L’anno pastorale che stiamo iniziando sarà fortemente connotato dal Giubileo indetto dal Papa per il 2025. Sarà un’occasione di Grazia, in cui sperimentare intensamente la gioia del tornare a Dio, dell’appartenere alla Chiesa, dello sperare insieme a tutta l’umanità un mondo nuovo, più giusto e più fraterno. Una speranza che oltrepassa i confini della storia, una speranza più forte della morte.
In questi anni, gran parte del mio tempo è occupato dalla visita pastorale in forma di pellegrinaggio: ad oggi sono a metà del percorso, che si concluderà nel 2026. La figura del pellegrinaggio e quella del Vescovo pellegrino rappresentano un proposito ed uno stile: riconoscere il Signore presente nelle comunità parrocchiali e restituire questo riconoscimento, alimentando la fede in Lui e la gioia del suo Vangelo.
Il 15 maggio scorso, Papa Francesco ha proclamato la santità di una decina di testimoni del Vangelo, tra i quali don Luigi Palazzolo e Madre Francesca Rubatto. […] Desidero aprire questa lettera, condividendo la consapevolezza riconoscente che i santi proclamati e quelli della “porta accanto”, rappresentano la fecondità dell’azione dello Spirito Santo e della sorprendente potenza del Vangelo incarnato e nello stesso tempo si propongono come amici e compagni di viaggio.
Care famiglie, mi rivolgo a voi come ho fatto nella mia prima lettera “A casa nella Chiesa”: mi sembra giusto, in questo Anno della Famiglia che Papa Francesco ci invita a celebrare in occasione del quinto anniversario della sua Esortazione dal titolo “Amoris laetitia”, la “gioia dell’amore”. […] L’annuncio del Vangelo alimenta la gioia dell’amore e della vita familiare ed è quello che ci proponiamo sempre, particolarmente quest’anno: è la missione della Chiesa tutta, cominciando dalle famiglie stesse, insieme ai presbiteri, ai diaconi, alle persone consacrate e a tutto il Popolo di Dio.
Care sorelle e fratelli, nei mesi scorsi abbiamo condiviso un’esperienza unica, contrassegnata da tanto dolore: sappiamo che il pericolo del contagio è ancora presente e siamo consapevoli di quello che può rappresentare. Nello stesso tempo, avvertiamo che la morsa si è allentata e ci interroghiamo su ciò che ci attende. Espressioni enfatiche come “niente sarà come prima” o “andrà tutto bene” stanno perdendo forza e lasciano spazio a sentimenti diversi, come diverse sono state le vicende che comunità e famiglie hanno vissuto.
Care sorelle e fratelli, con questa Lettera pastorale intendo dare compimento ad un percorso triennale dedicato alla relazione tra Comunità cristiana e giovani. Abbiamo iniziato due anni orsono, proponendoci di riconoscere la presenza e il dono dei giovani per le nostre Comunità.
Quest’anno, apro la lettera pastorale con una storia per bambini, di un autore particolarmente votato a loro: Gianni Rodari. Le storie di Rodari hanno un non so che di parabolico: le fantasiose dinamiche che le caratterizzano aprono alle considerazioni più diverse e stimolano pensieri di volta in volta inediti e sorprendenti. Per questo non intendo commentarla, piuttosto sottolineare alcune immagini tra le tante del racconto.
Il mitico colle della nasca è la meta decisiva, alla quale ogni padre vorrebbe condurre suo figlio. È l’approdo di un tirocinio, al quale il maestro accompagna il discepolo. È la porta attraverso la quale entrare nella condizione adulta.
Una “lettera circolare” non comincia con appellativi come questi, piuttosto evoca documenti freddi, essenziali, pratici. Quest’anno ho pensato di scrivervi una lettera circolare, che non avesse le caratteristiche della freddezza, ma un poco quelle della praticità essenziale. Il motivo di questa scelta è dettato dall’ultima visita vicariale non ancora conclusa e da alcune esigenze che ho raccolto nel corso di quest’ultimo “viaggio” in Diocesi.
Le donne e gli uomini capaci di Vangelo e di Eucaristia sono e debbono essere capaci di Carità. È l’itinerario che vi propongo per l’anno pastorale che si apre: un percorso molto impegnativo e nello stesso tempo esaltante e gioioso.