modo si ceda al male, del male si diventa schiavi. Nella misura in cui invece ci si lascia attrarre dal bene, nel bene si diventa liberi.
Cari fratelli e sorelle, come Maria è capace di attrazione, dovremmo interrogarci se i cristiani – non solo singolarmente, ma come comunità – sono capaci di questa attrazione. Leggevo proprio ieri di un filosofo contemporaneo anglosassone che diceva: “mentre sono agnostico circa l’esistenza di Dio, non lo sono affatto circa l’eternità della vita umana nell’al di là. [In questo momento il mistero dell’assunzione di Maria al cielo ci ripropone questo.] Essa, ne sono convinto, è al tempo stesso impossibile e indesiderabile”.
Noi cristiani siamo testimoni di qualcosa che agli occhi dei nostri contemporanei appare non solo impossibile, ma addirittura indesiderabile. Che forza attrattiva ha la fede cristiana? Come può essere che ciò che testimonia un destino che supera la storia si riveli indesiderabile?
Cari fratelli e sorelle, grandi Papi del nostro tempo – Giovanni, Paolo, Benedetto, Giovanni Paolo e finalmente Francesco – continuano a insistere su questo fatto: la comunità cristiana non cresce per proselitismo, non costringiamo nessuno e non seduciamo nessuno perché diventi cristiano, ma cresce per attrazione (e penso soprattutto ai nostri figli, ai più giovani tra noi e a coloro che appartengono ai popoli più diversi).
Per attrazione, come Maria. Saremo capaci di questa attrazione? Qualche strada ci viene indicata.
Anzitutto quella della testimonianza della vita cristiana, della conformità all’amore del Signore. Questa insistenza di Papa Francesco sull’esercizio dell’amore del prossimo – che qualcuno a volte registra con insofferenza – è veramente qualcosa che va nella direzione di un cristianesimo che diventa capace di attrazione perché raggiunge veramente il cuore dell’uomo e le condizioni dell’uomo qualsiasi esse siano.
Saremo capaci di attrazione se saremo capaci di suscitare domande. Troppe volte anche i nostri figli ci vedono come portatori di convinzioni e di risposte, senza però aver più la capacità di suscitare domande, come le suscitava Gesù. perché fai così? Perché vivi così? Quale è la ragione? A volte entriamo in un gioco che è quello dei giudizi sommari, che vicendevolmente scambiamo gli uni gli altri. Attrarre invece è un movimento che nasce da una curiosità, da una domanda, da un interesse.
Una domanda e un interesse che suscitiamo nella misura in cui la nostra testimonianza è gratuita, non solo perché non ci aspettiamo denaro, ma perché rispettiamo profondamente la libertà di ciascuno. Vogliamo offrire un dono, una possibilità, senza presunzione, con semplicità. Non siamo noi il Cristo.
Papa Francesco lo ha ripetuto più volte, come lui tutti i Papi e ricordo Paolo VI ci hanno detto con convinzione che noi saremo attraenti nella misura in cui la nostra testimonianza è accompagnata dalla gioia. La gioia di credere. La gioia che nasce anche nel momento della prova più dura, proprio perché crediamo. A volte non può essere una gioia che si manifesta con esuberanza, ma un’intima gioia anche dentro la prova più severa perché crediamo che quel Cristo che si è immolato e donato per noi e la sua madre non ci abbandonano. Veramente lì troviamo la consistenza della nostra speranza oggi e addirittura oltre la morte.
La gioia dell’incontro con Gesù Cristo, quella che ci fa tanto paura accettare, è contagiosa e grida l’annuncio. Così crescerà la Chiesa. La Vergine Maria ci aiuti ad essere tutti discepoli missionari, piccole stelle che riflettono la luce del Vangelo.
(trascrizione da registrazione)