Nel Santuario del Lavello, che fa parte della Cloister Route, ovvero l’itinerario che da Lecco arriva in Austria e Germania, sulle tracce artistiche e religiose dei chiostri, si possono sentire risuolare le parole del teologo tedesco del Trecento noto come Meister Eckhart. In un suo sermone si legge infatti: “L’uomo non può offrire a Dio niente di meglio della quiete. Dio non tiene in conto le veglie, i digiuni, le preghiere e le mortificazioni, e non ne ha bisogno, al contrario della quiete. Dio non ha bisogno di altro se non che gli si offra un cuore tranquillo […]. Tutte le creature cercano la quiete per loro naturale tendenza, lo sappiano o no; lo testimoniano con le loro azioni. Alla pietra non viene tolto l’impulso a muoversi sempre verso il suolo, finché non giace sul suolo stesso. Similmente fa il fuoco: esso tende verso l’alto, ed ogni creatura cerca il proprio luogo naturale. Così le creature rivelano la somiglianza con la quiete divina, che Dio in tutte ha gettato”.
A queste parole desidera fare riferimento l’artista Domenico Pievani, che le conosce molto bene, e le ha sempre trovate affini all’opera esposta, quasi che bastassero da sole a spiegare come leggere gli elementi che la compongono, in un poetico equilibrio di forze, appoggiati su un foglio bianco con due leggeri tagli, nell’incrocio delle diagonali, per accogliere il punto d’origine del lavoro. Questo punto d’origine è una lunga e sottile asta di rame, un materiale conduttore per eccellenza, che qui prende la forma di un parafulmine, un traghettatore di fuoco e di energia, che scarica a terra l’elettricità che lo attraversa. Di fianco è appoggiato un mattone di ferro, forma nata dal fuoco, dalla fusione dei metalli in una matrice, sagoma geometrica, spigolosa, simbolo della perfetta stabilità, elemento di costruzione, fondamento dell’abitare. Sopra, in equilibrio sicuro, poggia un bacile di rame, una sorta di acquasantiera laica – così l’ha definita Domenico Pievani – che sarà costantemente colmata d’acqua. Di nuovo il fuoco del rame si pone in dialettica con l’acqua, ma anche la geometria ortogonale del mattone si oppone alla forma arrotondata del bacile, una forma di mediazione, di accoglienza, di dolcezza. Il mattone sostiene, il bacile accoglie, l’asta trasmette e la carta crea un perimetro per l’opera. Gli elementi dell’opera evocano quindi gli elementi della natura. Acqua e fuoco, vitali creativi, instabili, senza quiete, in perenne movimento, qui convivono in uno stato di equilibrio e di quiete, perché l’energia è stata ricondotta in una forma e in una misura.
Il titolo dell’opera, Tra la terra e il cielo – il luogo del fulmine, è la chiave di lettura che accompagna alla comprensione del legame tra questa installazione e il tema della Pace, leggibile nella relazione che lega il cielo alla terra, il sopra al sotto, l’aria alla materia, la leggerezza al peso. Siamo pensati a coltivare una concezione ingannevole della Pace, vista come condizione di stabilità e serenità, senza pensare a quanto invece la Pace sia sempre frutto di un processo costante e perseverante teso a raggiungere un equilibrio tra le parti impegnate in un conflitto; la Pace è una negoziazione ostinata che non trova mai riposo, consapevole delle forze contrastanti in gioco. Proprio per questo non è mai astratta, va contestualizzata e legata ad un luogo: in questo caso Pievani ha scelto non a caso il Santuario della Madonna Lavello per la presenza dell’acqua, non solo quella dell’Adda, ma anche quella miracolosa che sta all’origine della devozione per il luogo. Inoltre la Pace nasce dall’incontro-scontro di elementi che creano quello che si chiama “un gioco a somma zero” in cui tutte le energie si neutralizzano reciprocamente, ed è questo processo, non simbolico ma reale, che accade nell’opera, dove la quiete non è segno di una situazione ferma e stagnante, ma del lavorio silenzioso e incessante della natura nelle forme che l’uomo le ha dato, imbrigliando il fuoco e la violenza dei metalli, aggiungendo l’acqua man mano che evapora, percependo i colori della corrosione e del tempo. Tante cose accadono, ma nessuna prevarica l’altra, perché l’asta di rame racconta proprio questa intenzione: accogliere la natura del fuoco, dell’elettricità e condurla, riconoscerne la violenza e domarla, in una custodia sapiente del creato.
Progetto a cura di Giovanna Brambilla e Giuliano Zanchi.
Ingresso Libero.
Orario di visita: feriali dalle ore 09.00 alle ore 12.00 e dalle 15.00 alle ore 18.30: festivi: dalle ore 09.00 alle ore 12.00 e dalle ore 15.00 alle ore 21.00
Questo evento fa parte del progetto Immaginare la Pace.
Per saperne di più: Immaginare la pace – Settimane della Cultura (diocesibg.it)