Solennità di Maria Madre di Dio e Giornata per la Pace

Cattedrale
01-01-2022

Care sorelle e fratelli,
vogliamo raccogliere le proposte che Papa Francesco consegna all’umanità in questa 55ma Giornata Mondiale della Pace, per un “dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura: come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace (Is 52,7)”.

Fu il santo Papa Paolo VI ad introdurre il primo gennaio la celebrazione nel mondo della giornata della pace e da allora ogni anno un messaggio del Papa caratterizza la preghiera dei cristiani. Papa Francesco nell’angelus di oggi ha peraltro ricordato anche il nostro santo Papa Giovanni XXIII, che gli è molto caro, e non c’è occasione che gli sfugga per ricordarlo. Era presente una nostra parrocchia in piazza e lui ha voluto proprio ricordare la “pacem in terris”, la sua enciclica che ne contiene e teorizza tutto il suo impegno.

La pace è un desiderio, ma è un desiderio da alimentare. È un desiderio da alimentare per chi vive in pace, perché la condizione in cui si trova possa mantenersi. Ed è un desiderio da alimentare sempre perché non si desidera ciò che già si ha. È un desiderio che tutti dobbiamo alimentare.

La pace è anche un dono, un dono di Dio. All’inizio della Messa vi ho salutato con il saluto di Gesù risorto: “Pace a voi!” e voi avete detto a me “e con il tuo spirito”. È un dono che noi ci facciamo nel nome del Signore ed è un dono che chiediamo a Dio perché innanzitutto il nostro cuore sia pacificato e allora da cuori pacificati da Dio scaturirà la pace tra gli uomini.

La pace è quindi un compito da assolvere. Non dimentichiamo che la pace è un bene prezioso e come tante delle cose preziose è anche molto delicato. È poi un bene prezioso indivisibile. Noi siamo in pace e altri non lo sono, qualcuno potrebbe dire: “ci dispiace! facciamo una preghiera per loro…”. A meno che pensiamo che la pace sia semplicemente “starcene in pace” fin quando possiamo, c’è una consapevolezza che o la pace è pace di tutti e tra tutti, altrimenti questo bene prezioso mostra insieme alla sua delicatezza anche la sua precarietà.

Papa Francesco scrive: “Nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale”.

E allora se la pace non è soltanto un desiderio, che pure è da alimentare, non è soltanto un dono da chiedere, ma è anche il compito, il Santo Padre ci indica tre vie da percorrere con decisione, con convinzione, con cordialità cioè con il cuore: la via del dialogo tra generazioni (non solo tra le nazioni ma proprio tra le generazioni), la via dell’educazione e la vita del lavoro.

Scrive: “Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati”.

Introduce allora due bellissime immagini che gli sono molto care.

La prima è l’immagine degli architetti e degli artigiani, attribuendo alle istituzioni il compito dell’architettura della pace e a tutti noi il compito di essere artigiani della pace.

Mentre leggevo e mi soffermavo su queste immagini pensavo alla nostra terra così caratterizzata dal lavoro degli artigiani, sotto tanti profili, cioè di coloro che hanno sposato il lavoro non solo nella sua materialità ma nella sua qualità in una cura del lavoro. Per un artigiano ogni prodotto è un’opera sua: è una cultura del lavoro che caratterizza fortemente la nostra terra e che non dobbiamo perdere.

Il Papa ci dice che la pace si costruisce come un artigiano realizza la sua opera, passo dopo passo, con cura, sentendola propria.

Innanzitutto percorrendo la via del dialogo tra le generazioni: genitori figli, nonni nipoti, vecchi e giovani, adulti e bambini. È una condizione necessaria perché nasce da una fiducia che alimenta poi come reciproca in un ascolto “cordiale”. Quanto abbiamo bisogno di alimentare il sentimento della fiducia! Praticando il dialogo tra le generazioni noi contribuiamo a creare un clima di fiducia nella comunità e nella società. Da un lato, i giovani hanno bisogno dell’esperienza esistenziale, sapienziale e spirituale degli anziani; dall’altro, gli anziani necessitano del sostegno, dell’affetto, della creatività e del dinamismo dei giovani.

Care sorelle e fratelli, con gioia vedo che siamo presenti a rappresentare generazioni diverse. Dobbiamo vincere la tentazione della reciproca delegittimazione: “sei vecchio ormai… sei giovane capirai… tu non conti più niente… tu non conti ancora…”. La fiducia che il Papa propone nell’alimentare il dialogo tra le generazioni è il superamento di questa tentazione coltivando così le condizioni che generano un futuro di pace.

C’è poi la via dell’educazione. Il Papa nota un problema serio di cui dobbiamo essere consapevoli, sul quale lui ritorna tante volte. Nel messaggio evidenzia come in questi anni di pandemia nel mondo sono diminuite le spese per l’istruzione ma sono aumentate le spese per gli armamenti. È dunque necessario forgiare un nuova mentalità, un nuovo paradigma culturale, attraverso “un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature”. Questo significa promuovere la cultura della cura, intesa come cura della casa comune e della famiglia comune.

La terza via che il Papa ci indica è quella del lavoro. È una via che noi percorriamo con grande determinazione. L’assoluta convergenza della nostra comunità sul lavoro non deve farcene dimenticare gli aspetti problematici. Le ricadute sul mondo del lavoro della pandemia ancora in corso hanno accelerato cambiamenti in atto da tempo. Dice Papa Francesco: “Non c’è giustizia senza lavori giusti, senza lavoro per tutti, senza lavori decenti e rispettosi per tutti Il lavoro è molto più di un mezzo per guadagnarsi da vivere: è espressione della nostra identità e dignità, della nostra vocazione sociale e relazionale, del nostro custodire e coltivare la terra, con Dio e con gli altri”.

Ci hanno abituato a sentire parlare di “filiere”: filiere nella produzione, filiere nel consumo, filiere da riconoscere e identificare. Sarebbe bello nell’identificazione di queste filiere imparare anche a identificare le modalità del lavoro che ha prodotto quel bene che noi consumiamo. A volte un bene che noi apprezziamo è invece frutto di una filiera in cui non sempre il lavoro è giusto.

I problemi non sono spariti, le difficoltà e le preoccupazioni non mancano, ma non siamo soli: il Padre «ha mandato il suo Figlio» (Gal 4,4) per riscattarci dalla schiavitù del peccato e restituirci la dignità di figli. Lui, l’Unigenito, si è fatto primogenito tra molti fratelli, per ricondurre tutti noi, smarriti e dispersi, alla casa del Padre.

Care sorelle e fratelli, celebriamo questa giornata della pace pensando ognuno alle persone che gli sono care, alla sua famiglia e alle famiglie che ha visto crescere. Sappiamo poi quanto è importante la pace per la vita della città e del Paese e finalmente non guardiamo solo da lontano quelle donne e quegli uomini, quei popoli, che a volte con la mobilità attuale abbiamo incontrato o visitato e ora si trovano afflitti o a volte proprio piegati o distrutti dalla guerra.

Faccio mie le parole della liturgia: “O Dio, che nella tua provvidenza dai inizio e compimento a tutto il bene che è nel mondo, concedi a noi, nella solennità della divina maternità di Maria, di gustare le primizie del tuo amore misericordioso per goderne felicemente i frutti”.

(trascrizione da registrazione)