Venerdì Santo – Actio nella Passione del Signore

Chiesa dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII a porte chiuse
10-04-2020

Care sorelle e fratelli,
stiamo celebrando la commemorazione della Passione di Gesù in questo venerdì santo, nella Chiesa dell’Ospedale Papa Giovanni, dove ieri sera, nella cena del Signore, abbiamo iniziato il Triduo Santo, che ci consegna la testimonianza che segna la fede di noi cristiani.

Ho desiderato tanto poter celebrare in questa chiesa e ringrazio di cuore i dirigenti dell’Ospedale che sono qui presenti e saluto. Il mio saluto raggiunga anche tutti i malati e tutti coloro che qui se ne prendono cura come in tutti gli altri ospedali e nelle nostre case. Essere in un luogo come questo è particolarmente significativo nei giorni che stiamo vivendo e condividendo. Insieme a tutti loro desidero salutare e ringraziare i Padri Cappuccini che da sempre accompagnano i malati con quella presenza che dice della cura del Signore che non abbandona nessuno.

Vi è un’immagine con la quale vorrei restituirvi il grande racconto della Passione: è l’immagine del giardino.

Potrebbe in qualche modo sembrare contrastante con il clima che stiamo respirando e con l’atmosfera di questa celebrazione.

In realtà la narrazione della passione di Gesù si apre proprio nel Getzemani, l’orto degli ulivi, nel luogo dove viene tradito e catturato, che il Vangelo di Giovanni descrive proprio come un giardino.

Questa chiesa è stata pensata e progettata come un giardino: le sue pareti sono proprio caratterizzate come giardino e anche le immagini della parete centrale, in modo particolare quella culminante della crocifissione, sono ambientate in un giardino.

Il Getzemani è il giardino della preghiera, è il giardino del tradimento, è il giardino del senso di abbandono. Abbiamo udito: “Gesù uscì con i discepoli, andò al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino”. E quando Pietro verrà riconosciuto nel cortile del Sommo Sacerdote, gli diranno: “Non ti ho forse visto con lui nel giardino?”.

Interessante e curioso che anche alla fine del grande racconto della passione si parla di un giardino: “Vicino al luogo dove era stato crocefisso – narra il Vangelo – vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo e là posero Gesù”.

Queste immagini trovano un riscontro immaginario, nella rappresentazione della Crocifissione che avete davanti ai vostri occhi in questa chiesa. Anche il Crocifisso innalzato davanti agli occhi di tutti, qui, è posto in un giardino. Guardiamo quella scena, guardiamo quegli alberi di betulla, in mezzo a cui si erge la croce come albero della vita.

Quell’albero della vita che avevamo perduto nel giardino “iniziale”, lo troviamo in maniera sorprendente nella persona di Gesù Crocifisso. È lui che toglie il peccato del mondo. Come può? Perché lo prende su di sé. Non è il grande dolore di Gesù che ci salva, che salva tutti, che salva i peccatori, che salva anche dalle condizioni che creano desolazione, passione, dolore nella vita, ma è il suo grande amore che trasforma la croce nell’albero della vita. Un giardino assolutamente impensato.

Edith Stein, morta in campo di concentramento e riconosciuta come Santa Teresa Benedetta della Croce, ci consegna queste parole: “La croce non è fine a se stessa, essa si staglia in alto, fa richiamo verso l’alto, simbolo trionfale con cui Cristo batte alla porta del cielo e la spalanca. Ne eromperanno fiotti di luce divina, sommergendo e travolgendo tutti coloro che marciano al seguito del Crocifisso”.