26-03-2016
Care sorelle e fratelli,
celebriamo la Veglia Pasquale mentre scende la notte. Pregare nella notte significa entrare nella condizione notturna dell’umanità: una condizione che in maniera molto intensa, pregnante, ci è stata descritta ieri sera dal Santo Padre Francesco a conclusione della Via Crucis. È proprio in questa condizione notturna dell’umanità che si accendono le luci della Pasqua di Gesù. Prima di tutto la luce della sua risurrezione.
Abbiamo acceso il fuoco nuovo e proclamato la luce di Cristo. È una luce che splende intorno a noi, che illumina con la sua fiamma le tenebre di questa notte. Questa luce evoca le infinite piccole luci della carità che scaturiscono proprio dalla fede in Gesù risorto. Sono veramente incalcolabili queste piccole luci della carità, sono scintille, sono fiaccole, sono focolari. I cristiani non sono piromani, ma sono capaci alla luce della loro fede, di far scoccare queste scintille, di innalzare fiaccole d’amore, di custodire focolari che riscaldano.
Abbiamo poi ascoltato la Parola del Signore e particolarmente il Vangelo della risurrezione. È la luce in noi. La luce in noi illumina lo sguardo, illumina gli occhi del cristiano, gli occhi della fede. Lasciamoci illuminare dalla luce del Vangelo della risurrezione. Sottoponiamo ad un esame non solo i nostri comportamenti, ma la nostra vista e il nostro cuore. Si tratta di lasciare illuminare mente e cuore in modo che la nostra mentalità diventi sempre più evangelica, diventi sempre più secondo il Vangelo il nostro modo di pensare, di giudicare, di decidere e di comunicare.
Tra qualche istante entreremo nella parte battesimale di questa veglia e lo faremo con intima e comunitaria gioia davanti al fatto che due giovani donne che si sono preparate lungamente nella fede riceveranno il dono del Battesimo, della Cresima ed entreranno nella Comunione del Signore.
Il Battesimo, l’acqua, evoca all’umanità quell’esperienza primordiale che raccontiamo con questa espressione: “venire alla luce”. Quando le segnerò con l’olio santo del crisma lo farò perché anche loro abbraccino la missione di Cristo, che è quella di portare la luce.
Se la luce in noi illumina la vista, venire alla luce e portare la luce significa illuminare del Vangelo della risurrezione tutte le nostre relazioni. Innanzitutto la relazione con Dio e poi le nostre relazioni con le donne e gli uomini che il Signore ci affida e finalmente le relazioni con noi stessi. Sono relazioni all’insegna dell’incontro, della condivisione, dell’aiuto reciproco, del perdono. Questi sono i nostri valori.
Venire alla luce e portare la luce significa vivere nella comunità cristiana, alimentare le relazioni evangeliche tra coloro che credono in Cristo così che diventino luce per tutti gli uomini. Significa anche abitare da cristiani la nostra città, perché in tutto il nostro territorio possa splendere la luce e altri vengano alla luce.
Infine, approderemo all’Eucaristia. Il segno è quello del pane e del vino: l’Eucaristia è la luce che trasfigura e trasforma, proprio come la luce dell’amore, la luce della carità. Alla luce del Cristo risorto che incontriamo nell’Eucaristia la nostra vita viene trasformata e viene donata per la trasformazione del mondo. Penso ai nostri missionari, penso alle nostre famiglie e all’amore coniugale, penso all’amore del prossimo che siamo chiamati quotidianamente a esercitare, penso all’impegno sociale e politico, penso addirittura all’amore per i nemici.
Care sorelle e cari fratelli, la comunità cristiana che noi stasera formiamo qui nella nostra Cattedrale sia la primizia di questo amore, sia il segno di questa luce. Anche noi lasciamoci trasformare per diventare un pane azzimo – come quello eucaristico – per sfamare l’attesa d’amore di tutta l’umanità.
(trascrizione da registrazione)