l’annuncio della passione e morte di Gesù diventa un’autentica comunicazione che il Signore ci rivolge. Lui ci parla attraverso la sua passione e la sua morte in croce. Noi vogliamo accogliere questa parola, come una parola di speranza, come una parola che è capace di salvarci. Come una parola ardua, perché la croce non è solo un segno di salvezza ma è anche il banco di prova della fede. Sono fuggiti i discepoli, hanno rifiutato la croce e sono l’emblema del nostro rifiuto.
Attraverso la passione, la croce e la morte di Gesù noi possiamo vedere la passione, la croce e la morte di tutti gli uomini. Ma attraverso la risurrezione di Gesù noi possiamo vedere la potenza trasformante e feconda dell’amore che brilla sulla croce.
Il Santo Padre nel messaggio che l’anno scorso ha rivolto agli ammalati scriveva: “Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso le piaghe di Cristo che noi possiamo vedere con occhi di speranza tutti i mali che affliggono l’umanità. Risorgendo il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radici. Alla prepotenza del male ha opposto l’onnipotenza del suo amore”.
Cari fratelli e sorelle, San Bernardo dice: “Dio non può patire, ma può compatire“.
La condivisione è necessaria. Tutta la storia di Gesù è nel segno della condivisione: è diventato uomo per condividere la nostra condizione umana e ha percorso tutte le strade dell’umanità, ha incontrato tutti i cuori fino a raggiungere l’ultimo, quello più disprezzato.
D’altra parte la condivisione non basta. Il fatto che un altro soffra con me può in parte consolarmi, ma non mi salva. Il fatto che Dio stesso soffra, in qualche modo mi spaventa, mi delude. Da Dio non mi attendo che soffra, ma da Dio mi attendo che mi salvi, che mi liberi, che mi guarisca, che mi tolga la mia croce.
Eppure in quella condivisione che Dio nel suo Figlio Gesù realizza con ogni uomo e con ogni aspetto della vita dell’uomo avviene una trasformazione e questa trasformazione noi la possiamo già intuire perché l’abbiamo sperimentata, di questa trasformazione abbiamo già potuto godere e qualche volta siamo stati noi stessi i protagonisti di questa trasformazione. Perché? In che cosa consiste questa trasformazione divina? E’ la trasformazione dell’amore.
L’amore trasforma la sofferenza, non la toglie, ma la trasforma nel senso che la riscatta dalla disperazione, dalla morte, dalla condanna, dall’abbandono. Addirittura l’amore di Dio riscatta la sofferenza da quella ineluttabilità che proprio nel momento in cui si soffre sembra essere l’ultimo criterio dell’esistenza umana.
Noi abbiamo potuto constatare che anche il piccolo amore, per quanto grande, di una persona umana, nel momento della nostra sofferenza ci ha alleviato non per il fatto che quella sofferenza ci è stata magicamente tolta, ma proprio per la potenza dell’amore che offre speranza, che offre consolazione, che diventa la parola decisiva più forte della sofferenza stessa.
Ma la capacità che l’amore ha di trasformare la sofferenza l’abbiamo potuta vedere e riconoscere nei sofferenti stessi, in malati la cui forza di amare ci ha sorpreso perché appunto sottoposta alla prova del dolore, in persone che abbiamo visto provate al punto da pensare che se noi fossimo stati così ci saremmo disperati e invece non solo le abbiamo viste capaci di speranza, ma capaci di amore.
Quello che attraverso la risurrezione di Cristo, cioè la vittoria dell’amore noi riusciamo a vedere nella sua croce e finalmente nella croce di ogni uomo: non una condanna allora, ma luogo in cui la potenza dell’amore rivela tutta la sua capacità di salvarci.
Dio ci avrebbe potuto salvare con la sua forza, con la sua potenza. Ha voluto salvarci con il suo amore, per rivelarci il segreto della sua vita e della nostra stessa vita. Questo è il segreto di cui la croce diventa il segno più forte, il segno più provocante.
Possiamo dire che veramente soltanto un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore è un Dio degno di fede.
Cari fratelli e sorelle, in questa solenne e intensa commemorazione della passione e morte del Signore, questa fede in un Dio così noi vogliamo rinnovarla.