Epifania – Cattedrale

06-01-2019
Care sorelle e fratelli,

 
la festa dell’Epifania del Signore è fortemente caratterizzata dal Vangelo che abbiamo appena ascoltato e dalle figure affascinanti e misteriose dei Magi.
 
 
Alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme: così si apre la pagina che abbiamo letto. Così la loro immagine si collega per noi a quella del viaggio. Se da sempre il viaggio è stato una delle esperienze umane più significative, oggi diventa emblema della condizione umana: appartiene al mondo dei desideri e delle necessità. Possiamo veramente dire che l’uomo contemporaneo – e quindi ciascuno di noi – si sente sempre in viaggio.
 
 
Il viaggio è emblema anche del movimento impressionante e imponente che si distribuisce su tutte le terre del mondo e che vede centinaia di milioni di uomini e donne, vecchi e bambini, spostarsi dal proprio Paese di origine in ricerca di una casa migliore per la loro vita.
 
 
Il viaggio dei Magi è caratterizzato non solo dal desiderio di vedere e di conoscere, come spesso avviene per i nostri viaggi, ma dalla ricerca di un re da adorare. Questa intenzione la manifestano chiaramente a Erode e ai capi del popolo: “Siamo venuti, alla luce di una stella, per cercare il Re dei Giudei e per poterlo adorare”.
 
 
Evidentemente oggi noi non cerchiamo più un re, ma siamo preoccupati per le condizioni del mondo. Ci domandiamo: dove trovo i criteri per la mia vita? dove trovo i criteri per costruire un mondo dove insieme a tutti possiamo abitare degnamente? di chi posso fidarmi? e a chi posso affidarmi? dov’è colui che può offrirmi la risposta appagante alle attese del mio cuore che sembrano non trovare mai risposta? Questo è il nostro viaggio, questa è la nostra ricerca.
 
 
A questo viaggio corrisponde una sorpresa ed è proprio il significato profondo di questa festa: Dio stesso si è messo in viaggio e per cercare: è venuto a cercarci. Questo è l’annuncio per molti incredibile: che noi intraprendiamo un viaggio – il viaggio stesso della vita – è evidente ad ognuno, ma che Dio si metta in viaggio per cercarci è sorprendente. Non c’è solo il viaggio dell’uomo verso Dio, Dio stesso si è messo in cammino verso l’uomo.
 
 
Chi è Gesù? È Dio stesso che esce da se stesso per venire incontro all’umanità.
 
I Magi sono pieni di stupore davanti a ciò che vedono: il cielo sulla terra e la terra nel cielo. L’uomo in Dio e Dio nell’uomo. Vedono racchiuso in un piccolissimo corpo – quello di un bambino – chi non può essere contenuto da tutto l’universo.
 
 
Se noi siamo in viaggio e Dio pure, se noi cerchiamo la sorgente della vita e Dio viene a cercare noi, oggi celebriamo anche l’incontro. L’incontro è avvenuto in maniera sorprendente, con uomini che vengono da lontano, un po’ come potremmo essere noi rispetto alla fatica di credere e come lo sono tante uomini e donne nostri contemporanei.
 
 
L’Epifania è la celebrazione di un incontro che può avvenire al di là delle nostre sofferenze, delle nostre preoccupazioni, anche delle nostre rassegnazioni. Avviene a Betlemme che diventa la casa della speranza perché è la casa dell’incontro possibile tra Dio e gli uomini. Avviene a Betlemme che in ebraico significa “la casa del pane” perché questo incontro è “nutriente”: dà energia alla nostra vita. Quanto spesso denunciamo una stanchezza che ci sembra invincibile. Le nostre energie sono consumate dallo stile di vita che stiamo conducendo: abbiamo bisogno di energie per il corpo, per la mente, ma sembra proprio che l’energia decisiva per abitare questo mondo – senza rassegnarsi e tanto meno senza disperarsi – ci possa venire da un Dio che si è messo in viaggio per incontrarci e ci incontra nella casa del pane, come pane per quell’energia che la nostra vita richiede.
 
 
Vi è anche un’altra immagine che non possiamo dimenticare. Accompagna tutto il tempo di Natale, ma brilla in modo speciale nel giorno dell’Epifania: la stella. “Abbiamo visto la sua stella”, dicono i Magi. Evoca l’immagine della luce che splende nella notte e noi nella fede riconosciamo che Gesù è la luce. Uno dei più importanti documenti del Concilio Vaticano II si apre proprio con queste parole: “la luce delle genti (Lumen gentium) è Cristo Signore”.
 
 
La luce ha una forza attraente. Ci pensavo in questi giorni vedendo brillare tante luci. Noi forse non avvertiamo più l’attrazione della luce perché ne siamo continuamente circondati. Nello stesso tempo, l’accendersi di così tante luci in questo periodo significa che noi abbiamo una attrazione permanente dell’uomo e di ogni vivente per la luce.
 
 
Gesù, che è la luce, è capace di attrazione. Cari fratelli e sorelle, per la nostra fede e per la fede di una moltitudine – parte della quale riconosciamo nei nostri parenti, nei nostri cari, nei nostri vicini, nei nostri colleghi – la forza che può introdurre all’incontro con il Signore è quella della attrazione. Non è certamente più quella della costrizione. Non è nemmeno più quella del precetto. Non è neppure quella della tradizione. Tanto meno quella dell’abitudine. O quella della seduzione. È l’attrazione della gioia, è l’attrazione della verità, è l’attrazione della bontà che noi riconosciamo nella persona, nella vita e nel messaggio di Gesù. Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno: non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, come chi segnala un orizzonte bello, come chi offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione. E voi ne siete la testimonianza, qui convenuti a questa celebrazione: diventatene testimoni!
 
 
La luce delle stelle ha accompagnato il Natale e continuerà ad accompagnarci. Come? Vorrei riconsegnarvi questa preghiera di un grande cristiano convertito, il Cardinale Newman che si rivolge al Signore Gesù con queste parole:
 
“Guidami tu, luce gentile, attraverso il buio che mi circonda: sii tu a condurmi.
 
La notte è oscura e solo lontano da casa: sii tu a condurmi.
Amavo scegliere e scrutare il mio cammino, ma ora sii tu a condurmi.
Sostieni i miei piedi vacillanti.
Io non chiedo di vedere ciò che mi attende all’orizzonte,
vedere un passo solo mi sarà sufficiente”.
 
(trascrizione da registrazione)