Commemorazione Vescovi defunti

03-11-2012
Cari fratelli e sorelle,

 
abbiamo ascoltato dal Signore le parole che ci dicono del grande dono di un sacerdozio nuovo e del comandamento più grande. La pagine della Lettera agli Ebrei ci parla di questo sacerdozio nuovo, impersonato da Gesù stesso, e nella pagina del Vangelo abbiamo sentito svilupparsi un dialogo attorno al comandamento più grande, il comandamento dell’amore, dell’amore di Dio e del prossimo. Mi sembra che veramente possiamo considerare questi due doni nella loro unità.
 
Il sacerdozio di Cristo consiste essenzialmente nell’offerta di se stesso. Proprio nelle righe ascoltate della Lettera agli Ebrei si dice: il nuovo sacerdozio e l’unico sacrificio è quello impersonato, incarnato, da Gesù, il quale offre se stesso. Non offre una vittima, non offre un dono diverso da sé. Potremmo dire che questo sacerdozio si connota non per le sue caratteristiche sacrali, ma per la profonda coincidenza con la vita stessa di Gesù, con l’esistenza di Gesù. È un sacerdozio esistenziale.
 
Se il sacerdozio nuovo, quello di Cristo, è l’offerta di sé, il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo uniti ci dicono pure di una dimensione esistenziale che è il superamento del sé, quel sé che è il nostro io: una capacità attrattiva più forte di quella legge di gravità, quasi che appunto tendenzialmente volessimo assorbire tutto in noi stessi, per concentrare tutto in noi. Ebbene, il comandamento dell’amore indica la strada del superamento di sé, ecco dove troviamo l’unità di questi doni che il Signore questa sera ci riconsegna e ci ricorda: il dono del sacerdozio nuovo come l’offerta di sé, il dono del comandamento dell’amore come superamento di sé.
 
Sono due dimensioni, due doni, che hanno a che fare con la vita. Innanzitutto con la vita di Cristo e che vengono consegnati ai discepoli perché loro stessi ispirino la loro esistenza a questi doni.
 
Possiamo allora dire, dal punto di vista della vita, che il sacerdozio nuovo è un sacerdozio d’amore, consiste essenzialmente nell’amore e che l’amore vissuto giorno per giorno è l’autentico sacerdozio. Il sacerdozio consiste nell’amare, se è superamento di sé, se è offerta di sé. Questo vale per tutti i discepoli, per tutti i battezzati: questo sacerdozio esistenziale è il sacerdozio di tutti i credenti in Cristo, di tutti i battezzati.
 
Certamente è anche il sacerdozio dei ministri del popolo di Dio. Questa dimensione esistenziale che unisce il sacerdozio all’amore, è comunque una dimensione con la quale il cristiano vive la sua fede, incarna la fede.
 
Tutto questo – non dimentichiamocelo – non è frutto né delle nostre idee, né delle nostre riflessioni sublimi e nemmeno dei nostri sforzi, ma è un dono. Un dono che abbiamo avuto tutti nel sacramento del Battesimo, i ministri del popolo di Dio nel sacramento dell’Ordine. È questo dono che ci introduce nel sacerdozio esistenziale che è il sacerdozio dell’amore, il sacerdozio stesso di Cristo.
 
Ogni sacramento prevede un segno visibile, cioè evoca una consistenza. Il dono di Dio ha bisogno della nostra consistenza umana, ha bisogno di essere accolto dalla nostra umanità: questo sacerdozio esistenziale è fatto in ultima analisi dalla nostra stessa umanità. Questo sacerdozio diventa vita e storia nella misura in cui un credente accoglie il dono di Dio e lo incarna nella sua esistenza.
 
D’altra parte proprio questo dono di Dio ci supera continuamente e soprattutto ci mette nella condizione di concepire che tutto quello che stiamo ricordandoci è relativo a Cristo, è possibile per Cristo, è possibile nella misura in cui la nostra esistenza è unita a quella di Cristo.
 
Vivere il comandamento dell’amore significa diventare segno di Cristo e addirittura diventare sacramenti viventi di Cristo, cioè comunicare l’amore stesso di Cristo che noi abbiamo ricevuto.
 
Vogliamo ricordare i nostri Vescovi così: uomini mandati da Dio alla Chiesa, uomini mandati ad annunciare il Vangelo, il Vangelo del sacerdozio nuovo e del comandamento dell’amore profondamente intrecciati tra loro. Uomini chiamati a celebrare i misteri della fede che sono i misteri dell’amore di Dio per il popolo di Dio perché possa vivere di questi doni. Uomini mandati da Dio perché la Chiesa, che percorre i secoli possa continuamente riconoscersi e riunirsi nell’amore in quella fede che è il dono prezioso che la comunità cristiana non solo custodisce ma di giorno in giorno, di secolo in secolo, incarna.
 
Ecco perché vogliamo ricordare i nostri pastori. Ecco perché in questa Chiesa Cattedrale ogni mese, nella celebrazione dell’Eucaristia vengono ricordati: per benedire il Signore del dono di coloro che ha chiamato a guidare la Chiesa a comunicare i doni di Dio, a ravvivare continuamente la fede, ad alimentare la carità. Il Signore benedica i nostri Vescovi, li accolga nella pienezza delle sue promesse di salvezza e di gioia. E faccia sì che io, insieme con voi, raccogliamo la loro eredità spirituale, la coltiviamo e la facciamo crescere nelle condizioni in cui il Signore oggi ci chiama a testimoniare la nostra fede in lui.
 

 

(trascrizione da registrazione)