Abbiamo ascoltato le parole di Vangelo che annunciano una speranza: il lebbroso è guarito. Le abbiamo ascoltate oggi, proprio nei giorni in cui, un anno fa, la violenza del contagio si manifestava lontano da noi e poche settimane dopo, avrebbe colpito anche noi come mai avremmo immaginato.
La pervasività del contagio, sta contrassegnando la nostra vita e la nostra fede: anche le nostre celebrazioni. Non si tratta semplicemente delle misure di contenimento, che siamo giustamente chiamati ad osservare, ma di un clima, un’atmosfera, che, se non condiziona la nostra gioia, la caratterizza con pensieri e sentimenti che probabilmente non ci avrebbero attraversato in altri momenti.
Care sorelle e fratelli, cari sacerdoti e diaconi, il Vangelo dei Magi lo potremmo interpretare come il Vangelo del desiderio, meglio ancora come il Vangelo della possibilità di desiderare. Inevitabilmente le persone, ma anche tutte le creature viventi, vivono sotto quella che potremmo chiamare la dittatura del bisogno.
Care sorelle e fratelli, cari sacerdoti, dedichiamo qualche istante a raccogliere i messaggi che il Santo Padre ci consegna in questa giornata della pace, all’insegna del titolo che lui propone per il messaggio consegnato alla Chiesa e all’umanità: “La cultura della cura come percorso di pace”.
Care sorelle e fratelli, cari sacerdoti e diaconi, cari amici che siete uniti in preghiera attraverso la diretta televisiva, stiamo celebrando la solennità di Maria venerata come Madre di Dio. La figura di Maria è sempre un pensiero che apre il cuore, apre il cuore alla preghiera, apre il cuore alla speranza.
Care sorelle e fratelli, dobbiamo ammettere che viviamo un tempo in cui tutti desideriamo essere ascoltati. Non solo in questi giorni o in questi mesi, segnati dal silenzio e da tante parole che sono rimaste in noi. Ma anche gli anni che stiamo vivendo sono contrassegnati da questo bisogno, da questa attesa: tutti ci attendiamo di essere ascoltati veramente, ascoltati anche nelle parole che non riusciamo a dire.
Care sorelle e fratelli, dobbiamo ammettere che gran parte della vita di Gesù ci è sconosciuta. Sappiamo che è stata una vita relativamente breve, tenendo presenti le condizioni del suo tempo, ma poi non ne abbiamo molte notizie, se non dell’ultima parte della sua esistenza, quando ormai adulto comincia la sua missione. Prima le informazioni sono esigue, frammentarie, qualcuna anche un po’ leggendaria.
Care sorelle e fratelli, presenti in questa chiesa di Santa Maria Immacolata delle Grazie o uniti spiritualmente attraverso la diretta televisiva a questa preghiera che innalzeremo a Maria e, attraverso di lei, al Signore. Ho desiderato tanto questo appuntamento. Nei mesi più violenti della pandemia siamo stati in compagnia spirituale: abbiamo condiviso tanto pur da lontano.
Care sorelle e fratelli,
abbiamo appena non solo ascoltato, ma visto questi giovani chiamati e confermati dal Vescovo a nome di tutta la Chiesa come coloro che verranno ordinati presbiteri, in un anno particolare, tanto che siamo rimasti incerti non sulla loro ordinazione, quanto sulla data della celebrazione.
Il comandamento dell’amore fraterno, che abbiamo sentito risuonare nel Vangelo, è connotato da due caratteristiche: l’esemplarità dell’amore di Gesù e il dono della propria vita. È a queste caratteristiche che vogliamo ispirarci nella festa del nostro Patrono, S.Alessandro. Gesù offre ai suoi discepoli l’esempio del suo amore nell’infinita gamma delle sue espressioni.