Produzione e distribuzione: Netflix
Genere: DocuFilm
Durata: 94 minuti
Anno: 2020
Questo Film Documentario ha per oggetto il controverso tema dei social network e cerca di mettere a tema ciò che di solito non si vede, nascosto dalle gratificazioni che l’utilizzo di questi strumenti mette in primo piano: l’apparato economico che fa dell’utente il prodotto finale e che, attraverso la raccolta dei dati, costruisce modelli predittivi che orientano inconsapevolmente i comportamenti dei consumatori. Al netto della carica distopica e un po’ apocalittica che inevitabilmente colora il genere letterario dei film documentari di denuncia, le provocazioni che emergono da The social dilemma sono indubbiamente interessanti. L’era di internet e dei social ci ha messo tra le mani una serie di servizi più o meno gratuiti, che hanno come unico inconveniente quello del dover accettare un po’ di pubblicità; questo è ciò che è sotto gli occhi di tutti. In realtà, questo meccanismo non è semplicemente la versione web di quello che capitava con la televisione degli anni ‘80, in cui ore di pubblicità pagavano la possibilità di mandare in onda i tuoi film e cartoni animati preferiti. Si è raffinato in una forma che è radicalmente differente e che rischia di rendere invisibile il modello di business soggiacente, che potrebbe rivelarsi distruttivo. Estremamente redditizio, ma pure estremamente esposto alla disumanizzazione.
La tesi provocatoria è che il capitalismo tecnologico faccia soldi facili sulla nostra pelle, lavorando sulle zone d’ombra e di fragilità che tutti ci portiamo dentro. È una sorta di ricatto affettivo e di gratificazione emotiva vecchio stampo, ma gestita da intelligenze più veloci, non empatiche e programmate per il massimo profitto. La psicologia della persuasione che è cresciuta alla scuola delle pubblicità, l’esperienza di gratificazioni di flusso e immersive che i nuovi social fanno brillare e la capacità predittiva degli algoritmi di raccogliere ed elaborare dati per costruire modelli di comportamento degli utenti della rete fanno delle nuove tecnologie una risorsa strepitosa e un monito alla vigilanza. La capacità razionale, cinica e fredda delle macchine di lavorare sui nostri bisogni psicologici profondi, se messa a servizio unicamente del profitto, rischia di ridurci a schiavi del sistema economico: ci aspettiamo il momento in cui la tecnologia sopravanzi la nostra intelligenza, cioè il nostro meglio. Ma ha già sovrastato la nostra debolezza, i nostri bisogni psichici. È il punto che è alla radice della dipendenza, della nostra vanità, del nostro bisogno di riconoscimento, dell’indignazione: questo è un sopraffare la natura umana.
Una critica severa, ma che ha il pregio di mettere sotto la luce dei riflettori gli aspetti meno appariscenti delle nostre iper-connessioni.