Celebrazione in ringraziamento per la beatificazione di don Luca Passi – Calcinate

20-04-2013
Cari fratelli e sorelle,
stiamo vivendo questa Eucaristia ringraziando il Signore per il dono di Don Luca. Permettetemi di sottolineare tre aspetti di questo dono alla luce della Parola che abbiamo ascoltato, alla luce della condivisione di esperienze che ci unisce in questa preghiera.
 
Il primo aspetto del dono di Don Luca è il dono della santità.
Don Luca ci fa il dono della sua santità e mi sembra che sia il dono più grande: un dono che ci mette in relazione con Dio, che invocheremo Santo, Santo, Santo. Dio che ci manifesta la sua bontà attraverso uomini e donne che in un modo particolarmente luminoso, riconoscibile, diffuso, testimoniano la santità di Dio. Dio ci fa dunque il dono dei santi che noi invochiamo e riconosciamo come esempi di vita, come amici, compagni di viaggio nel segno di un’amicizia cordiale, e finalmente anche come intercessori presso Dio. Il dono della santità raggiunge in un modo particolarissimo la nostra Diocesi nel corso di quest’anno. Nell’Anno della fede noi celebriamo tre eventi di beatificazione di uomini nati nella nostra terra e nella nostra Chiesa: uomini da cui ci allontana il tempo ma non la fede.
E’ stato beatificato da qualche mese Fra Bartolomeo da Ponte San Pietro, martire. E’ stato beatificato insieme ad altri Frati francescani nella città di Praga dove subì appunto il martirio per la fede. Ora celebriamo la beatificazione di Don Luca Passi. E’ veramente una Grazia per la nostra Chiesa; una Grazia che potremo rinnovare nella beatificazione di Fra Tommaso da Olera che avverrà proprio nella nostra chiesa Cattedrale. Un santo lontano nel tempo, ma come tutti i santi, capace di interpellarci in questo tempo. Ringraziamo il Signore per il dono di Don Luca e di questi altri due uomini che ci parlano della fede di questa Chiesa e di questa terra. Ci interrogano. Ci provocano. Provocano noi che siamo qui e provocano tutti coloro che abitano questa terra. Ci provocano alla santità: senza paura dobbiamo riconoscere questa provocazione, di fronte alla quale ciascuno risponde con la propria libertà; ma non pensiamo mai che la santità sia per altri, sia di altri e non sia per noi.
La santità è certamente un dono di Dio, la santità è una chiamata che Dio rivolge a ciascuno di coloro che credono in lui. Non possiamo dimenticare il memorabile scritto di Giovanni Paolo II all’inizio di questo terzo millennio. Giovanni Paolo II stanco dopo l’immane fatica del Giubileo del 2000, provato dalla malattia, nella Novo Millennio Ineunte, questo scritto memorabile, disegna il programma pastorale, cioè il programma della vita della Chiesa per un intero millennio e al primo posto mette la santità. Come il Concilio ha spiegato, questo ideale di perfezione non va equivocato come implicasse una sorta di vita straordinaria praticabile solo da alcuni geni della santità. Le vie della santità sono molteplici e adatte alla vocazione di ciascuno. E’ ora di riproporre a tutti con convinzione questa misura alta della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione. Cari fratelli e sorelle accogliamo il dono di Don Luca come un appello alla nostra santità, a quella santità per certi versi nascosta che appartiene alla vita di ciascuno. Proprio recentemente Papa Francesco nell’Eucaristia che ha celebrato domenica scorsa in San Paolo fuori le Mura parlava di questa santità: “Nel grande disegno di Dio ogni dettaglio è importante anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza. Anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia. Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi nascosti. Una sorta di classe media della santità, come diceva uno scrittore francese, quella classe media della santità di cui tutti possiamo far parte”.
 
C’è un secondo aspetto che il dono di Don Luca ci consegna è il dono del sacerdozio: Don Luca è un prete, un prete della Diocesi di Bergamo. La storia la conosciamo, nasce nella città, la sua vita però sarà molto legata a Calcinate. Dalla giovinezza al seminario, e anche quando è diventato prete, qui è la sua casa. Lui, che girerà il nostro paese, la nostra nazione, annunciando il Vangelo del Signore, tornerà volentieri a Calcinate. Un prete, un prete diocesano, cioè intimamente legato ad una comunità di sacerdoti al servizio di una Diocesi, e al suo Vescovo. Un prete. Stiamo celebrando la domenica del Buon Pastore; abbiamo sentito nel Vangelo le parole di Gesù con le quali descrive il buon pastore: proviamo a risentirle e a vedere Don Luca in queste parole. Le mie pecore ascoltano la mia voce, mi seguono, io le conosco, do loro la vita eterna, nessuno le strapperà dalla mia mano. E’ un prete di questa Diocesi, cresciuto in questa comunità: la sua famiglia, la sua parrocchia, il seminario, le prime esperienze di apostolato formano questa figura di santo.
Un prete caratterizzato da alcuni tratti che meritano di essere ricordati:
  • il primo tratto lo descriverei con questa parola: la serietà. Don Luca prende del tutto sul serio il suo essere prete. Diventato prete aderisce all’esperienza del Collegio Apostolico, formata appunto da un gruppo di sacerdoti che vogliono radicalizzare la loro vita sacerdotale, vale a dire vivere con il massimo impegno, senza nessuna esitazione, con una convinzione che viene aiutata anche dalla vita comunitaria, la loro vocazione. Sia a Venezia, in occasione della Beatificazione, sia qui oggi, sono presenti il Superiore e i Sacerdoti della Comunità Missionaria dei Preti del Sacro Cuore, erede e continuatrice di quel Collegio Apostolico che voleva mantenere viva allora, e vogliamo che sia mantenuta anche oggi, l’intensità della vocazione sacerdotale.
  • Insieme a questa serietà c’è un altro tratto che tutti abbiamo imparato a conoscere ed è l’ardore: sì l’ardore. Pensavo mentre sentivo cantare che una composizione è scritta e poi viene affidata a chi la esegue e la si può eseguire in mille modi. Ci sono esecuzioni perfette ma a volte manca l’anima, manca l’ardore. Il nostro coro già a Venezia ci ha fatto sentire l’ardore insieme alla bravura dell’esecuzione, l’ardore di Don Luca. Un ardore che ha un fine ben preciso: mi sembra che questo ardore non sia semplicemente un entusiasmo, una passione, una convinzione, ma è anche la consapevolezza della posta in gioco. Veniva ricordato anche nelle parole del Signor Sindaco, questo obiettivo: la salvezza dell’anima. Cari fratelli e sorelle oggi abbiamo compreso che la salvezza non è soltanto dell’anima, la salvezza cristiana abbraccia tutto l’uomo addirittura il suo corpo, stiamo parlando e celebrando la risurrezione di Gesù. Tutto intero l’uomo, tutta intera la storia dell’uomo è riscattata dall’esperienza di Cristo. Essere cristiani è una questioni di vita e di morte, non è un ornamento che abbellisce la vita, è qualcosa di decisivo. Con il rispetto per tutti coloro che non credono e non sono cristiani, ma la nostra vita è per noi e per loro, Cristo è per noi e per loro. Non è una passeggiata quella che Cristo fa sulle vie dell’uomo: è per la salvezza, è per il riscatto da quel potere che ci sembra che eserciti ancora la sua forza che è il potere della morte, non solo quella finale, del male, del peccato. Quanto volte sembra che ci rassegniamo di fronte a questo potere, ma la fede ci fa proprio dire no: in Cristo noi vediamo che il potere della morte è stato vinto. L’ardore per la salvezza delle anime. Questo ardore lo porta sin da giovane sacerdote, raccogliendo le esperienze fatte in seminario, a dar vita all’opera di Santa Dorotea. Sì, è proprio un’opera di salvezza, è un’opera di riscatto, è un’opera di evangelizzazione, di educazione, è un’opera che attraverso il genio spirituale e pastorale di Don Luca raggiunge donne, giovani donne, fanciulle, ragazze. Raggiunge gli uomini, penso l’opera di San Raffaele, penso a questo progetto morale ed economico per l’agricoltura: un progetto irradiante di amore per i piccoli, per le giovani donne, per i poveri. Il fuoco dell’amore di Dio: chi non arde non accende. Ardere per accendere. Alle sue suore dirà “pregherò per voi specialmente perché vi facciate tutte sante, onde riuscire vere spose di Gesù e possiate così infiammare molte anime del divino amore”.
  • C’è un terzo tratto nella vita sacerdotale di Don Luca che è la serenità. Quella serenità che ci appare anche da questa bellissima immagine che è stata realizzata: sì è molto bella. Devo dire che non sempre riescono così belle le immagini dei santi. Questa è proprio un’immagine che fa voglia di diventare santi, è un’immagine invitante e tra l’altro ho scoperto che è stata realizzata da un boliviano, un giovane boliviano. Queste giovani chiese guardate che bei santi che ci dipingono. La serenità non è soltanto uno stato dell’animo, ma è la profonda fiducia nella Provvidenza, tanto da creare il detto “la provvidenza di Don Luca”. Cari fratelli la Provvidenza non è una specie di fatalismo, la provvidenza non è la fortuna di chi crede. La Provvidenza è la consapevolezza che l’amore di Dio è capace di trasformare anche le situazioni più negative come la croce, in occasione di bene; la croce addirittura nel segno della salvezza. La Provvidenza che porterà don Luca  a cercare la possibilità che l’opera di Santa Dorotea trovasse un supporto che la garantisse e finalmente, con grande fiducia nella Provvidenza, approderà alla creazione di un Istituto proprio per questo, di persone dedite totalmente a questo.
Infine il terzo aspetto del dono di Don Luca che voglio ricordare è il dono del maestro. Don Luca è un maestro, non un maestro di scuola, un maestro di vita, questa è la grandezza del maestro. E’ un maestro, è un maestro nella predicazione. Nella predicazione non soltanto insegna ma trasfonde tutta la passione evangelica al punto che il Papa lo chiamerà Missionario apostolico. Del resto la bellissima lettura degli Atti che abbiamo ascoltato ci dice di questa passione missionaria: Paolo e Barnaba che vanno, conquistano, trovano ostacoli, ma non si fermano mai. E’ la passione di Don Luca, grande predicatore che supera i confini della nostra stessa Diocesi. Ma c’è un altro tratto, anzi ce ne sono due, che è importante mettere insieme e ne fanno un maestro di vita. La consapevolezza che quest’opera di salvezza, di riscatto di educazione, vera strada della salvezza e del riscatto delle giovani, delle bambine, delle fanciulle, e di tutti coloro che incontra, passa attraverso un rapporto personale. E’ di grandissima attualità in questo nostro tempo il tema dell’educazione: ecco il grande maestro, il maestro di vita, che continuamente richiama a se stesso, ed esige da coloro che collaborano con lui, questa attenzione alla persona nella sua singolarità. Penso a quanti papà e mamme sono presenti, penso a quella passione, a quell’amore, e anche a quella trepidazione e qualche volta a quella sofferenza che accompagna il loro essere per i loro figli. Penso a voi care sorelle, penso a noi sacerdoti, penso agli educatori, agli insegnanti, ai catechisti, è una forte interpellazione questa, rappresentata dalla considerazione dell’importanza del rapporto con ognuno. Noi giustamente favoriamo le esperienze di gruppo, siamo felici quando c’è tanta gente alle nostre assemblee, ai nostri incontri. Ma non dimentichiamo questa strada che è la strada della relazione di Dio con ciascuno, ciascuno nella sua singolarità. E dentro questa dimensione si colloca quella eccezionale ed evangelica rappresentata dalla correzione fraterna. Non è un intervento dall’alto, dal di fuori, un intervento che ti fa sentire a disagio, ma è l’espressione di questo rapporto personale, dentro il quale c’è addirittura la forza di poter amorevolmente correggere, correggere per il bene, correggere per la salvezza, non correggere per l’umiliazione. “Tutta la Pia Opera si riduce a questo: alcune pie donne sotto la guida del Parroco prendono cura di alcune poche fanciulle delle più vicine alla propria casa con il fine santissimo di stillare nel loro cuore il timor santo di Dio e formarle al buon costume: perciò si adoperano in correggerle con carità dei loro difetti, in dar loro opportuni avvisi e saggi consigli, in procurare che frequentino i sacramenti e la dottrina cristiana, attendano come è dovere alle incombenze del proprio stato, e siano docili e rispettose verso i superiori”. Tutta l’Opera si riduce a questo.
 
Cari fratelli e sorelle spero di non avervi appesantito nell’attenzione. Vorrei concludere ricordando che oggi, in questa domenica del Buon Pastore, celebriamo la Giornata mondiale per le Vocazioni: preghiamo per le vocazioni al sacerdozio, preghiamo per le vocazioni alla vita religiosa, per questa Comunità religiosa, che tutti abbiamo riconosciuto nella sua grande importanza: importanza morale, importanza spirituale, importanza educativa.
Mi permetto di leggere un passaggio del messaggio che Papa Benedetto aveva già scritto per questa cinquantesima Giornata Mondiale per le Vocazioni. Sembra proprio scritto per don Luca Passi: “Non manchino perciò sacerdoti zelanti che sappiano accompagnare i giovani quali compagni di viaggio per aiutarli a riconoscere nel cammino a volte tortuoso e oscuro della vita il Cristo via, verità e vita, per proporre loro con coraggio evangelico la bellezza del servizio a Dio, alla comunità cristiana, ai fratelli”. E il Papa continua, e io desidero far giungere il suo messaggio particolarmente ai giovani qui presenti, a quelli che sono nella sala parrocchiale, a tutti i giovani della nostra diocesi “Cari giovani non abbiate paura di seguirlo e di percorrere le vie esigenti e coraggiose della carità e dell’impegno generoso, così sarete felici di servire, sarete testimoni di quella gioia che il mondo non può dare, sarete fiamme vive di un amore infinito ed eterno, imparerete a rendere ragione della speranza che è in voi”.
(trascrizione da registrazione)