Autore: Alessandro Baricco
Titolo: The Game
Anno: 2018
Pagine: 324
Editore: Giulio Einaudi
Questo frizzante saggio di Alessandro Baricco ha il pregio di non stancare mentre conduce il lettore dentro a una comprensione dei media digitali e della loro evoluzione. In particolare, l’autore riesce a far gustare tre cose. Innanzitutto, una storia dei media completa e brillante, che si incarica di ricostruire una trama dentro all’intrico di vicende che dagli anni ‘80 hanno attraversato quella che è una vera e propria rivoluzione digitale: lo sviluppo di nuovi strumenti e di nuove potenzialità, dal PC a internet, dallo smartphone ai social media, ha favorito l’insediarsi di nuovi comportamenti mediali e di abitudini che hanno pian piano inciso le modalità attraverso cui l’uomo fa esperienza di sé e del reale. La storia dei media ricostruita da Baricco fa qualche sconto al dettaglio e alla precisione, ma ha il pregio indubitabile di mostrare la rilevanza antropologica della rivoluzione digitale: con i nuovi strumenti cambia qualcosa del modo di essere uomini.
In secondo luogo, questo saggio, mentre offre una cartografia per orientarsi nel panorama attuale, ne propone anche un’interpretazione: è una storia orientata, che ha come punto di fuga la tesi dell’autore. La rivoluzione digitale avviene all’insegna di un processo chiamato gamification, cioè viene realizzato in una forma che ha molto in comune con la dimensione ludica. Si tratta di cambiamenti piacevoli, fatti di schermi brillanti, di azioni semplici come il pigiare sui tasti o su uno schermo, di effetti emotivi sorprendenti: la rivoluzione digitale è la creazione di un mondo oltre-mondo, che non è virtuale, ma estremamente reale, al punto che si mescola inestricabilmente con la vita di tutti i giorni, e ne diventa un serbatoio di significati, di immagini e di rielaborazione di senso, da cui ciascuno di noi si attende di ricevere qualcosa.
In ultimo, il pregio dell’autore è quello di lasciare la porta aperta verso alcuni interrogativi: se l’esperienza diventa qualcosa di estremamente facile perché bastano pochi click sullo schermo, che fine fa la questione della fatica inscirtta nelle cose di valore, baluardo della buona vecchia metafisica? E il fatto che le cose siano più facili, come permette di gestire la responsabilità e di sentirne ancora il peso? Maggiore fluidità di informazioni vuol dire ripartire il potere e il sapere impedendo monopoli: ma questa sfida la stiamo davvero vincendo? Non si rischia il populismo delle opinioni che cancella la preoccupazione della verità? O la delega dei funzionamenti più complessi ai tecnocrati che dietro la tecnologia hanno interessi economici?
Se la promessa emancipatrice della tecnologia e il cambiamento antropologico della rivoluzione digitale vanno presi sul serio, occorre ricordarci che siamo ancora all’inizio della questione etica, cioè dello sforzo di rendere ragione a proposito di quale modalità renda queste tecnologie autenticamente umane, servizio e non potenziale distruttivo.