12-02-2014
“La vita val bene una vita”
Oggi, Giornata per la vita e trentesimo anniversario del ritorno a Dio di Vittoria Quarenghi (1934-1984), mi soffermo a raccogliere la testimonianza di questa donna, che ha raccolto il mandato di Cristo ai suoi discepoli: “Voi siete luce del mondo”. Nella Festa della Presentazione di Gesù, Egli è riconosciuto dal vecchio Simeone, come “Luce per illuminare le genti”; così è chiesto ai cristiani con la loro vita, ancr prima che con le loro parole. Così vogliamo ricordare Vittoria Quarenghi.
Donna intelligente e determinata, tenace e costante nella scelta di stare da cristiana nella storia e in modo specifico nella politica è stata una donna capace di Vangelo. Il cammino formativo nell’Azione Cattolica l’ha accompagnata ad aprirsi progressivamente all’amore di Dio e a sperimentare la beatitudine dei poveri di spirito. Ha percorso la strada della vocazione con la regola d’oro del cristiano: progredire, avanzare e abbassarsi. Si è preparata accogliere, in modo libero e responsabile, la carità di Dio: caritas Christi urget nos, la carità di Cristo ci possiede (2 Cor. 5,14). Questo sorprendente mistero di trovarsi immersa nella tenerezza e nella misericordia di Dio sta alla base della sua vita e del suo impegno nella scuola, nell’A. C. e in politica.
Non ha scelto l’impegno in politica per conquistare un posto, progredire nella carriera o per avere potere. Ha scelto la politica per servire e condividere nella politica l’umanità del Vangelo, la cura per ogni essere umano, specie se piccolo e povero e per tradurre in strutture l’essere per gli altri.
Quando prese la decisione di scendere in campo sapeva di affrontare un compito assai difficile per le gravi tensioni in atto in quegli anni nella società italiana. E soprattutto, stando tra la gente, sapeva del clima di indifferenza e di malessere che circondava i politici impegnati nel partito di ispirazione cristiana. Anzi avvertiva nelle parrocchie i segnali di una lenta ma progressiva emarginazione verso coloro che si impegnavano in politica da cristiano. Così racconta la propria esperienza ad un convegno di operatori pastorale: “Si ha l’impressione che la comunità cristiana sopporti, per così dire, come un male inevitabile un po’ tutto il mondo politico, mettendo le mani avanti come per proteggersi da esso, quasi per non contaminarsi, soprattutto nei confronti dei politici impegnati nella Democrazia Cristiana. Si è passati da un eccesso all’altro… (Vittoria Quarenghi, biografia di un pensiero, a cura di don Mario Benigni, Istituto Grafico Litostampa, 1985, pag. 167).
Ma Vittoria non si è lasciata prendere dalla tentazione di farsi da parte e di balconear – come dice oggi papa Francesco – di stare cioè alla finestra a giudicare e dare orientamenti stando nelle retrovie ma senza sporcarsi le mani. E’ scesa in campo, non senza tralasciare di richiamare alle comunità cristiane l’urgenza della formazione nel sociale e nel politico. La sua azione in Parlamento ha seguito un tracciato pulito, lineare, coerente che partiva da un centro: Radice e cuore di ogni impegno politico è la scelta degli “ultimi”, l’impegno per coloro cui la nostra società nega il diritto ad essere protagonisti, anzi nega molto spesso anche il diritto di venire al mondo ( oc. Pag. 169).
Il lavoro politico non era per Vittoria Quarenghi un gioco di parole destinato a gonfiare il fiume limaccioso delle tante parole che trovano risonanza e amplificazione nei media. Il lavoro politico era per lei un modo umano e cristiano di dare se stessi, di donare la propria vita (capacità, tempo, salute) per gli uomini fratelli (o.c pag. 102).
In questa prospettiva si comprende e riempie di ammirazione la decisione di Vittoria Quarenghi di giocarsi totalmente senza riserve anche in condizioni di fragilità fisica. Nella primavera del 1981, con il referendum di abrogazione della legge sull’aborto alle porte, i medici le consigliarono di sottoporsi con urgenza a chemioterapia. Ci penserò, disse ai medici. Ci penserò, disse agli amici a cui chiese consiglio. Alla fine decise: La vita val bene una vita!
Spesso nelle sue riflessioni tornava sulla contraddizione che la politica aveva vissuto nei giorni del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro (1978). Mentre tutti parlavano di unità nazionale, di solidarietà di tutte le forze sane del paese, veniva accettata e legalizzata una espressione subdola della stessa cultura di morte di cui il terrorismo era allora l’espressione più evidente (o.c. pag. 170).
Che cosa è mancato? Si domandava Vittoria Quarenghi. Quale la radice di questa cecità collettiva? La sua risposta rimane di evidente attualità: La causa profonda è la quotidiana mistificazione della verità. E’ mancato e manca il coraggio di dire la verità sul valore assoluto della vita umana, il coraggio di dire ad alta voce che la vita di ogni uomo è sacra fin dal concepimento.
Rileva poi la contraddizione non solo in politica ma anche tra non pochi operatori sociali: Sono molti quelli che si schierano per le persone minacciate di fame, dalla violenza dallo sfruttamento: ma questo impegno è sincero, reale, non è finalizzato da altri più o meno nascosti obiettivi solo se è anche impegno per la difesa della vita fin dal suo concepimento (o.c. pag. 171)
Ho toccato con mano che alla base del lavoro legislativo culturale e politico ci deve essere una coerente concezione dell’uomo, della sua vita e dei suoi diritti, concezione illuminata dalla fede per i credenti, ma accessibile a tutti gli uomini in quanto uomini. Ho compreso che la difesa della vita fin dal concepimento non è un impegno tra gli altri bensì il principio di ogni impegno per gli altri (o.c. pag. 171).
Il ricordo di Vittoria Quarenghi unito alla celebrazione della 36^ Giornata per la vita non è coincidenza casuale. E’ voce che, nello scorrere del tempo, chiama le parrocchie e ciascun battezzato ad aprire gli occhi sulla verità dell’uomo, indica nel dono di sé la strada per una effettiva riappropriazione della propria vita e ricorda che occorre uscire dall’ipertrofia dell’individualismo per volere che l’altro cresca e trovi pienamente se stesso (cfr. o.c. pag.180).
Questa prospettiva comporta sul piano pratico diversi livelli di azione. Anzitutto è cura e custodia della vita nella concretezza delle situazioni anche attraverso la presenza di Consultori cristianamente ispirati e attraverso i Centri di Aiuto alla Vita.
Poi è impegno di formazione al discernimento per individuare e valorizzare i nuclei portatori di vita, presenti nelle varie culture.
Infine, la promozione della cultura della vita ha bisogno di una nuova fantasia dell’intelligenza. La fantasia dell’intelligenza è chiamata a dare aiuto e sostegno all’uomo, perché non si lasci giocare dalla ragione ideologica, ma sappia vedere la vita umana nella verità e sappia accoglierla, con il mistero che la abita, come realtà che sorregge tutte le altre e sappia guardarla con sempre rinnovato stupore, come realtà che è data e si impone da sé e che, pertanto, non può essere soggetta all’arbitrio dell’uomo (cfr. Messaggio dei Vescovi per la giornata per la vita, 2014).
Vittoria Quarenghi a trent’anni dalla morte, ci offre la sua limpida e coraggiosa testimonianza: “La vita val bene una vita”. Custodiamo questa consegna.