Giornata per la Santificazione del Clero – Sotto il Monte

03-06-2016
Nel presentare la ricchezza delle intenzioni con le quali alimentiamo la nostra preghiera nell’Eucaristia, voglio ricordare la giornata mondiale di santificazione del clero che si unisce al Giubileo di quest’anno e diventa per noi motivo di una presenza che vuole raccogliere anche tutti i nostri fratelli presbiteri. Questa coincidenza mi ha portato a ritenere possibile proporre le letture che in questa solennità del Sacro Cuore si fanno nell’anno A (rispetto a quelle previste per il corrente anno C) perché vi ritrovano una particolare consonanza tra la celebrazione del cuore di Gesù e l’immagine del pastore che la figura di Papa Giovanni evoca sempre in maniera molto intensa. Lo facciamo in questo 3 giugno, giorno anniversario della sua morte.

 
 
“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le nostre anime”. Certamente possiamo riconoscere mitezza e umiltà di cuore nella figura del santo Papa e ugualmente vorremmo che il cammino di santità di tutti noi – particolarmente di noi presbiteri – fosse contrassegnato da questi atteggiamenti che Gesù attribuisce a se stesso.
 
Il Cardinale Martini, in una conferenza che tenne nella nostra diocesi, commenta questo versetto ricordando come nel diario di Papa Giovanni già nel 1903, quando aveva 22 anni ed era ancora in seminario, scrive: “La letizia pura e delicata che mi deve sempre occupare il cuore trova la sua manifestazione più sincera nelle azioni minutissime. Attento bene dunque: non basta saper portare una certa qual pazienza nelle cose contrarie, cosicché gli altri non debbano accorgersi di nulla. Io stesso devo sentire dentro di me una soavità e dolcezza ineffabile, che non mi lasci mai, che faccia fiorire sorrisi sulle mie labbra e questi più giocondi proprio quando per lo sforzo di non alterarmi mi sento per lo meno portato alla serietà. Insomma la mia deve essere una pazienza allegra e sorridente e non troppo seria, altrimenti se ne compromette tutto il merito”.
 
Facendo gli Esercizi Spirituali nel 1919 presso i Preti del Sacro Cuore scrive: “A riuscire nel mio apostolato non conoscerò altra scuola pedagogica che quella del Divin Cuore di Gesù. Anche l’esperienza mi ha confermato l’assoluta bontà di questo metodo a cui sono assicurati veri trionfi”.
 
Andando a quando ormai la sua vita si sta compiendo, il 5 dicembre 1959, già Papa, scrive: “Le accoglienze subito espresse e mantenute da due anni per la mia persona da quanti la avvicinano mi sono sempre motivo di sorpresa: il conosci te stesso basta alla mia calma spirituale a mettermi in guardia. Il segreto di questo successo deve essere nell’accontentarmi del mite e umile di cuore, di essere mite e umile di cuore. Nella mitezza e nell’umiltà di cuore c’è la buona grazia del ricevere, del parlare, del trattare, la pazienza del sopportare, del compatire, del tacere e dell’incoraggiare”.
 
Questi tratti e questi commenti del Santo Papa al Vangelo di oggi, sintesi di un cammino di santità tratteggiato dall’immagine del buon pastore, li ho ritrovati nelle preziose indicazioni che Papa Francesco ha consegnato a noi Vescovi parlandoci dei presbiteri.
 
Parlando di un prete che diventa eloquente perché la sua vita è diversa e alternativa ad un mondo in cui non c’è più posto per il fratello. Questo prete mite e umile di cuore è scalzo perché considera santa la terra che calpesta. La terra non è semplicemente quella del pavimento della strada, ma è la terra dell’esistenza umana in tutte le sue forme, anche quelle più fragili, tanto più quelle sofferte, pure quelle segnate dal peccato. Non si scandalizza questo prete scalzo per le fragilità che scuotono l’animo umano, consapevole di essere lui stesso un paralitico guarito.
 
Questo prete mite e umile di cuore è custodito dal rapporto col Signore che lo rende estraneo da ogni forma di mondanità spirituale: è l’amicizia col Signore a portarlo ad abbracciare la realtà quotidiana con la fiducia di chi crede che l’impossibile dell’uomo non rimane tale per Dio.
 
Questo prete mite e umile di cuore è tutto dedicato. Quanta tristezza fanno coloro che nella vita stanno sempre un po’ a metà col piede alzato. Il nostro presbitero invece, con i suoi limiti, è uno che si gioca fino in fondo nelle concretezze in cui la vita e il ministero l’hanno posto: si offre con gratuità, umiltà e gioia, anche quando sembra che nessuno se ne accorga.
 
Infine, questo prete mite e umile di cuore è uomo della Pasqua, dallo sguardo rivolto al regno di Dio, verso cui sente che la storia umana cammina nonostante i ritardi, le oscurità e le contraddizioni. Il regno è la sua gioia, l’orizzonte che gli permette di relativizzare il resto, di stemperare preoccupazioni e ansietà, di restare libero da illusioni e dal pessimismo, di custodire nel cuore la pace e di diffonderla con i suoi gesti, le sue parole, i suoi atteggiamenti.
 
Contempliamo il cuore di Gesù, lui che si è definito mite e umile di cuore, riconosciamolo nella santità di Papa Giovanni, raccogliamo queste indicazioni per camminare anche noi sulla via di una testimonianza evangelica sempre più trasparente, così che le persone che accostano noi tutti presbiteri possano veramente sperimentare la misericordia di Dio. 
(trascrizione da registrazione, non rivista dall’autore)