Messa per la Giornata della Pace – Tempio Votivo

01-01-2013
Fratelli e sorelle,
la prima lettura che abbiamo ascoltato contiene una benedizione del Signore e nella benedizione sta la pace. Anche gli auguri che ci scambiamo all’inizio di questo nuovo anno contengono inevitabilmente un augurio di pace.
 
Il Santo Padre scrive nel suo messaggio: “Ogni anno nuovo nuovo porta con sé l’attesa di un mondo migliore. In tale prospettiva prego Dio padre dell’umanità di concederci la concordia e la pace, perché possano compiersi per tutti le aspirazioni di una vita felice e prospera”.
 
In questo Tempio Votivo ritorno volentieri anche in questa circostanza. Da quando sono giunto ho desiderato celebrare la giornata della pace proprio in questa chiesa così intensamente rappresentativa del desiderio di pace, del bene della pace e anche della preghiera incessante per la pace.
 
Quest’anno il messaggio del Santo Padre è intitolato: “Beati gli operatori di pace”. Nel novero delle beatitudini certamente molto conosciuta è questa che definisce gli operatori di pace. Non vi sottoporrò un riassunto del messaggio del Papa ma alcune considerazioni che ho tratto dalla lettura del suo testo che consiglio a tutti.
 
Una prima serie di riflessioni può essere scandita da queste tre sottolineature: la pace è possibile, la pace è esigente, la pace è necessaria.
  
La pace è possibile, ci ricorda il Papa, a fronte di una moltitudine di smentite che percorrono la storia e anche drammaticamente i nostri giorni, in una molteplicità di conflitti alcuni conosciuti altri sconosciuti, certamente tutti drammatici nella loro portata, nelle loro conseguenze. La pace è possibile nonostante le rassegnazioni e qualche volta i cinismi che guardano con un sogghigno drammatico ai desideri e ai tentativi di perseguirla. La pace è possibile nonostante vi siano ideologie che la relativizzano o calcoli disumani che la irridono.
 
D’altra parte la pace è esigente. A fronte di tante manifestazione per la pace, l’indimenticato Cardinal Martini diceva: “Tu che prezzo sei disposto a pagare per la pace?”. La pace è molto esigente ed è esposta questa esigenza alla tentazione – anche qui – della violenza sempre in agguato, ma è esposta anche alla tentazione della pigrizia, dell’indifferenza, dell’egoismo che diventano la misera misura del nostro starcene in pace e del desiderio che gli altri ci lascino in pace.
 
La pace è necessaria: sembrerebbe una ovvietà, ma spesso le tentazioni del potere – di qualunque potere – che vuole affermarsi comunque, al di là di ogni vincolo e di ogni valore, sembrano esporre la necessità della pace a delle fragilità.
 
Ecco quanto il Papa ci consegna ricordando la beatitudine degli operatori di pace: la pace è possibile, la pace è esigente, la pace è necessaria. Ma quali sono le condizioni per costruire giorno dopo giorno la pace? 
 
Ve ne elenco rapidamente sei, così come le ho raccolte dal messaggio del Santo Padre. 
 
Innanzitutto un rinnovato annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo: egli è la nostra pace. Sì, per la pace c’è bisogno di Dio, c’è bisogno del suo Figlio Gesù fatto uomo, c’è bisogno del suo Vangelo, ma c’è bisogno anche di qualcuno che creda in Dio, che creda in Gesù Cristo, che creda nel suo Vangelo. Il dono di Dio, la pace, fruttifica nella storia degli uomini nella misura in cui viene accolto da coloro che credono. La fede non deve essere un ostacolo alla pace, ma addirittura deve diventare condizione per la pace. La fede cristiana alimenta la pace.
  
La seconda condizione che il Santo Padre ci ricorda è la necessità di costruire una convivenza umana fondata sulla verità, la libertà, l’amore e la giustizia. Questi quattro pilastri non dovremmo dimenticarli tanto facilmente, soprattutto noi, soprattutto la nostra Chiesa così legata a Papa Giovanni. Sì, perché stiamo avvicinandosi al cinquantesimo anniversario della firma della “Pacem in terris”. Il Papa Benedetto la ricorda esplicitamente in questo suo messaggio citando appunto i quattro pilastri della convivenza umana, della convivenza pacifica: la verità, la libertà, l’amore e la giustizia. La necessità di costruire una convivenza segnata da questi pilastri è tanto più avvertita in questo momento in cui l’allargarsi della diseguaglianza sociale si sta affermando di giorno in giorno, con la possibilità che questa forbice che si allarga alimenti non solo il risentimento, ma addirittura il conflitto sociale.
 
La terza condizione che il Papa indica agli operatori di pace è la promozione della vita, del matrimonio , dei diritti e doveri sociali particolarmente del diritto al lavoro. Il Papa afferma che la promozione della vita e del matrimonio di un uomo e di una donna sono fondamento della edificazione della pace, ma appunto perché fondamento non possono rimanere isolate dalla promozione dei diritti e dei doveri sociali. Vi leggo questo passaggio perché mi sembra di particolare pertinenza: “L’operatore di pace deve anche tener presente che presso porzioni crescenti dell’opinione pubblica le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia insinuano il convincimento che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali. Ora, va considerato che questi diritti e doveri sociali sono fondamentali per la piena realizzazione di tutti gli altri diritti, compresi quelli civili e politici”. E poi ricorda il Papa, “tra i diritti e doveri sociali oggi è particolarmente minacciato il diritto al lavoro. A tale proposito ribadisco che la dignità dell’uomo nonché le ragioni economiche sociali e politiche esigono che si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti”.
 
Il quarto contributo all’edificazione della pace il Papa lo rappresenta nell’indicazione di un nuovo modello di sviluppo fondato sul principio della gratuità. È quanto ci aveva ricordato nella sua ultima enciclica.
 
Io credo veramente che questa indicazione meriti una attenzione maggiore rispetto alle tentazioni di guardare soltanto al passato e di riproporci modelli le cui fragilità e contraddizioni stiamo sperimentando in maniera evidente. Questo nuovo modello di sviluppo si fonda sul principio della gratuità. Mentre dico queste cose sono consapevole che alcuni potrebbero sorridere, ma invece si tratta di una questione estremamente seria. La gratuità è veramente una porta aperta sulla novità, vale a dire sul riconoscimento del valore di ciò che non ha prezzo in una essenzialmente mercantile il rischio di riprodurre modelli di sviluppi che continuamente ribadiscono l’assolutezza del mercato. Il principio della gratuità non è il principio del tutto vale niente, ma piuttosto di attribuire un enorme valore, un valore decisivo, a ciò che non può essere misurato da un prezzo: la dedizione, la fraternità, la lealtà, la fedeltà, la fiducia, e insieme a questo la creatività, l’originalità e l’intraprendenza che possiamo dire è propria di molta della attività lavorativa della nostra comunità. Questo è il nuovo modello di sviluppo fondato sul principio della gratuità, cioè su ciò che non ha prezzo.
 
Il quinto contributo è rappresentato dall’impegno educativo che è proprio della comunità cristiana. Il Santo Padre parla di una “pedagogia della pace”: “essa richiede – è bellissima questa espressione – una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati”. “Bisogna insegnare agli uomini – e dovremmo dire dobbiamo imparare – ad amarsi ed educarsi alla pace a vivere con benevolenza più che con semplice tolleranza. Incoraggiamento fondamentale è quello di dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle e infine di perdonare. Ciò richiede il diffondersi di una pedagogia del perdono”.
 
Infine, il sesto contributo è la preghiera per la pace. Ancora qui – ed è la conclusione del suo messaggio – il Papa ricorda Giovanni XXIII nella sua enciclica “Pacem in terris”: “In questo contesto, vorrei ricordare la preghiera con cui si chiede a Dio di renderci strumenti della sua pace, per portare il suo amore ove è odio, il suo perdono ove è offesa, la vera fede ove è dubbio. Da parte nostra, insieme al beato Giovanni XXIII, chiediamoa Dio che illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alla sollecitudine per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il prezioso dono della pace – e qui cita appunto Papa Giovanni – accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, a rafforzare i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri e a perdonare coloro che hanno recato ingiurie, così che in virtù della sua azione, tutti i popoli della terra si affratellino e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace”.
 
Questo accogliamo come dono per le nostre coscienze, per il nostro impegno, a cominciare dalle nostre famiglie, dalle nostre comunità, dalla nostra Chiesa di Bergamo, dalla nostra città e da questa nostra terra. Questo dono lo riceviamo e chiediamo di poterlo accogliere con la stessa intensità con cui Maria, che invochiamo come Madre di Dio, ha accolto il dono del suo Figlio nella sua divina maternità. 
(trascrizione da registrazione)