Celebrazione alla veglia per la pace – Cattedrale

23-01-2016
Care sorelle e fratelli, questa preghiera per la pace è nel segno del messaggio del Santo Padre intitolato “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”. La domanda che intendo considerare insieme con voi è questa: come vincere l’indifferenza?

 
Le pagine che abbiamo appena ascoltato ci rappresentano delle emozioni molto forti. Il popolo che ascolta la Scrittura in occasione della ricostruzione della città di Gerusalemme e del tempio, piange. Al pianto del popolo succede l’invito dei capi a gioire e a far parte a tutti della propria gioia. Anche nelle righe del Vangelo abbiamo potuto ascoltare di forti emozioni: Gesù inizia la sua missione e la gente che lo ascolta e vede i suoi segni esulta. C’è un’esultanza che sembra percorrere le vie dei villaggi della Galilea, una esultanza che si accompagna con una approvazione diffusa. Potremmo dire che sale una specie di grido: “bravo, bravo, Gesù!”.
 
Dico questo perché oggi noi siamo molto più esposti rispetto al passato alle emozioni. Le emozioni si succedono molto velocemente. Spesso sono emozioni che vengono indotte dalla miriade di informazioni e di provocazioni che riceviamo nel corso di una giornata. Paradossalmente questa quantità di emozioni tende ad alimentare il tessuto dell’indifferenza.
 
Come è possibile allora vincere l’indifferenza a fronte di questa forte esposizione alle emozioni che sembrano in realtà alimentarla.
 
Care sorelle e cari fratelli, solo l’amore può vincere l’indifferenza. Un amore che ci precede, che ci stupisce e che ci supera.
 
Certamente qualcuno potrebbe pensare che è la necessità – come per tanti altri aspetti della vita – che ci può spingere a vincere l’indifferenza, ma nel momento in cui la necessità si spegne, ebbe si spegnerà anche il superamento dell’indifferenza. Non è il bisogno che vince l’indifferenza, è l’amore.
 
Un amore più grande del mio, del vostro, di tutti noi che siamo tentati dall’indifferenza. I cristiani annunciano l’amore di Dio, di un Dio che non si rivela indifferente agli uomini. Quante volte anche noi abbiamo pensato che Dio sia indifferente alle nostre condizioni. Altre volte le tragedie dell’umanità hanno posto l’interrogativo radicale sulla indifferenza di Dio.
 
Noi – anche nella celebrazione che stiamo condividendo – annunciamo l’amore di Dio. Come possiamo annunciare questo amore? Come questo annuncio non diventa presunzione, provocazione ingiusta, ma diventa veramente qualcosa che è capace di arrivare al cuore di tutti?
 
Lo annunciamo perché annunciamo la vicenda di Gesù, perché dichiariamo che l’amore di Dio si manifesta in Gesù. In lui possiamo constatare che Dio non è indifferente agli uomini.
 
Abbiamo appena udito come comincia la sua missione, evocando le parole del profeta Isaia dice: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”.
 
Cari fratelli e sorelle, la missione di Gesù è connotata da queste parole, anzi concludendo la lettura, nel silenzio di tutti, “gli occhi di tutti erano fissi su di lui”, Gesù dice: “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”. Che cosa significa? Che nella persona di Gesù viene realizzato questo annuncio di liberazione, cioè la dichiarazione che l’indifferenza non appartiene a Dio.
 
L’oggi che Gesù dichiara si realizza in lui, nella sua vita, nella sua morte e nella sua risurrezione. Ciò che esattamente noi viviamo nell’Eucaristia. Ma questo oggi supera i confini del tempo, percorre tutta la storia per opera dello Spirito Santo e per la testimonianza dei cristiani che si lasciano abitare dallo Spirito di Dio.
 
L’indifferenza può essere vinta perché Dio non è indifferente alle nostre sorti, alle sorti dei poveri, alle miserie umane. La nostra certezza si alimenta alla considerazione della vicenda di Gesù.
 
Certo tutto questo non avviene magicamente. I secoli che scorrono dopo la venuta di Cristo sono tutti attraversati ancora dalle più profonde e drammatiche contraddizioni umane perché a questo dono di Dio – manifestato definitivamente e credibilmente nella persona di Gesù – è chiamata a corrispondere la libertà dell’uomo.
 
Questa risposta che dichiara tutta la nostra dignità è contrassegnata però dal grande dramma della possibilità di rifiutare il dono di Dio.
 
La libertà dell’uomo è la via sulla quale la grazia misericordiosa di Dio può raggiungerci, ma su questa via si manifestano tutte le nostre resistenze, i sospetti, le paure, le manipolazioni, addirittura i rifiuti. D’altra proprio du questa via, la via della libertà dell’uomo che diventa fede, si sperimenta la gioia della liberazione dall’indifferenza.
 
Vincere l’indifferenza quindi appartiene al mondo della grazia e della libertà e non semplicemente a quello della necessità. Appartiene al mondo dell’amore.
 
Se noi ci lasciamo raggiungere da questo amore possiamo vincere le nostre indifferenze e diventare testimoni credibili che l’indifferenza non è la nostra salvezza.
 
Questa testimonianza consiste innanzitutto nello svegliarci dal sonno. Il sonno delle nostre coscienze. La corazza dell’indifferenza diventa una specie di coltre sotto la quale le nostre coscienze si sono addormentate. Vincere l’indifferenza significa allora – sperimenta la grazia di Dio, la misericordia – svegliare le nostre coscienze.
 
Care sorelle e cari fratelli, abbiamo bisogno di un impeto, di un risveglio, non solo di attenzione, ma prima di tutto il risveglio della coscienza, di una coscienza abitata da quel Vangelo di misericordia che abbiamo accolto.
 
Non basta svegliarci, è necessario scendere in strada. Anche ieri sera tanti giovani si sono messi per strada. Scendere in strada significa appunto non chiudere le porte delle nostre case, delle nostre abitazioni, dei nostri cuori. Indifferenza è ripararsi, starsene in casa, rafforzare le difese non solo delle nostre abitazioni ma di ciò che ci rassicura. Una persona che è stata vinta nella sua indifferenza non ha più paura di scendere lungo le strade dove abitano tutti gli uomini, particolarmente i poveri, particolarmente coloro che sono provati dalla vita e che inevitabilmente vengono sbattuti fuori dalle loro sicurezze e si trovano in strada, qualche volta anche materialmente.
 
Non basta nemmeno scendere in strada: è necessario fermarci lungo la strada. Una delle parole più drammatiche della parabola del buon samaritano è quella che dice del sacerdote e del levita “passarono oltre”. A volte noi ci siamo sulla strada, per forza o perché tutto sommato usciamo dalle sicurezze delle nostre case, ma non siamo tanto disposti a fermarci. Vediamo e sorvoliamo. Ci informiamo e poi passiamo oltre. È necessario fermarci.
 
Quante volte noi stessi chiediamo a qualcuno che si fermi accanto alle nostre esistenze. Invece lungo queste strade tutti andiamo, corriamo e non ci fermiamo.
 
Vincere l’indifferenza significa compatire e congioire. Non solo una passione che rimane relegata dentro di noi o alla quale abbandoniamo chi è sulla strada come noi, ma nemmeno una gioia che teniamo solo per noi e che alla fine rimarrebbe totalmente sterile se non fosse condivisa con coloro che troviamo lungo la strada della nostra esistenza. Questo è vincere l’indifferenza, è prenderci cura e finalmente riconoscere una appartenenza. Lo diceva Paolo: formiamo un solo corpo, membra uno diverso dall’altro, ma uno che ha bisogno dell’altro.
 
È una appartenenza non esclusiva. Quante volte in questi anni stiamo affermando sulla base della paura appartenenze esclusive. Il cristiano è testimone di una appartenenza capace di abbracciare l’umanità intera fino all’ultimo degli uomini e delle donne che è considerato sulla faccia della terra.
 
Cari fratelli e care sorelle, vincere l’indifferenza per conquistare la pace: Dio ci ha rivelato che ha a cuore la persona dell’uomo. Nella storia di Gesù lo ha rivelato in maniera definitiva. Il Santo Padre nel suo messaggio scrive: “Ci sono molteplici ragioni per credere nella capacità dell’umanità di agire insieme in solidarietà, nel riconoscimento della propria interconnessione e interdipendenza, avendo a cuore i membri più fragili e la salvaguardia del bene comune. Questo atteggiamento di corresponsabilità solidale è alla radice della vocazione fondamentale alla fratellanza e alla vita comune e proprio per questo che l’indifferenza costituisce una minaccia per la famiglia umana. Incamminandoci in questo nuovo anno vorrei invitare tutti a riconoscere questo fatto per vincere l’indifferenza e conquistare la pace”.
 
Che il Signore apra il nostro cuore a questi convincimenti e ci apra quel dono che celebriamo nell’Eucaristia che è capace di trasformare i nostri cuori.
 
(trascrizione da registrazione)